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chiede che l ’elemento sociale penetri di sè, rin
novandolo, l ’organismo giuridico moderno.
Ma è davvero esatta, come vorrebbe parere, la
dottrina di quei sociologi, che nell’unità ridotta
al
gruppo,
fanno scomparire la considerazion del
l ’ individuo1? e si può giustificarla nell’ampiezza
sua, asserendo che l ’ individuo, perchè deve vivere
nell’associazione, ha diritti non
per sè,
ma sol
tanto come
associato ?
D i questo io dubito assai.
Quando tempo è, nel nome di
« sociologia
» parve
che la scienza dichiarante la formazione e la vita
della società umana sorgesse con obbietto proprio,
sperdendo i sogni di una metafisica imaginosa col
processo rigorosamente positivo, si salutò il suo
apparire con speranze vivissime: pel nuovo indi
rizzo di studi la società venne considerata e stu
diata qual «corpo sociale », di cui si designarono
g li organi e le funzioni per analogia a quelle del
« corpo individuale »: cellula vivente si disse il
gruppo, ed i momenti che nella vita fisiologica
son segnalati come lotta dell’esistenza, necessità
di adattamento, ereditarietà, si riscontrarono pure
nella vita sociale. Che più? Le malattie che col
piscono gli individui vennero estese a questo
nuovo organismo, e così s’ebbe una
patologia
sociale,
esposta, ch’è poco, in modo quasi siste
matico da uno tra i sociologi più dominati dallo
spirito di esagerazione ; a compiere il lavoro
vennero poi asserite al corpo sociale le anomalie