PALADINI DEL CICLO PIEMONTESE: GIUSEPPE GARETTI - VITTORIO ALFIERI
col Voltaire, e per gl'inglesi che vogliono imparare
l’italiano pubblica in due volumi una raccolta di let
tere tutte scritte da lui intitolate Lettere
familiari.
La sua morte, a Londra, il 5 maggio 1789, suscitò
il compianto del mondo letterario inglese e dei mol
tissimi amici italiani.
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Esaltare il Metastasio, il poeta che per tutt’Europa
faceva risonare la melodia del linguaggio d'Italia e
manteneva il nostro primato del melodramma, era
più che legittimo. Certo è che il Baretti ammira in
lui quasi esclusivamente il connubio fra la buona
lingua e il ricco vocabolario, per la edificazione degli
uditori. Era in fondo un antiletterato malato di let
teratura, non però un retore, non un echeggiatore,
non un piaggiatore. Non si giustifica, invece, ma si
spiega, in parte almeno, lo sdegno contro il Goldoni,
sdegno che va fino all’incomprensione sistematica:
era lo stesso sdegno del realismo che aveva suscitato
le fiabe di Carlo Gozzi, ma in più, nel Baretti, una
irritazione specifica nasceva dal fatto che i volumi
delle commedie goldoniane, usciti allora allora, ave
vano la presentazione di Voltaire, considerato dal
nostro scrittore come il nume nefasto dello scherno
distruttore, come lo straniero presuntuoso, come il
mostruoso tiranno del gusto generale. Dove il Ba
retti non è schiavo dei ripicchi occasionali, la sua
critica non è soltanto chiara e gustosa ma originale
e potente. Basti pensare alle belle pagine contro
l'Arcadia e i leziosi galanti inzuccheratissimi corifei
di quella celebratissima letteraria fanciullaggine, e
rileggere il modernissimo apprezzamento da lui fatto
della
Vita
di Benvenuto Cellini.
Il capolavoro della robustezza polemica, della
finezza, dell'audacia, della penetrazione critica di
Giuseppe Baretti, è il
Discours
sur
Shakespeare et sur
MonsieurdeVoltaire.
Ci sono affermazioni la cui verità
soltanto oggi appare in un fulgore senza contrasti.
Un certo Le Torneur aveva aperto una associazione
per pubblicare la sua traduzione in francese di tutto
il teatro Shakesperiano. e il vecchio Voltaire, indi
spettito che quakun altro entrasse in un argomento
che egli considerava sua provincia particolare, aveva
redatto due lettere bassamente biliose, dichiarando
che il teatro Shakesperiano sarebbe stato dannoso
al teatro francese e chiamando le opere dello Sha
kespeare un enorme letamaio. Il Baretti contesta
anzitutto al Voltaire laconoscenzadella lingua inglese
e gli nega il diritto di ergersi giudice e carnefice di
Shatapeare, dopo averne tradotto alcuni passi pa
rola per parola, svisandolo completamente.
L'eccellenza del critico si misura dall'altezza del
bersaglio, e non fu poco merito l'ecmni cimentato
con l'ironico Golia del mondo letterario che tutta
Europa, senza amarlo, inchinava e temeva.
Ma poi affronta una questione fondamentale: se
cioè la traduzione di un'opera di poesia sia o no pos
sibile, e, se possibile, come debba esser regolata:
«Je crois moi-mème - egli dice - que la version de
Monsieur Le Torneur ne vaudra rien, parce que je
connais assez les deux langues pour étre sOr d'avance
que Shakespeare n'est guère traduisible en fran^ais.
je sais qu'en général la poésie est comme le bon vin.
On ne l'extravase point sans qu’il perde de sa bonté.
Ajoutez à cela, que la poésie de Shakespeare ne
saurait étre traduite pas méme passablement dans
aucune des langues descendues du latin ».
La questione famosa delle tre unità aristoteliche,
fulcro di tutta la drammaturgia classica mandato
bellamente all'aria dallo Shakespeare, viene dal Ba
retti impostata e risoltacon unanettezzache, se fosse
stata conosciuta e compresa, avrebbe reso inutili le
discussioni che se ne fecero poi al tempo del roman
ticismo. A favore deH'unità di tempo e di luogo, si
schieravano i tementi che fosse compromessa a teatro
la verosimiglianza.
Il Baretti dimostra che quando il fervore creativo
del poeta ha imposto la prima illusione, per cui lo
spettatore accetti che al di là .dei lumi della ribalta
si viva a Roma o a Menfi, e che parlino quei tali per
sonaggi e non gli attori, l’azione duri un mese o un
anno e si svolga pure passando da un luogo all'altro:
la convenzione connaturata col genere teatrale non
subisce nè offese nè eccezioni.
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Luigi Piccioni, al quale siamo debitori dei più acuti
ed esaurienti studi sul Baretti e della edizione di tutta
l'opera Barettiana — un modello di perfezione —,
preludendo per il Le Monnier a una sua nuovissima
stampa, destinata alle scuole, di « Lettere » del suo
autore preferito, assennatamente avvertiva di essersi
proposto più che la coltura letteraria dei giovani, la
loro educazione civile e morale.
Aggiungo io. riscrivendo da certi frammenti poco
conosciuti, alcune righe mandate nel 1776 al fratello
Filippo, a proposito d'un nipote, da cui traluce la
compiuta modernità delle sue vedute, anzi si può
dire la vera configurazione deU'italiano nuovo:
« Fallo studiare: ma non ti scordare di fergli anche
imparare il ballo, la scherma, il cavalcare, e un po’
di musica, chè questi sono ornamenti in un giovane
da non trascurarsi, e che rendono gli uomini
dolci
e
grati agli uomini e alle donne,
fors'anco
più che
non
la letteratura; nè mi dispiacerebbe che s'avesse due
o tre.mesi di tempo da acquistarsi i princtpii
deH'ar-
chitettura sì civile che militare, e vorrei
anche da un
qualche caporale o sergente gli
facessi apprendere
neii ore o ozio i esercizio ceno scntoppo, onde irnpi
risse •sur Termo e risoluto siine gemoee su» vm.
Sooratutto
l i
che
riesca con tiio so . e che imoari a
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