Table of Contents Table of Contents
Previous Page  47 / 1769 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 47 / 1769 Next Page
Page Background

L'EPISTOLARIO DI VINCENZO GIOBERTI

piedi " per una

china assai ripida e mentre traeva

un

vento potentissimo. Sputai sangue — scrive da

Parigi all’amico Pinelli — durante la via e mi scorticai

un

calcagno, cosicché quest’oggi solamente, cioè dopo

dieci giorni, ho cominciato a riavere l'uso delle

gambe ” (voi. I, pag. 234). Di là, ai principio di di­

cembre dell’anno successivo, andò a Bruxelles, ad

insegnare

nell’istituto Gaggia, chiamatovi dall'inge­

gnere Pietro Bosso di Casalmonferrato e dal signor

Pietro Olivero, commerciante di Vercelli.

Ma già prima di questo viaggio doloroso egli —

come appare dall

'Epistolario

— aveva largamente

peregrinato per il Piemonte e fuori. Nel 1820, non

ancora ventenne, fu a villeggiare a Trofarello, sog­

giorno forse non troppo tranquillo allora, se un suo

fedele amico, il teologo Giovanni Battista Reyneri, lo

esortava da Torino a non lasciarsi sorprendere di

notte lungi da casa, perchè un gran numero di mal­

viventi disertori infestavano il territorio astigiano

(voi. I, pag. 4). Colà, anzi, ebbe una figlioccia, forse

alquanto insistente nel chiedere, anche durante l'esilio

di lui " ... Mi pare che questa tanta insistenza passi

1 modo. Finché io fui in Piemonte e frequentai Truf-

farello le feci tutti gli anni qualche regaluccio. Ma non

credo ora di essere obbligato a pensare a lei con mio

proprio discapito ” (voi. VI, pag. 363). Nel 1828 per

consiglio dei medici andò a Pisa, dove " la solitudine

di una città cosi vasta e cosi spopolata, unita al calore

che in questa stagione (la lettera porta la data del

12 ottobre) vi è pur anco grande,

gli

fecero temere

di morirvi d'arsura e di fastidio

E perciò di là

passa a Firenze, “ benché le sue meraviglie non

gli

piacciano più che tanto e

gli

paiano inferiori alla

fama che ne corre " (voi. I. pag. II). Ivi conobbe il

Leopardi, che accompagnò a Recanati. Nel ritorno

toccò Ancona, Senigallia, Pesaro, Bologna, dove si

trattenne solo •• quattro giorni a motivo del freddo

gagliardo ” , Parma " che

gli

piacque molto ” e Pia­

cenza " che

gli

piacque quasi ancora di più '* (voi. I,

pagine 284, 285).

In quel tempo visitò pure Milano, e vide due volte

il Manzoni, di che parla anche in una lettera del­

l'aprile 1833 all'abate Claudio Oalmazzo di Vernante.

Milano •• per la frequenza degli abitanti, l'ampiezza

e pulitezza delle vie principali, il lusso delle officine,

e la moderna magnificenza di molti edifizi g li piacque

più di Firenze ” (voi. I, pag. 285). È possibile, per

quello che riguarda il Piemonte, che sia stato a Cer-

vere, prezzo Fossano, perchè colà aveva un benefizio

per il cui fitto riscoteva lire duecento annue, come

si desume da una sua quietanza rilasciata al

cav.

Giu­

seppe Morozzo di Bianzè per l'anno 1830: ma fu

certamente a Cherasco nel 1832. e io afferma egli

stesso in una lettera a Don Vincenzo Ponsati. curato

della parrocchia torinese di S. Agostino, al quale

narra le peripezie del viaggio dal Piemonte a Lione,

quando fu costretto ad esulare. •• ... in Pinerok)... il

mio angelo custode mi fece passeggiare per la città,

senza però trovare un cane che mi conoscesse; se

non che all'uscirne mi succedette un caso assai sin­

golare, cioè di passare vicino ad un certo Ciaralli,

studente di medicina, che in baroccio veniva da Fene-

strelle; il quale certo mi dovette raffigurare, poiché

un anno prima, presso a poco alla medesima stagione,

trovandomi io camuffato da laico in Cherasco, era

stàto dal medesimo ravvisato e riconosciuto ” (voi. I,

pag. 230). Nell'agosto dello stesso anno sale a Viù,

e si trattiene circa una settimana fra quelle balze,

insieme con un compagno, sperimentando “ la virtù

che hanno di rinvigorire le gambe e di stuzzicare ed

accrescere l'appetito” (voi. I, pag. 113). Descrive

ed ammira le bellezze naturali del sito, ma dice che

ad esse bisogna aggiungere “ la squisitezza del latte,

che pare un'ambrosia, la limpidezza e freschezza del­

l'acqua, il solletico di un’arietta balsamica e rinfre-

scativa... e l'abbondanza e la soavità delle trote, che

sono qui un cibo comune

Le donne poi non

sono meno gentili e buone, che belle e graziose;

cortesi, di una cortesia semplice e non affettata; onde

si vede che il buon sangue non solamente abbellisce

la carnagione, ma ancora i modi e i costumi, e dà

loro una certa bonarietà cordiale e ingenua; la quale...

è comune non meno alle brutte e vecchie, che alle

belle e giovani, e agli uomini di ogni condizione come

alle donne” (voi. I, pagine 114-115). Nel seguito

della lette

.nifesta il proposito di unirsi ad una

comitiva di alpinisti per " andare sui muli ad Us-

seglio... e forse alle falde del Rocciamellone e in

altra lettera dell'ottobre scrive all’abate Dalmazzo:

•• ...domani parto per Sanfrè, nei contorni di Car­

magnola, dove avrò il piacere di goder quell’uomo

socratico del signor Ornato ” (voi. I, pag. 126); e,

“ in quel paesuccio che si chiama Sanfrè " (Pinelli a

Gioberti, 11 febbraio 1843), fu ospite del conte Pier

Dionigi Pinelli di Casale, che, oltre a possedere colà

•• alcune poche glebe ” , vi prese poi anche moglie,

sposando Marianna Prato, “ giovane di venticinque

anni, piuttosto avvenente, d'indole buona e di una

educazione un po' limitata dal canto ddl'istruzione

letteraria, ma compiuta dal lato del cuore e dei

costumi " (Pinelli a Gioberti; voi. IV, pag. 197,

nota).

Qui hanno termine, o paiono averlo, secondo

l 'Epistolario, i viaggi del Gioberti per quel primo

periodo della sua vita: al lungo inverno, poco pro­

pizio al peregrinare, seguirono l'arresto di lui in

primavera, una detenzione di quattro mesi e, in

principio di autunno, il triste esilio. D ifetti il 31maggio

del 1833, poco dopo le sette di sera veniva arrestato

sui baluardi di Porta Nuova, e tradotto in Cittadella:

il 30 settembre per “ il viale degli Olmi, la via di

Santa Teresa, la via Nuova, di cui vedeva per la prima

volta il nuovo marciapiede... si riduceva a Palazzo ”

(voi. I. pagine 229. 230), donde il giorno appresso,

di buon mattino, insieme con un carabiniere trave­

stito , era fatto partire per la Francia.