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I MATTONI CARPOLOGICI PIEMONTESI

Divagazioni archeologiche di un botanico

I N T R O D U Z I O N E

U

n po’ di argilla plastica, per puro caso, ridotta

a forma di coppa, influenzata dall'azione del

fuoco, ha rivelato all’uomo esostorico l'uso al

quale avrebbe potuto servire questo volgarissimo

materiale per fabbricare vasi, bacinelle, ecc. ecc.,

capaci di contenere e conservare i liquidi.

Così-sorse l

'Industria fittile

che è, si può dire,

antica quanto l’umanità.

L’Arte

fìttile

comparve invece quando l'uomo sentì

il bisogno di adornarsi, e di ornare le proprie sup­

pellettili. Il gusto simmetrico lo spinse dapprima a

decorare i manufatti fittili con ornamenti semplici,

costituiti da linee diritte o curve, parallele o spezzate,

poi prese a rappresentarvi gli animali e finalmente la

figura umana e i vegetali, animandoli con l'impiego

di colori tolti dai materiali più ovvii.

Così nacque l’Arte

fittile

che è vecchia come lo

sono i primi conati dell'uomo esostorico sulla via

della civiltà.

La storia delle industrie e delle arti fittili segue

quella della civiltà, e i documenti che ne confermano

il successivo sviluppo sono così abbondanti nei musei,

in ispecie della regione mediterranea, da far parere

quasi miracolosa la enorme quantità di materiali che

gli scavi, le necropoli, le ruine ci hanno ridonato;

fra i quali emergono opere sorprendenti di disegna­

tori di primissimo ordine, e di scultori valentissimi

il cui nome è rimasto ignoto.

I primi saggi di terrecotte artistiche vennero a

noi dall'Oriente: daU’Assiria, dalia Persia, dalla

Caldea, dall'Egitto, dalla Fenicia, dalla Giudea; ma

specialmente daH’Ellade, dove, fino dalle antiche

epoche micenee, l'arte fittile aveva già raggiunto

gradi elevatissimi di perfezione.

In Italia essa fiorì prima in Sicilia e nella Magna

Grecia, poi neM'Etruria ove divenne, si potrebbe

affermare, arte popolare perchè nessun altro popolo

usò maggior copia di ornamentazioni fìttili per ador­

nare templi, case, sepolcri, producendo nelle forme

più svariate elevatissime opere d'arte nelle statue

che adornavano i templi e i monumenti sepolcrali.

I Romani ereditarono l'arte della terracotta dagli

Etruschi; ma non ne sentirono il fascino. Presto le

terrecotte furono soppiantate dai marmi, dai graniti,

dai porfidi lavorati con estrema diligenza e perizia;

le terrecotte furono destinate a impieghi ornamentali

di secondaria importanza, perchè le moli dei monu­

menti creati ad imporre al mondo il fasto di Roma

necessitavano di materiali adatti, resistenti, duraturi.

Collo sfacelo della romanità, l'impiego della terra­

cotta nelle ornamentazioni architettoniche scomparve

quasi del tutto, non sopravvisse che il laterizio, e ciò

sino al periodo cosi detto romanico, e romanico - go­

tico, sino cioè al comparire della prima Rinascenza.

Durante tale periodo l’arte fìttile rinacque a vita

nuova sviluppandosi secondo due distinti intendi­

menti: l'uno originale diretto da criteri artistici e

decorativi; l'altro che per mezzo di

stampi

(più o

meno esattamente eseguiti e conservati e rinnovati)

ripeteva, si può dire, all’infinito motivi ornamentali

per soddisfare le esigenze economiche del pubblico,

che, almeno da noi in Piemonte, erano certamente

poco liete, ciò che non permetteva di ricorrere nelle

costruzioni all’impiego di materiali pietrosi (I).

Quest’ultima manifestazione di arte fìttile inte­

ressava quasi unicamente i semplici laterizi o mattoni.

Essa si svolse in Piemonte in modo speciale durante

i secoli XIV, XV, XVI.

Lo studio che segue si interessa in modo speciale

dei laterizi industriali, caratteristici delle costruzioni

medioevali piemontesi, che io intendo specificare col

nome di

laterizi o mattoni carpologici

perocché essi

sono esclusivamente distinti per artistiche rappresen­

tazioni dei frutti usati a quei tempi nella alimentazii

del popolo.

Questo tipo specialissimo dei laterizi, per quanto

10 mi sappia, non è stato finora fatto oggetto di uno

studio particolare, forse perchè nessun botanico

l'occasione di occuparsene e di investigare la ragi

che indusse i fornaciai del Piemonte ad occuparsi di

una così curiosa rappresentazione artistica.

Ho adottato il nome di

mattoni carpologici pie­

montesi

pure sapendo che mattoni di questo ti

non fanno difetto anche in Lombardia, a

osservati io stesso alcuni nei Musei Civici di Milano,

di Como e in alcuni paesi del Varesotto e del

rese, ma sempre in numero limitatissimo in

a quelli numerosissimi che si osservano in Piemonte.

1 Frizzi (v. Bibliografìa) ritiene che «deve ci

che un solo fabbricante possedesse quelle forme <

facesse spedizione ora in un luogo, ora in un

del Piemonte

». ed io aggiungo anche in L