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imperiale, scoppiata in Germania dopo la morte di

Enrico V, e la lotta fra Lotario e Corrado, permette

ad Amedeo III di metter piede in Torino: assume

nel 1131 il titolo di

«Comes taurinensis

», sigillando

un diploma a favore della torinese abbazia di San

Solutore. Ma nel 1137 Lotario caccia da Torino e

dalla regione padana il principe sabaudo e ristabi­

lisce nella sua autonomia imperiale il comune.

I Savoia ritornano allora alla politica più prudente

di aggiramento. Come sono prudenti i Savoia nella

loro avanzata! Si muovono lentamente: spesso si può

scambiare per regresso quello che è radicamento

nella regione. Il progresso è incessante, spesso è

insensibile: la politica sabauda è intessuta di lunghe

attese.

Dalla valle di Susa l'influsso sabaudo esce, se­

guendo gli influssi religiosi ed economici delle chiese

ed abbazie valligiane: S. Giusto di Susa, S. Pietro

della Novalesa, S. Michele della Chiusa, oppure ve­

nendo incontro agli interessi delle chiese torinesi:

piccoli beneficiari, livellari dei vescovi, dei canonici

o di abbati torinesi, rami minori di vecchie famiglie

feudali disgregate, facilmente diventano elementi del­

l'espansione sabauda. Saranno castellani, poi feuda­

tari: i visconti di Avigliana, i castellani di Piossasco,

di Reano, di Caselle, di Barge... Le infiltrazioni sa­

baude avvengono nella valle della Stura da un lato,

in quella del Chisone dall'altro. L'abbazia di Santa

Maria di Pinerolo, che aveva tanti ricordi munifici

della contessa Adelaide, come non avrebbe accettato

volentieri l'influsso dei nipoti ugualmente pii, ugual­

mente autorevoli?

Non sarà facile, certo, l'avanzata sabauda nella

pianura. La Marca di Olderico Manfredi e di Adelaide

è davvero sfumata nella sua consistenza storica e

geografica. Alla metà del secolo XII in tutto il piano

padano non si hanno che piccole signorie feudali e

comunali con i loro mille legami ed interferenze eco­

nomiche, religiose, politiche, sociali: come far valere

diritti testamentari, patrimoniali in un'Italia tutta

feudi e comuni, tutta « Longobardia» o Lombardia,

a cominciare dalla linea di spartiacque, dal famoso

palo di Bonizone, cioè « a montibus Genevi et Cinisi »?

Fu detto e sostenuto dell'esistenza nell'Italia occi­

dentale di una, per cosi dire, tradizione politica,

dente ad una certa unificazione regionale, tendenza

che già sarebbe esistita nell'età imperiale romana.

Pure fantasie: dopo la scomparsa della grande Marca

arduinida di Torino-lvrea, sorta nel secolo X e svi­

luppatati nel principio del secolo XI per esigenze di

politica italiana, non vi è nella valle del Po e dei

affluenti subalpini di destra e di sinistra nessunaunità,

nessuna'tradizione accentratrice se non l'ambizione

potenziale dei possessori dell'alta valle della

Riparia: i Marchesi sabaudi. Che cosa era

la Marca? I Savoia del secolo XII e XIII

noi certe vecchie pergamene

figgevano in mente omnia

tatù Parmensi, Placensiensi, Ticinensi,

celknsi, Aquensi, Astemi, Eporediensi, Torinensi,