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LA PASSIONE ITALIANA IN GRANDI PIEMONTESI NEGLI ALBORI DELL'OTTOCENTO

ed attraverso l’Italia, spiemontizzandosi; quando tor­

nano con idee più larghe, scrivono, e nel tono, nello

stile, nel pensiero conferiscono al Piemonte un volto

più italiano. Si lamenterà Baretti che gli Italiani sono

stranieri gli uni agli altri? La sua voce lascerà un solco

non infecondo. Sfogherà l’Alfieri il suo sdegnocontro

l'avvilimento degli Italiani? La sua protesta non sarà

inascoltata. Scriverà difatti più tardi il Gioberti nel

suo

Primato:

« Nel levare alto

l'insegna di indipendenza pa­

tria il fiero Astigiano rispose

fedelmente alla vocazione

del Piemonte, piantato dalla

Provvidenza a tutela del

resto d'Italia, come le pira­

midi e le aguglie naturali

delle Alpi che gli fan cerchio

alle spalle».

L'Alfieri sarà il primo

anellodella catena che attra­

verso a nobili spiriti chia­

roveggenti condurrà a Gio­

berti, Balbo, D’Azeglio,

Cavour, questi grandi pie­

montesi che, allargato il loro

orizzonte,cogli scritti e colla

politica ispirati alle idealità

nazionali, saranno poi i più

grandi collaboratori di due

Re sabaudi a cui toccherà la

gran ventura di iniziare sui

campi di battaglia e di com­

pire l'opera della redenzione

nazionale.

Non sarà quindi fuor di

proposito che. in occasione

di queste celebrazioni, noi risaliamo ad un cenacolo

Alfieriano tenutosi sui colli torinesi da precursori

che nel nome del vate d'Italia ne sospiravano la

libertà e l'indipendenza quando i tempi non erano

ancora maturi.

Sugli ameni colli Torinesi, durante i primi lustri

dell'Ottocento, fiorì con speciali caratteristiche un

cenacolo Alfieriano. L’eredità spirituale lasciata dal

fiero poeta Astigiano, spentosi nel 1003, era stata

raccolta in Torino da alcuni spiriti eletti, insofferenti

dell'influenza straniera; italianissimi di pensiero e di

sentimento. Erano: Luigi Provana Del Sabbione, Ce­

sare Balbo, Luigi Ornato, e Santorre di Santarosa.

L'amicizia che strettamente li legò riveste un carxt-

tere sacro, commovente: la loro corrispondenza,

nota in parte, rispecchia, in ritmo concorde, i loro

più intimi pensieri e sentimenti. Avidi di coltura,

frementi nel gustare insieme la lettura dei classici,

tormentati dalle condizioni del loro paese intorpi­

dito dalla gretta restaurazione, mirano a tener vivo

il sentimento nazionale, cullati dalla speranza comune

di vedere, in giorni non lontani, quelle sublimi età

vaticinate dal loro Padre Spirituale. l'AMeri. Provana.

Balbo, Ornato, si erano intimamente conosciuti in

quella palestra di Italianità che fu l'Accademia del

Concordi; ad essi più tardi si unì il Santarosa. La

consuetudine amorosa degli studi li rese inseparabili.

Si raccoglievano nella casa di Provana o nella cella

di Ornato a leggere insieme ed a commentare Pla­

tone, Plutarco, Tacito, Dante e l'Alfieri. Le loro

letture non erano sterile fine a sè stesse, ma avvici­

nando storia e letteratura alla vita, essi ne traevano

ispirazioni e stimoli per pre­

pararsi ad opere degne. Tra

gli autori.prediligevano l'Al­

fieri. La sua voce robusta e

profetica trovava profonda

eco nei loro cuori. Lo vene­

ravano come un nume tute­

lare, e sul nome di lui giu­

rarono che l’onore d'Italia

sarebbe sempre stato il loro

programma. Nella cella di

Ornato il busto dell'Alfieri

aveva un posto d'onore, e

davanti all'immagine di lui

gli amici leggevano, pensa­

vano. fremevano e si scalda­

vano. In una lettera del 1812

scritta al Provana. l'Ornato

narrava che, ricorrendo l'an­

niversario del poeta, aveva

fatto una raccolta di molti

sonetti d'occasione, neaveva

fatto olocausto bruciandoli

tutti davanti all'effigie del

santo Alfieri appendendovi

poi una corona d'alloro e di

cipresso. Solevano gli Alfie-

riani Torinesi fare insieme

lunghe passeggiate in luoghi solitari nei dintorni di

Torino, conversando, legicchiando e disputando.

Racconta l'Ornato che nella campagna fuori di

porta Susina essi un giorno avevano fatto giuramento

di adoperarsi sempre, con tutte le loro forze per

l'indipendenza e per la gloria della Patria, giuramento

che nei giorni anniversari ripetevano solennemente.

La via da loro preferita era quella della collina

dove essi avevano eretto un sacrario in memoria

dell'Alfieri, una specie di altare composto di pietre

e mattoni sul quale stava l'immagine del vate Asti­

giano davanti alla quale pregavano fervidamente per

l'avvenire della madre comune. l'Italia.

Nella corrispondenza scambiata tra Ornato, Pro­

vana, Santarosa si allude sovente a queste passeg­

giate riverenti al sasso dell'Alfieri, «del babbo»,

come lo chiamavano. Isidoro del Lungo, in ungustoso

profilo Sarrtarosiano, affermò che quel luogo deUa

collini torinese, potendolo riconoscere, meriterebbe

di venire segnato con una memoria ed additato alla

presente e ventura generazione. Anni fa, in occa­

sione del centenario Sarrtarosiano. il compianto Giu­

seppe Deabate credette di avere identificato il luogo

in

un

misterioso cciabot» della collina, il «dabot»

Vittori* A ltari

(Museo del Risorgimento di Torino)