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I MATTONI CARPOLOGICI PIEMONTESI

l’arte; i nostri lo erano invece da un ideale essenzial­

mente industriale, riproducevano cioè un esiguo nu­

mero di modelli in numero grande di esemplari tutti

eguali per cui l’industria si sostituì all'arte.

Gli esostorici abitatori delle caverne del quater­

nario rappresentavano nei loro graffiti gli animali

di cui si cibavano; i lavoratori medioevali riprodus­

sero invece le principali specie di vegetali da cui

traevano lo scarso nutrimento, cercavano di esaltarle,

di glorificarle con un lavoro che, se è artisticamente

difettoso, è però certo non privo di eleganza.

A me sembra lecito pensare che, come gli antichi

ed i moderni invocavano e invocano tuttora con

l ’offerta degli

ex-voto

le deità ed i Santi che si crede

presiedano alle varie manifestazioni morbose, così i

nostri fornaciai con i loro laterizi (rispondenti agli

antichi

ex-voto

di terra cotta) invocavano l’aiuto divino

e l’assistenza ai raccolti, manifestando in tal modo

le aspirazioni dei loro stomachi digiuni, le difficoltà

alimurgiche nelle quali quotidianamente si dibat­

tevano.

Egli è così che l’arte laterizia piemontese, derivata

da modelli gotici, assunse un

carattere carpologico

proprio e tale conservò per assai lungo tempo, avve­

gnaché il Piemonte rimase medioevale in fatto di

architettura e di ornamentazione civile e religiosa

sino all’inizio del secolo XVII, quando sotto

Carlo

Emanuele I e

per opera di

Carlo di Castellamonte

ebbe

inizio quel sistema di architettura nettamente origi­

nale che abbandonò in modo definitivo l’impiego

ornamentale a base di laterizi.

Per accordare fondamento scientifico alle idee che

ho espresse sul significato dei laterizi piemontesi

modellati, stimo mio dovere trattare della impor­

tanza dietetica dei frutti rappresentati quale si de­

sume dagli

Statuti,

dalle

Cronache,

dai

Documenti

onde

illustrare ciascuna delle specie glorificate nei laterizi

durante tutto il periodo medioevale e ancora durante

l’inizio del Rinascimento, prima che dall’America

giungessero a noi le tre specie provvidenziali, vale

a dire:

Zea Mais

(Mais, meliga);

Solanum tuberosum L.

(patata);

Phaseolus vulgaris L.

(fagiuolo) (6) - che

hanno mutate e migliorate le condizioni dietetiche

dei lavoratori della terra.

Egli è vero che i Comuni avrebbero dovuto can­

cellare le vestigia della società feudale, abolire le

forme di servaggio, proclamare l’uguaglianza delle

classi sociali, dare ad ogni uomo il suo valore giuri­

dico e morale, sostituire alla nobiltà della spada, la

nobiltà della lana, della seta e del commercio; ma ciò

avvenne più colle parole che coi fatti.

Certo è che a partire dal secolo XVI in Piemonte,

dopo la scoperta dell’America, mutatesi le condizioni

alimentari, anche la vita degli agricoltori mutò e così

meno frequenti divennero le carestie e coll'aumento

dell’area coltivata anche la popolazione del Piemonte

aumentò e si sparse ovunque liberandosi dalla tutela

dei vecchi castelli feudali e dei loro ricetti di cosi

triste memoria!

Ho quindi distinto i vari tipi di mattoni da me

osservati a seconda dei frutti alimentari che rappre­

sentano, preoccupandomi dell'uso che se ne faceva,

ricordando le principali località dove ancora oggi si

incontrano. Mercè le fotografie tratte da materiali

autentici o da calchi, quando non fu possibile ottenere

prove dirette (come, ad es.. sul campanile della Cat­

tedrale di Pinerolo, e a S. Francesco di Susa), il let­

tore potrà convincersi come generalmente fossero

meglio studiati e riprodotti nei caratteri che distin­

guono i vari frutti, e che alla rappresentazione delle

foglie fu concessa minore attenzione, sia nella ripro­

duzione dei contorni caratteristici, sia in quella delle

nervature, ecc. La ragione di questo fatto, secondo

il mio parere, deriva da ciò che i frutti hanno in se

stessi un rilievo, mentre le lamine fogliari, general­

mente piane, necessitano di essere rappresentate in

modo convenzionale, per ottenere effetti di chiaro

e di oscuro per essere meglio visibili ad una certa

distanza (7).

Questo modo di rappresentare le foglie ornamen­

tali adottato dai maestri gotici primitivi fu seguito

dai nostri fornaciai che molte volte esagerarono nella

modellazione rappresentando le foglie col lembo

rigonfio in modo da non permettere il riconoscimento

diretto della specie alla quale dovrebbero riferirsi.

Avviene così che non poche volte la determina­

zione della specie voluta rappresentare dai laterizi

si riconosce dalla forma e dai caratteri del frutto e

non da quelli delle foglie.

Dopo le suesposte considerazioni generali, distin­

guerò ora i vari

mattoni carpologici

da me rinvenuti

in Piemonte, classificandoli a seconda dei vegetali

rappresentati, sia pure con intendimenti più o meno

artistici.

Così potrà agevolmente convincersi il lettore

come essi costituiscano una collezione

sui generis

dei

materiali alimentari usati in Piemonte prima del

secolo XVI.

I

mattoni carpologici, si possono considerare come

una specie di Trattato originalmente scritto dal po­

polo per il popolo; l'espressione ingenua di una triste

condizione alimurgica che meglio di un trattato scritto

scolpisce le condizioni di vita del povero popolo pie*

montese rovinato dalle guerre, immiserito, depopo­

lato dalle malattie e dalla fame, così che gli abitanti

erano diventati alieni dal lavoro dei campi

non riuscivano a raccogliervi il frutto dei loro sudori,

rubato o manomesso dalle soldataglie straniere

paesane*(8).

Secondo il mio parere, ripeto, sono i

carpologici un inno naturale di desiderio che i

fornaciai e i costruttori, provati da secoli di

vita di continua miseria, sentivano di dover sciogliere

a quei vegetali che bene o male li sostenevano

dura diuturna lotta per la conservazione della vita;

manifestarione muta, ma eloquente di una asp

zione all'avvento desiderato di un’èra di pace e di

bondaftza!

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