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I MATTONI CARPOLOGICI PIEMONTESI

CASTANEA VESCA L • Piam .i Castagna.

FACUS SYLVAT ICA L< • Faggio • Pian i.: Fò.

Comuni sono i mattoni che intendono rappresen­

tare gli acheni del

castagno

avvolti dalla cupola brat­

teate irta di piccoli aculei pungenti, nota sotto il

nome di

riccio.

Anche le foglie grandi, lanceolate,

fortemente seghettate confortano la determina­

zione.

Di questi alberi era ricchissimo il Piemonte in

modo particolare nelle regioni montane; pregiatis­

simi ne erano i frutti che si mangiavano cotti sotto

cenere, o bolliti o ridotti in farina venivano usati

nella panificazione.

Tutti gli Statuti s'interessano di questo frutto.

I nomi dei paesi che ancora ricordano la

Castanea,

i

nemus

castanearum,

i

domini de la castanea,

le

castanae

gruxote

(sgrusò,

volg.), ecc., ricorrono ad ogni mo­

mento negli Statuti per cui stimo inutile insistere

suquesto argomento.

Noto però che io non credo abbiano mai avuto le

castagne un significato mistico religioso.

«

Dònno grandissimo et buon nutrimento, le castagne

tengono il principato fra tutte le sorti di ghiande et

queste sole tra tutti i frutti saluatici dònno al corpo

nutrimento notabile»

(Pisanelli, pag. 181, loc. cit.).

Altri seguendo l'autorità di Galeno e il noto

detto del Capitolo X: «

Castaneae sive elixentur, sive

ossentur, sive denique frigantur semper sunt pravx»

(le castagne o cotte a lesso ovvero arrostite, o fritte,

sono sempre cattive), negarono ogni virtù alle ca­

stagne « lasciandole a gente di montagna » le quali

«

ricogliendo poco grano l'usano in luogo di grano,

fxendone farina per far del pane »

(Pisanelli, I. c., 181).

Certo che la farina di castagne un tempo usatis­

sima in Piemonte nella panificazione, lo è ancora

tuttora per scopo analogo in alcune parti dell'Italia

Centrale.

I frutti del castagno, già usati fin dai periodi anti­

chissimi dall'umanità preistorica, furono tra i più

ricercati come alimenti nel Medioevo in Piemonte

e lo sono ampiamente tuttora.

Scrive il Bertaldi (loc. cit.) nel 1620queste parole,

lequali riproduciamo perchè dànno un’idea dell'im­

portanza alimentare enorme che avevano in Piemonte

lecastagne nel periodo di tempo che ci interessa:

« Nel Stato della A. Serenissima di Savoia - il libro

i dedicato al Serenissimo Principe Cardinale Maurizio

di Savoia e datato: Torino.

20

giugno

1620

- molti,

maggior parte deiranno non vivono d’altro che di

castagne

et

sono robusti

e

soni, come sono quei ch'abi­

ta» l’Alpi Liguri: come nel Marchesato di Ceva, nel

Mondamento del Mondaci verso Frabosa, Val d’Oneglia,

Morrò, Tenda. Cunioet verso l’Alpi Caie, il Marchesato

Busca, quel di Saluzzo: Val di Lucerna, Val di Susa,

W di San Martino, Pensa, Pinerob, Giaveno; Marche­

sa di Lonzo, Valpergo, Val di Pont, di Bros, Agosto,

tao. Biella sino alle Valli di Sesia nel Ducatodi Milano,

fe(fjoh Vali sono abbondantissime di castagne, latticini

tt oltre cose necessarie al viver fiumano» (pag.

162),

e aggiunge (pag. 163), associandosi alla nota sentenza

di Galeno: «(De

attenuante victus ratione,

Cap. X):

Castaneae sive elixentur, sive assentur, sive denique fri­

gantur semper sunt prava?»,

cioè che

«le castagne o

cotte, alesso o vero rostite, o vero fritte son sempre

cattive. Perciò lodarei, che di raro si mangiassero et in

poca quantità, massime da persone delicate, lasciandole

a gente di montagna, i quali ricogliendo poco grano,

l’usano in luogo di grano facendone farina per far del

pone

».

Ora non è mestieri che io mi valga di altre testi­

monianze per dimostrare come in Piemonte i frutti

delle varietà della

Castanea sativa Miller

rappresen­

tassero nel Medioevo una delle maggiori fonti di

alimento; del resto ciò che avveniva in Piemonte

avveniva pure nella vicina Francia, dove Champier

nel suo

De Re Cibaria,

pubblicato nell'anno 1560,

ricorda come verso la metà del XVI secolo le castagne

erano ancora l'alimento principale delle popolazioni

di parecchie provincie della Francia (Limousin, Pé-

rigord, Cévennes).

Champier cita al riguardo, nella lingua d'oc, un

detto degli abitanti del Limousin, che si adatta in

modo sorprendente a ciò che avveniva in Piemonte

prima della scoperta dell'America e quindi della

introduzione della cultura del mais e più tardi della

patata:

Si la castagn' et la rabiola venian a manquà,

la Franco sirio rouveinado.

E non solo la Francia, ma anche il Piemonte sa­

rebbe stato allora rovinato dalla mancanza delle rape

e delle castagne!

Ora, per quanto io abbia cercato, non ho rintrac­

ciato che un significato religioso abbia onorato il

frutto della castagna, come realmente avrebbe me­

ritato.

L'onore che i fornaciai piemontesi le hanno decre­

tato riproducendone rozzamente le forme non è

dunque dovuto ad altro che alla importanza alimur-

gica, che ebbero (specialmente nei periodi di ca­

restia) i frutti del castagno, che secchi o freschi si

adattavano, ridotti in farina, a far pane, a comporre

specie di polente, ecc., che riuscivano per il loro alto

contenuto in idrati di carbonio, se non altro, a saziare

la fame.

Quantunque le castagne abbiano un valore alimen­

tare inferiore a quello del pane di frumento, per ciò

che contengono solo in deboli proporzioni dall'1,50

al 7 % di materie azotate, tuttavia oggi ancora per

certe regioni del Piemonte rappresentano un con­

tributo importante nella alimentazione.

Mattoni che rappresentano le cupuledel castagno,

alle quali

è

affidata la protezione degli achenii, non

sono certamente rari in Piemonte (Sant'Antonio di

Rio Inverso, Ivrea, Torino, ecc.).

Alcuni di questi mattoni sono così rozzamente

modellati che si potrebbero anche ritenere volessero

rappresentare le fagginedel faggio (Fogus selvatica L.);

esse pure adoperate nella alimentazione finoda tempi

immemorabili, essendosene raccolti numerosi relitti

nelle stazioni lacustri.