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I MATTONI CARPOLOGICI PIEMONTESI
CASTAGNE.
—
Sant'Antonio di Rio Inverso, ecc.
MELE -PERE. — Valperga, Sant'Antonio di Rio Inverso.
TRIFOGLIO.
— Museo
Civico di Torino.
Parte delle fotografie dei Mattoni carpologici, qui
illustrati, fu tratta dai materiali interessantissimi con
servati nel Museo Civico della Città di Torino: altre
fotografie furono eseguite da esemplari della mia
collezione; alcuni mattoni furono fotografati in posto.
Le fotografie furono eseguite dal
Cav. Petrini.
Cordialmente ringrazio il Dott.
Viale,
Direttore
del Museo Civico, che mi ha cortesemente concio
le fotografie dei mattoni conservati nel Museo.
Al
Conte C. F. Trossi,
proprietario del Castdio
di Gaglianico; al
Grand'Uff. Cesare Armandis di
ftne»
rolo:
alla memoria del compianto mio amico Dottor
Gustavo Couvert di
Suso, mi è grato dovere rivolgere
fervidi ringraziamenti per la cortesia colla quale vol
lero far eseguire alcuni calchi di interessanti mattoni
carpologici; all’avvocato
Pia
che mi ha concessole
fotografìe riprodotte nelle due tavole esprimo
b
mia gratitudine.
O RESTE MATTIROtO
N O T E
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(1) Ricci Corrado, Prefazione all'opera del Ferrari (v. bibliogr.).
(2) Del resto è cosa nota come la mancanza di pietre da taglio
avesse anticamente consigliato altre Nazioni all'impiego dei laterizi.
Gli Assiri, ad esempio, usavano mattoni a volte verniciati nelle
costruzioni e ornamentazioni dei loro vasti palazzi e dei monumen
tali loro templi piramidati.
(3) Tutto il basso Canavese. ad esempio, era allora coperto da
una vasta rete di boschi. La Silva Foghzza (Fulhcia), la Silva Vouda,
la Silva Vulparia o Vulptna. la SiIva Gerulfia nella quale San Guglielmo
di Volpiano aveva fondato la celebre Abbazia di Fruttuaria; le Selve
Biolleto, Torfa, Campiglio, ricordate negli Statuti da cui ebbero il
nome Foglizzo, Volpiano, La Vouda, ecc.. coprivano terre oggi colti
vate. Le Langhe erano esse pure coperte da selve millenarie delle
quali è fatta menzione in molti diplomi dell'imperatore Ludovico III
(902), di Ottone I (969). delta Marchesa Adelaide (1089). Nelle colline
dell'oltre Po Torinese a N.-E. di Bardassano e di Gassino la maestosa
Silva Salso di cui parla un diploma di Ottone III (7 maggio 999).
Nel Vercellese un altro Precetto Ottomano segnava la Selva Roa-
senda (1° nov. 1000). ecc. Altre selve immense sono ricordate nel
Saluzzese, nel Cuneese. nel Pinerolese. nell’Albese. ecc. (v. Gabotto.
loc. cit.).
(4) Che io non esageri lo prova il fatto che questo periodo non
è parto di fantasia, ma è copiato dal lavoro di uno storico attendi
bilissimo (cfr. F. Gabotto, L'Agricoltura nel Saluzzese dal secolo XI
ol XV, pag. C X I).
(5) Della prima parte del Tacuinum Sonitatis è autore il me
dico arabo Ebu Djezlen (Aboul Hassan Ali ben Issa ben Djezla
el-Kateb el-Bagdadi). Essa fu tradotta dall'arabo in latino circa
il 1296 dall'ebreo Ferraguth, il quale ciò fece per ordine di Carlo
D’Angiò. La seconda parte è opera di un altro medico arabo Abu
ben Hasym de Baldach, ossia (secondo il Ledere) Eben Bothlan; fu
pure voltata in latino dallo stesso Ferraguth. Innumere sono le
copiature e quindi più tardi le edizioni di queste specie di enciclo
pedie illustrate dalle quali si originarono poi gli Erbarii ed i Bestiarii,
i Grandi Herbiers francesi, e Greot Herbals inglesi. I Taccuini più o
meno modificati furono i libri classici di scienze naturali del Medio
evo e ancora del Rinascimento (C. Carbonelli, Comenti sopra alcune
miniature e pitture italiane a soggetto medico, Roma. 1918).
