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L 'epi sto lar io di Vincenzo G iober t i

e una breve dimora del fi losofo torinese a Viù

V

incenzo Gioberti

ebbe una speciale ammirazione

e predilezione per i'alpestre borgo di Viù e per

i suoi abitanti. Lo si apprende da una lettera di

lui all'abate Boglmo, con­

tenuta nell'£pisto/ono che

la Tipografia Fiorentina di

A t t ilio Vallecchi va da

qualche anno pubblicando.

La bella edizione, dichia­

rata Nazionale per pro­

posta del Ministro Fedele

con RegioDecreto del 1925,

è giunta oramai al settimo

volume: a proposito del

quale e, diciamolo pure,

anche del precedente, gio­

verà subito rilevare che sa­

rebbeoccorsaunamaggiore

diligenza nel rivedere le

prove di stampa, al fine di

togliere alcunemendescon-

venevoli all'importanza del

soggetto, e ciò non solo

per un senso di riverenza

all

'Epistolario

del Gioberti,

ma ancora per un doveroso

riguardo a Giovanni Gen­

tile, sotto i cui autorevoli

auspizi si stampa il car­

teggio.

Poiché a Vincenzo Gio­

berti è toccata una ben

grande ventura, in quanto

la suacorrispondenza viene

in luce a cura del Gentile,

che nell' •• Avvertenza ”

premessa al volume sesto si proclama giobertiano e,

mentre pur ieri esaltava qui in Torino l'opera di un

altro grande filosofo, l'abruzzese Bertrando Spaventa,

ha esordito a suo tempo negli studi filosofici con un

lodato volume su

Rosmini

e

Gioberti.

Le lettere, che

cominciano poco prima del 1830, giungono fino al

1848, cioè all'anno in cui il filosofo, dal lungo esilio

di Parigi e di Bruxelles, fece ritorno in patria: man­

cano per ora le posteriori, cioè quelle scritte durante

il periodo della sua dimora in Italia e della diretta

partecipazione agli avvenimenti politici della penisola,

e le altre composte nel secondo e volontario esilio

in Francia, dove preparò quel

Rinnovamento Civile

in

cui, correggendo il pro­

gramma del

Primato,

dimo­

strato fallace dagli eventi

del 1848-49, preconizzava,

quasi dotato di spirito pro­

fetico, le nuove fortune

d'Italia strettamente con­

giunte con quelle del Pie­

monte e della Casa di

Savoia. Ma anche dentro

siffatti limiti, l

'Epistolario

è

per più rispetti molto in­

teressante: perchè, fra l'al­

tro, il Gioberti ci appare

in commercio di lettere

con gli uomini più emi­

nenti del tempo suo, quali

Giacomo Leopardi, Teren­

zio Mamiani, Niccolò Tom­

maseo. Pietro Giordani,

Cesare Balbo.Silvio Pellico,

Giampietro Viesseux, Gino

Capponi, Vincenzo Salva-

gnoli, Giuseppe Massari,

ed altri.

Nel primo volume, che

si inizia con una breve ma

concettosa, prefazione del

Gentile e del compianto

marcheseGustavo Balsamo-

Crivelli ,sonoraccolte quasi

unicamente le lettere scrit-

0

te prima dell'e

dal 1825 a! i833 e fra di esse sono degne di nota

quelle dirette al conte Ignazio Thaon di Revel, a

Carlo Cadorna, al Leopardi, al Pinelli, ecc. Nell‘anno

1833 il Gioberti, dopo quattro mesi di detenzione

nella Cittadella di Torino, dovette, per disposizione

della Polizia, uscire dal Piemonte; e il primo di ot­

tobre. accompagnato da un carabiniere, certo Millo,

per Pinerolo. Perosa. Fenestrelle. Cesana. Mongi-

nevra. Brianzone. Gap. Grenoble. Lione, si recò a

Parigi. Dal confine a Brianzone dovette viaggiare a

Vincenzo Gioberti

Disegno a matita di ]. B. Madou

eseguito dai vivo nell’Osservatorio di Bruxelles fra il 1040-44

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