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e costanti oppressioni dei forti sui deboli, in
contraddizione ai bisogni sociali del momento,
ed alla stessa ragion di essere della società umana.
I .
Nella prima metà di questo secolo, che tra il
conflitto di speranze e di paurose ansie precipita al
suo termine, quel fenomeno, direi quasi psicopa
tico, del romanticismo, che titola di sè un lungo
periodo della letteratura europea, era pur signore
delle menti volte alla ricerca dei problemi so
ciali che non ancor nettamente determinavansi. E
le concezioni socialistiche apparirono allora come
ligure dolcemente moventisi nell’azzurro, creazioni
gentili di studiosi sognanti la perfezione ideale
dell’umanità: agli stessi ricercatori meno fanta
siosi, l ’antagonismo che poi doveva rompere in
potente urto tra capitale e lavoro, appariva com
posto nel concetto, che in realtà si riduceva ad
una parola splendida, di «
armonie economiche
».
Ma questo fenomeno di coscienze addormentan-
tisi nel N irvana infinito non poteva durare, troppo
dandovi di cozzo la rude realtà della vita: e cadde
il romanticismo sotto i fieri colpi del pensiero
nuovo, numerati dal riso stridente di Arrigo
Heine, e lo studio delle scienze sociali fu avviato
pel metodo positivo da Augusto Comte, che dalle
verità rigorose della meccanica tentò d’indurre e