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Orbene anche a queste umili radici i fornaciai

riconoscenti hanno dedicato le loro cure, modellan­

dole nei laterizi e rappresentandole sormontate dal

ciuffo caratteristico delle foglie, perchè anche allora,

come oggi, si mangiavano sotto il nome di

Broccoli

di rape (Ravicias

,

Rapicias).

Il bel fregio del

Duomo di Pinerolo,

che qui si rap­

presenta nella fotografia tolta da un calco (che io

devo alla rara cortesia del Comm. Armandis), esprime

Il Medioevo anzi è in alcune nostre vallate indi­

cato ancora col nome del « Tempo delle rape » (temp

die

rave).

Le rape, secondo i dietetici medioevali che discor­

rono dei loro giovamenti,

«dònno assai nutrimento,

fanno orinare et sono mirabili in illuminare gli occhi

et fare buona vista».

A dimostrare l’importanza alimentare di questo

vegetale aggiungerò che preghiere speciali erano

dedicate nel Medioevo nelle Alpi nostre per invocare

il buon raccolto delle rape.

A Bardonecchia (Valle di Susa), con preghiere

speciali, si pregavano i Santi, perchè si degnassero

vigilare sulle castagne, sulle rape e sulle donne!: Alo»-

sieur San Marsà, prega pour nous notre Seigneur qu'il

veilla gardà nostra castagna, nostra rabà,

nostra

femma.

Dove si vede che dopo le castagne venivano

le rape e dopo le rape, e solamente dopo le rape, le

mogli! Gli Statuti di quei paesi hanno articoli de

riguardano le rape. Uno tra gli altri, in deroga ale

sanzioni che prevedono gravi pene per i ladri, p

m-

metteva, sia pure limitatamente, di rubare le rapt

É lecito entrare in un campo di rape altrui e divo­

rarne sino a sazietà ed esportarne sino a tre (da

imo

scritto comparso nel giornale

Corriere della

Sera,

13 agosto 1930) (13).

Le rape il cui uso, dopo la scoperta dell'Ameria

andò a poco a poco diminuendo in Piemonte, inte­

ressarono non solo il volgo povero ed affamato, im

stuzzicarono anche l’appetito dei poeti, come ne6

fede il noto

Sonetto

di Messer Ludovico Ariosto, die

pure era gentiluomo della raffinata corte dei Dutfc

Estensi (Satira 4»):

Chi brama hortor di sprone o di cappello

Serva Re. Duca, Cardinale o Papa

lo no; che puoco curo et questo et quello

In casa mia mi sa meglio una rapa.

Ch'io cuoco et cotta s’un stecco m'inforco

et mondo et spargo poi di aceto et sapa

Che l'altrui mensa tordo, storno o Porco

Selvaggio et cosi sotto una vii coltre

(Come de seta, o d'oro) ben mi corco.

di

ia

(calco)

il sentimento di riconoscenza popolare verso questo

alimento che segnatamente nelle regioni alpine del

Piemonte era un tempo assai usato.

É noto del resto come le rape ed i navoni delle

valli alpine nostre siano ancora oggi apprezzatissimi

e si mangino in vari modi cotti, o si consumino in

insalata.

Pisanelli (loc. cit.) a questo riguardo cosi espri­

meva l’opinione degli antichi: «Le rape per esser

buone bisogna che sentano il gran freddo e però i poeti

le chiamavano “ brumalia et gaudentia frigoreRapa., ».

Nella rappresentazione ornamentale della raptM

laterizi io penso che a nessuno possa venire in m É

d'invocare uno scopo od una ragione di simboli»

religioso! Nè quello di una rappresentazione api­

stica, essendoché ben poco interesse dal puntefcf

vista dell'arte può derivare dalla riproduzionejp

contorno della rapa e specialmente da quello éP

varietà a radici affusolate come quella figu

laterizi di Pinerolo (v. figure).

jCavoli e rape nel XV secolo erano il

. di gran parte degli abitanti del Piemonte •

Savoia. Le rape si mangiavano anche crude o

stite sotto la cenere.

Le rape in alcuni luoghi soggette a

favore (v. Maurizio, kx. cit., 190) delle

monasteri, non solo in Piemonte ma

dire, in tutta l’Italia