LA PASSIONE ITALIANA IN GRANDI PIEMONTESI NEGLI ALBORI DELL'OTTOCENTO
quasi un'ora, poi, alzatosi, di aver preso la via del
sommo del colle dove stava la croce deH'Eremo da
cui aveva spaziato lo sguardo sulla bella pianura
« bagnata dal patrio fiume ».
Ma vi è nei suoi
Ricordi
di un annodopo,il 23aprile
1819, una pagina ancora inedita che per i preziosi
particolari merita di essere fedelmente riferita: « Oggi
prima di 21 ora io mi sono avviato alla via dei Salici.
Nugoli ingombravano il cielo e incominciava a stil
lare. Avevo in tasca il primo volume dell
’Hist Rom
di Ségur, lettura che fo per mio figlio, il
Giulio
di
Shakespeare, e le
Meditazioni
d’Hervey. lo non avevo
ancora fatta mezza la salita che si vuoi fare per rag
giungere la cappella di S. Jacopo e la pioggia comin
ciava a cadere spessissimo. Mi sono ricoverato alla
villa di un sig. Ceroni cortesissimo ospite. Rimessa
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la pioggia, ho preso commiato e sono salito alla cap-
!
pella, ma il cielo si oscurava sempre più e in breve
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il temporale si è fatto universale, ma senza lampi e
tuoni. Seduto sopra gli scaglioni della cappella ho
letto un tempo; poscia senza prendermi pensierodella
stessa pioggia,- ho passeggiato nel picciolo spazio che
è dinnanzi alla cappella pensando di me...».
Dal Santarosa risulta chiaro che la località scelta
per il rito Alfieriano fosse l'Eremo, ed è logico che
così fosse perchè Vittorio Alfieri, nella sua Autobio
grafia, accenna appunto alle sue passeggiate durante
il soggiorno a Torino, ail'Eremo dei Camaldolesi.
Per recarsi alla tomba dell'Alfieri ed alla cappella
circostante gli amici entravano in Valsalice, e per la
stradadi Santa Margherita si avviavano verso l'Eremo.
A metàdi questa via si trova appunto laVigna Ceroni,
rammentata dal Santarosa, ceduta molti anni fa in
eredità dalla Superiora della casa di Nazareth al Cot-
tolengo ed ora, ingrandita e restaurata. Casa dei
Salesiani. La cappella dei nostri Alfieriani era una di
quelle poche isolate cui accenna il Baricco nella sua
Descrizionedi Torino.
Di essa ora non vi è più traccia,
ma informazioni assunte sul luogo mi hanno accer
tato che a poca distanza dalla Chiesa ddl’Eremo, un
secolo fa. esisteva ancora, sotto il nome di Cappella
della Madonnina, nel luogo dove ora si eleva il fab
bricato del Cav. Meirano. L'ing. Boggio, munifico
donatore al Comune di Pecetto della casa annessa
alla torre, mi ha assicurato di aver appreso da una
vecchiacontadina che il terreno circostante all'Eremo
si distingueva in campo della Torre a destra e in
campo del Pilone a sinistra. Anche ora si denominano
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« Piloni » le cappellette isolate campestri, con una
madonnetta dipinta nell'interno. Nel fabbricato della
Torre v ft unacappella su cui campeggia una Madonna
ad olio e non è improbabile che.deflnolito tl Pilone» si
siasostituita la Madonnadipinticon il quadro adolio.
Neiranno consacrato a celebrare, per volontà del
Duce, la passione Italia di illustri Piemontesi, non
sarebbe fuor di luogo che, secondo il volo di Isidoro
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Lungo, si oonesse un Ricordo ad eternare nel
tempo questo simpatico rito celebrato con tanto
fervore e con un'ammirabile visione del futuro dai
discepoli Torinesi del fiero poeta*
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Egli, il più romantico tra gli amici, si abbandonava
sovente a passeggiate solitarie, consacrate allo studio,
alie meditazioni, alle fantasticherie, ai propositi.
Quella, ad esempio, del 29maggio 1816 segnò, come
egli confessò nei suoi
Ricordi,
un’epoca memorabile
della sua vita. In riva della Dora, dopo aver letto
alcuni motti di Epittéto, senti il proposito di consa
crare i suoi studi alla Patria e di por mano a qualche
opera che potesse riuscire di pubblica utilità all'Italia.
Vagheggiavag'àdi scrivere quelle « Speranze degl’ita
liani» che in una magnifica visione, anticipando il
santogrido raccoltoqualche lustrodopo, vaticinarono
il trionfo della causa nazionale.
Ma nel ricordo del 23 aprile 1818, già parafrasato
da Nkomede Bianchi, egli ci narra di avere, con
alcuni libri, fra cui le tragedie dell'Alfieri, preso le
vie della collina, di esser salito senza posa sino ad
una Madonnetta poco prima di giungere all'Eremo,
di esser» steso sul terreno erboso, di «ver letto