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COMES

SABAUDIAE ET ITALIAE MARCHIO

Non esitaTomaso I di Savoia aprendere parte al gioco

così sottile della diplomazia comunale: leghe contro

leghe, i Comuni passano da costellazione a costella­

zione; anche Torino si industria di salvare la sua

autonomia comunale riparandosi più spesso dietro

Vercelli, il forte comune che assicura ai Torinesi la

possibilità dei buoni rapporti con Milano e con i

comuni maggiori di Lombardia. Tomaso I di Savoia

cerca di isolare i Torinesi e come prima si era inteso

con Asti, nel 1215 cerca di intendersi con Vercelli

in un patto che stabilisca le sfere d’influenza rispet­

tive: Vercelli non si intrometterà ad occidente della

linea rappresentata dalla Dora Baltea e del Tanaro.

Ora il Conte di Savoia è diventato una potenza

nel ginepraio subalpino. Dal 1212è padrone di Vigone

etiene uncastellano inquestaforte posizioneavanzata

nel piano; poi stabilisce accordi matrimoniali con il

Marchese di Saluzzo, poi con Raimondo Berengario

conte di Provenza. Ma è una posizione instabile.

Tomaso I si era troppo legato con Ottone IV

mentre già sorgeva il nuovo astro trionfante di Fede­

rico II: allo Svevo presto seppero ricorrere i Torinesi

con la mediazione del loro vescovo Giacomo di Ca­

risio vicario imperiale. Nel 1220 la discesa sabauda su

Torino è ancora una volta arrestata: aperta ribellione

proclamano contro Tomaso I tutti i signorotti feudali

dell’orlo della pianura padana; i

«castellani de Pede­

monte»;

i signori di Piossasco, Bagnolo, Cavour,

Barge, Piobesi, Scalenghe, Mathi si fanno cittadini di

Torino; cittadinodi Torino si fa il Marchesedi Saluzzo,

cittadino di Torino si fa il Delfino di Vienne. Tutte

le autonomie coalizzate contro il Marchese sabaudo.

Tomaso i abbandona la sterile alleanza con Ver­

celli e ritorna all’alleanza con Asti: non intende

abbandonare la conquista della Marca. Nel 1225 il

principe sabaudo è accampato con le milizie astigiane

sotto le mura di Torino, ma l'azione militare non

riesce e neppure può riuscire l'azione di blocco com­

merciale rappresentato dalla creazione di una via

commerciale nuova, atta a mettere in comunicazione

Asti con i domini sabaudi di vai di Susa tagliando fuori

Torino.

I rapporti fra Tomaso I ed il comune di Torino

peggiorano ancora nel decennio successivo.

Se con molta abilità il principe sabaudo riesce nel

1226a riconciliarsi con l'imperatore Federico II ed a

diventarne Vicario Imperiale, approfittando della crisi

determinatadallaconclusione della seconda lega Lom­

barda (6 marzo 1226) il comune di Torino si affretta

a gettarsi con i suoi aliati comunali e feudali nelle

braccia della Lega. Seguono anni di lotta vivace in

cui appare sostanzialmente l'inferiorità dei comune

di Torino. Inutilmente cercano i Torinesi di sfuggire

al loro destino sabaudo, sottraendo abilmente nel

1232al Conte di Savoia l'alleata Asti: tre anni dopo,

con il trattato del 18novembre 1235, firmato con il

nuovo Conte di Savoia, Amedeo IV, i Torinesi rico­

nobbero sostanzialmente il fellimento dei tentativi

loro di agitare in armi tutta la regione contro il prin­

cipe sabàudo.

Le clausole del trattato sono significative. Col­

legno sarebbe rimasto sì ai Torinesi, ma come feudo

sabaudo; il vescovo rinunciava ad ogni pretesa su

Avigliana e concedeva in feudo al Conte il castello

di Cavour; i castellani del Piemonte potevano sì rima­

nere cittadini di Torino, ma con l’obbligo feudale

verso il Conte e sopratutto i Torinesi avrebbero

dovuto combattere per il Conte contro tutti i suoi

nemici, fatta riserva per alcuni comuni lombardi.

Più che alleati, i Torinesi diventavano protetti del

Conte sabaudo in attesa di diventarne sudditi. Così

non è dubbio che il trattato sabaudo-torinese del

18 novembre 1235 rappresentava una tappa impor­

tantissima nella storia della regione subalpina, la tappa

necessaria perchè si potesse giungere alla definitiva

sottomissione di Torino e della regione ai Savoia.

In quello stesso anno 1235, Amedeo IV aveva con

diplomi datati il 23 settembre stabilito che il fratello

minore Tomaso fosse eventualmente il suo erede

così della Contea sabauda come della Marca italiana,

qualora fosse venuto a morte senza eredi, e che in

caso di sua assenza fosse il suo luogotenente con ogni

autorità e podestà. Ma più importante atto aveva

sigillato Amedeo IV il 13 aprile dello stesso anno:

stando nel suo « palazzo di Susa

»

aveva concesso

al fratello Tomaso a titolo di feudo tutto quanto

avevaodovevaavere «

abAvilliana inferius».

Adunque

conservando per sè i diritti su tutti i territori della

Marca, Amedeo IV li costituiva in feudo per il fratello

cadetto. Così nel 1235 il Conte di Savoia dava origine

per un ramo laterale della famiglia ad uno stato

feudale piemontese, quello stato che, sotto i Savoia

detti d’Acaia, visse sino al 1418, per quasi due secoli.

Molto probabilmente Amedeo IV intendeva con la

concessione feudale del 1235 assicurarsi la fedeltà

del fratello « eo

quod

ipsum

inomnibusfactis et negotiis

Comitatus sedulum, providum reperiit

et

fidefem»,

ma

probabilmente anche pensava alia opportunità di col­

locare in quella regione subalpina, che incominciava

a chiamarsi Piemonte, una sentinella ardita che ve­

gliasse sugli interessi della dinastia nella Marca subal­

pina. E Tomaso, Il era uomo che ben meritava la

fiduciadella suafamiglia: non dovevanopassaredodici

anni dagli avvenimenti del 1235, che sopra volemmo

ricordare: l

'8

novembre del 1248, Federico II, il

terzo vento di Soavia, sigillava laconcessione in feudo

per il suofedele Tomasodi Savoia, di Torino, dei suoi

ponti e dei suoi castelli, di Ivrea e dei Canadese, di

Moncalieri. Cosi al servizio ddl’impero accennava a

ricostituirsi la vecchia Marca di Oddone e di Pietro I

di Savoia, ma secoli sarebbero passati prima che il

programma venisse compiuto: vi dovevano lavorare

gli Amede^dd secolo XIV e dd XV e solo nei Gnque-

cento.Asti sarebbe tornata sabauda e solo nel secolo

successivo, riuniti il Saluzzese ed il Monferrato, dal

Tanaro e dalla Sesia la Maro sabauda di Torino

avrebbe riaffermato il suo diritto di difenderà e di

organizzar* tutta l'Italia.