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I MATTONI CARPOLOGICI PIEMONTESI

Queste cose documentano le carte del Saluzzese

studiate dal Gabotto (v. bibliogr.), gli Statuti del

Canavese illustrati dal compianto amico Conte Giu­

seppe Frola, gli Statuti di Villafranca editi dal Ma­

rini, ecc. ecc.

Della vera frutticultura in Piemonte, come è dimo­

strato dalle Cronache e dai documenti dal X al XV

secolo, si occupavano i soli Monaci, e furono essi

che tramandarono ai frutticultori della Rinascenza

(massime in Toscana) i relitti delle varietà coltivate

dai Romani, di cui molte andarono perdute durante

il periodo barbarico.

In Piemonte l’Ordine Cluniacense (Cluny) aveva

piantato salde radici con

Fruttuaria,

fondata nell'anno

1003da Guglielmo di Volpiano, e vuoisi che appunto

questo nome fosse dato al celebre Monastero nella

considerazione dello sviluppo che ivi aveva preso la

coltivazione delle piante fruttifere.

Per quanto però interessa la questione pretta­

mente alimentare va ricordato e considerato che:

malgrado l'opera illuminata dei Monaci, malgrado le

draconiane disposizioni degli Statuti, nessuna testi­

monianza è venuta sino a noi per dimostrare che in

Piemonte ci sia stata (prima di Emanuele Filiberto)

qualche tendenza a migliorare le antiche varietà locali

di frutta, mentre invece Statuti e documenti stanno

a dimostrare la grande importanza alimentare che

aveva la produzione della frutta esercitata con metodi

antiquati, rozzamente, ma sopra vasta scala.

Pirorum

usus,

Pomorum usui est similis;

adattandoci

alla sentenza di Galeno abbiamo trattato di questi

due frutti unitamente.

Mattoni che rappresentano

pomi o pere

si incon­

trano un po’ dappertutto, ma sono essi così rozza­

mente rappresentati che molte volte non si giunge a

decidere se si tratti di questi o di altri frutti: io credo

di non errare ritenendo che per le loro foglie piccole,

piatte, i pomi o i peri non riuscissero adatti a dare

quei contrasti di luce e di ombre necessari per ren­

dere i mattoni atti ad un impiego ornamentale il

quale esige contrasti di luce e di ombre che li rendano

visibili e riconoscibili anche ad una certa distanza.

Mattoni che rappresentano mele o pere si possono

osservare a Sant’Antonio di Rio Inverso, Ivrea, ecc.

l’acutezza di un perenne formidabile appetito. Del

resto giova avvertire che le dimensioni e la forma

delle foglie non concedono di ottenere rilievi di luci

e giochi di ombre indispensabili nei mattoni orna­

mentali.

TR IFO LIUM PRATEN SE • T . REPENS

monta**: T rifa li o Tarim i!.

Trifoglio • Pie-

Mattoni che riproducono le parvenze di capolini

di

Trifogli,

compaiono abbastanza frequenti in Pie­

monte nella ornamentazione delle bifore e dei portali.

Le foglie digitate, trifogliate con foglioline obovate

distanziate sul caule e la forma del capolino fiorifero

non lasciano dubbio sulla interpretazione botanica.

Il modellatore ha giustamente riprodotta la foglia

all'ascella della quale nasce il capolino, rappresen­

tandola trifogliata come le altre; ma però più piccola,

sporgente al disopra del capolino perchè così appare

soltanto quando la pianta artificialmente si distende

sopra un piano per farla essiccare.

Perchè il trifoglio sia stato scelto come modello

per i mattoni è difficile spiegare. Forse, si dirà, per

le movenze del suo fusto, o per l'eleganza della

forma; ma io penso invece che fu scelto perchè sin­

tetizza il prato, il fieno, il nutrimento degli animali

* i

* I i

1

I

Dei frutti che io chiamerò minori, di quelli cioè

d* presentano scarso valore alimentare, come sa­

rebbero: Pesche, Prugne, Nocciole, Ciliege, Nespole,

bugole. Noci, ecc., i fornaciai medioevali piemontesi

non tennero conto, e però non li riprodussero nei

"tttoni; e ciò si comprende, perchè tali frutti non

«titano il desiderio di chi sente gli stimoli della

fané, o anche di chi semplicemente è torturato dal-