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I MATTONI OMOLOGICI PIEMONTESI

F *. 3.

Figg. da I a 3.

- M attoni cho Hpn É n w ii

i

«o ri

m—

d ii

41 Zucca

fornaciai; e finalmente per dimostrare gli evidenti

errori nei quali sono incorsi molti scrittori di cose

d'arte vedendo in questi tipi di mattoni ogni sorta

di rappresentazioni floreali, ma non la vera.

La zucca, «

pasto di gente vile

» cosi la disse il

Pisanelli, era, come documentano gii Statuti, in

abbondanza coltivata in Piemonte (Carmagnola.

Ivrea, ecc.) unitamente ai citrioli, anche questi

«cibo

per le genti rustiche

».

Certamente te zucca, per quanto io sappia, non

hamai figurato come simbolo religioso!

Assai curioso e probativo mi sembra essere il

feto che certi mattoni (a Torino, ad es.. nella casa

di via Mercanti al n. 7: v. fig.) rappresentereb­

bero, secondo il mio mododi vedere, inveceche fiori

«toschi, fiori femminei di zucca (cioè fiori Mi quali

l'ovario va sviluppandosi in un piccolo frutto; assai

usato nell’alimentazione sotto il nome di

zucchette

e

che per alquanto tempo rimane sormontato quasi

coronato dai residui del fiore.

Però, non insisto su questa mia identificazione,

perocché si potrebbe ritenere che o questo mattone

riproduca un frutto di granato (

Punica granatum

L.)

che pure era allora coltivato in Piemonte, od un ovario

di

Nimphea

od anche un frutto capsulare di

papavero

;

ma con queste interpretazioni non si accordano anche

lontanamente le forme delle foglie che invece confor­

tano la interpretazione mia, che cioè voglia il mat­

tone ricordare le zucchette.

Lo stesso tipo di mattone fu da me anche osser­

vato a Chieri.

VIC1A M M • Fava.

Questa rappresentazione carpologica (v. figure)

che. secondo il mio modo di vedere, può interpre­

tarsi come quella dei baccelli di una

fava,

completa

la serie dei vegetali eduli figurati nei laterizi pie­

montesi.

Devo però riconoscere che a questa interpreta­

zione si oppongono particolari che la rendono dub­

biosa:

1° Il tipo fogliare non è quello composto con

2-3 paia di foglioline proprio della fava; ma è simile

al tipo che i fornaciai attribuirono, per comodità di

lavoro, a quasi tutte le specie di piante da loro model­

late (si confrontino le figure).

2° La forma dei legumi a.

e attaccati ad un

pedicello che procedendo dal caule si annoda a metà

del corpo del baccello, non è certo quello basale

caratteristico della fava; però su uno dei mattoni

fotografati si notano piccole depressioni o strozza­

ture che corrispondono a quelle che si incontrano

nei legumi della fava tra un seme e l'altro.

Comunque, ripeto, io non saprei vedere nel ri­

lievo del mattone altro che l'intenzione del model­

latore di aver voluto rappresentare qualche cosa che

potesse ricordare il prezioso vegetale allora, assai più

che oggi, usato largamente.

Per ciò che si riferisce alla fava come nutrimento

troviamo fra i medici antichi che si occupavano di

dietetica, molti detrattori del suo impiego alimentare,

e pare non avessero tutti i torti.

La fava, « buona soltanto nei tempi freddi per le

genti rustiche», è addirittura accusata di «essere causa

di pazzia», di *fàr stupidi I sensi», ecc.. opinioni

che gli antichi deite Scuola Salernitana sintetizzarono

nei noti versi:

Stuttorum copn crcscit.

Simeone Seth cosi si esprime circa l'influenza che

le fave eserciterebbero sulle facoltà intellettuali di

coloro che resoirano l'aria dei camoi dove esse ven-

gono coltivale.

«...qu i diutìus in locis, ubi plurima (fàbae) no-

scontar vcrsontur fncfiton hcòctcfnoòtusoftHjuc