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DUE PALADINI DEL CICLO PIEMONTESE: GIUSEPPE BARETTI - VITTORIO ALFIERI

Discussioni, progetti, sogni di esperienze, che,

pur non giungendo poi alla realizzazione, dimostrano

come l'opera dell'Alfieri sia viva, abbia lettori che

si appassionano e anime che la gustano.

Ciò riguarda l'Alfieri artista.

Ma per concludere su di lui, nell'atto di licen­

ziarci«da lui dopo averlo sì brevemente rievocato,

il nostro pensiero va ancora al paladino, al risveglia-

tore delle coscienze, al profeta della patria nuova;

e noi ripetiamo come una santa verità quello

che egli

aveva formulato come un appassionato augurio

verso

i giovani delle generazioni venture:

« Gli odo già dirmi: - O Vaia noctro, in pravi

secoli

m ìo,

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'A.

-

Nell

‘Agamennone,

la vera protagonista aureolata

di grandezza è Clitennestra, e quel giorno che spun­

tasse una grande attrice, la tragedia potrebbe dal

libro ritornare sulla scena con successo.

L’esigenza dei grandi interpreti ha recentemente

aduncritico di molto valore, S. A. Nulli, autoredi una

originale monografia sull’Alfieri, dato il sospetto che

Mirra

cessi di essere un capolavoro perchè la parte

capitale è serbata al gesto, perciò aH’attrice, e che

la fama del lavoro sia dovuta all’interpretazione della

Ristori. Intanto, prima della Ristori, l’interprete di

Mirra

fu Carlotta Marchionni, e da ciò che sappiamo

di lei, e da quello che ne dissero i contemporanei,

abbiamo motivo di credere che la purezza estatica

del suo temperamento, l’incanto virginale che da

lei emanava, conferissero alla tremenda passione della

figlia di Ciniro una commozione che era proprio

quella dal poeta sentita e analizzata. Non degenera­

zione, ma peso di un destino ineluttabile, immenso

e cieco come ia divinità che lo ha inflitto. Mirra è

soggiogata da un sentimento mostruoso, ma ella

stessa lo condanna nel momento che lo patisce, e

quando alfine la verità, lei renitente, traluce, essa

stessa si punisce con la morte.

Non si nega che per il pubblico d’oggi possa

apparire troppo piena di pause e di indugi, e fu

probabilmente questa la cagione per cui una nostra

grande attrice, che anni sono pensava di metterla fra

le sue interpretazioni, l'ha poi abbandonata. Quei

benedetti cinque atti d'obbligo del disturbo ne han

portato! Non è passato però molto tempo che un

noto pittore torinese ne aveva preparato la realiz­

zazione con una geniale e audacissima regìa in un

luogo tra aperto e chiuso, in Asti, e la riduzione

dell’opera à tre atti, con musiche di raccordo e cori,

in unoscenariodi classicae imponente purità, sarebbe

stato verso l’arte dell'Alfieri e l’atmosfera delle sue

tragedie un magnifico omaggio assai più ligio che

non la fedele esecuzione parola per parola di qua­

lunque tragedia.