(6) Il fagiolo (Phaseolus vulgaris L.). che per lungo tempo fu
creduto essere specie proveniente dalle Indie, è invece di sicura
origine americano, siccome hanno esaurientemente dimostrato le
ricerche di Asa Gray, Trumbull, Kdmicke e Wittmack e del Dottor
Bonnet. In Europa il fagiolo la prima volta venne figurato nel 1542
daTragus e Fuchs che lo indicarono sotto i! nome di Smilax hortensis.
Il nome di fagiolo (Haricot) comparve la prima volta, nel senso di
legume, nel Lessico di Oudin, nel 1640. Per lungo tempo esso non
venne usato altro che sulle mense dei ricchi.
Interessantissime sono le ricerche archeologiche di Wittmack
e del Capitano Berton, nel Perù, neH'Arizona, nell'Utah, che dimo
strano l'uso del fagiuolo nel periodo precolombiano in America.
Notisi che in Italia invece dei fagioli veri, che ci vennero dal
l'America, si usarono sempre i fagioli deil'occhio. ossia di Dolichos
metanophtalmus.
Un confronto fra le condizioni dietetiche medioevali e quelle
verificatesi dopo ta scoperta dell'America, desterebbe ur sentimento
d>compassione profonda verso i nostri miseri coltivatori medioevali.
(7)
La necessità di accordare il massimo rilievo alle foglie e li
frutti rappresentati nei mattoni, e quella di uniformarli a un dtt
tipo di ornamentazione architettonica, associata alla stessa inapt
citi e rozzezza degli operai esecutori delle forme, sono stata li
cause della produzione industriale di certi mattoni carpol#i
enigmatici, che si presentano come veri indovinelli. La sokata*
dei quali può esserci concessa soltanto da un'attenta, accurata tao
stigazione. Ricordo fra gli altri, tre mattoni: uno della casa
di
•
Mercanti a Torino, l'altro del Castello di Gaglianico, e l'ultimota
Castello di Ozegna, la cui interpretazione fu davvero assai laborin,
tanto che ero stato condotto a pensare che i fornaciai avessero,ff
ottenere effetti ornamentali, associato ad un tipo fogliare tata
derivati da un'altra pianta, siccome si osserva in alcune xila0£
di libri di Storia Naturale del XVI e del XVII secolo e nei coti t0
mostri e droghi, ecc., composti artificialmente e fabbricati con «to
nali tolti da differenti animali, legati e incollati assieme (v. Qta*
Aldrovrandiana De Monstris, e i cosi detti basilischi illustrati conta*
dovizia di particolari da Achille Forti, e le note mistificazionifta
ponesi).
(8)
Nè soltanto le soldataglie straniere e paesane dii
immiserivano il povero popolo piemontese, ma le
lotte furiose fra i nobili, le epidemie rendevano i tempi
mente infelici per pubblica miseria, chè la storia non ne v.
altri uguali!
•Accennerò alle leggendarie guerre fra i San Martino, i Vtaj
i Bandrate nel Canavese. che rovinarono i principali castelli fi
mentre il Tuchinoggio sul finire del secolo XIV vi compiva Capì
distruzione.
Nel Canavese come nelle altri parti del Piemonte la sufi
del terreno coltivato si riduceva ad una estensione minima; pH
anche le colline erano coperte da boscaglie, pochissime
eta
case spane nella canjpagna e gli scarsi abitanti
sopra qualche colle atto adessere difeso, de
scoti vivevano rannicchiati nei ricetti, in miserrimi
di paglia addottati al castello del feudatario
• difesa, o talora invoce per essere depredati anche detta tal