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Fig. I.

del quale seppero ottenere varietà squisite. Pier De

Crescenzi tratta a lungo di queste culture (Cap. VI,

pag. 313, Giunti, Fir. 1605).

Il carciofo (secondo gli studi di Targioni-Tozzetti

e di altri Autori), comparso probabilmente per

muta­

zione

dal cardo, fu notato soltanto nel XV secolo.

Nei giardini di Toscana comparve nell'anno 1466 da

piante coltivate fatte venire da Napoli a Firenze da

Filippo Strozzi; mentre Ermolao Barbaro nel 1493

ne ammirava una pianta a Venezia; e 60 anni circa dopo

(1557) Matthioli già lo diceva abbondante in Toscana.

Anticamente si coltivavano i cardi anche per

mangiarne i rigetti o polloni, che imbiancati, addol­

citi. resi teneri coll eziolamento, rincalzandoli colla

terra, costituivano i così detti

cordoni o carducci o

cardi;

oppure usavano sotterrarli quando erano già

grossi ripiegandoli (pratica già accennata da Teofrasto,

Ateneo. Palladio) e costumavano mangiarli nel modo

stesso che facciamo oggi. Chi non conosce in Pie­

monte i celebri cardi di Chteri? I cardi curvati erano

noti sotto il nome di

gobbi.

Gli antichi erano ghiottissimi dei cardi dei quali

usavano quella parte basale del ricettacolo carnoso

I MATTONI CARPOLOGICI PIEMONTESI

Nelle nostre Alpi ancora oggi, come osservò lo

Chabert, si mangiano le faggine nei periodi alimurgici,

e quindi è ragionevole pensare che si utilizzassero a

questo scopo anche nel Medioevo.

CYNARA CARDUNCULUS L. •Cardo •

Picm .:

Card.Cardun.

CYNARA SCOLYMUS L. • Carciofo • M «n .: Articioc.

Le varietà ottenute colla cultura del

cardo

selva­

tico

(Cynara cardunculus

L.), indigeno delle regioni

circummediterranee, furono considerate come ali­

mento assai pregiato sino dai tempi greci e romani.

Nel Medioevo erano usatissimi.

L ’antichità però ha conosciuto e coltivato il

solo

cardo, non il carciofo.

Di tutte le

Carduacae

selva­

tiche le popolazioni povere mangiavano oltre le

foglie, anche i capolini, che oggi si lasciano da parte

perchè duri e di piccole dimensioni; mentre invece

mangiamo e ricerchiamo i capolini di una speciale

varietà coltivata, ossia i

carciofi

(Cynara Scolymus),

che le popolazioni medioevali ancora non conoscevano.

Del resto già i Romani, al dir di

Plinio.di

Varrone,

Columella, coltivavano largamente il cardo selvatico

dei fiori: il

girello.

Oggi sono ricercatissimi invecei

girelli dei carciofi, che si fanno anche essiccare; e

dei carciofi si mangiano pure le basi delle squame

calicine del peridinio condite con olio, aceto e sale.

Ai cardi, ma più specialmente alle loro foglie,

non si può negare quella mirabile artistica, graziasi

movimentazione di forma che fu così cara agli artisti

gotici. Questa però non fu compresa dai fornadii

piemontesi, i quali, modellando i loro mattoni, dit-

dero alcune volte alle foglie dei loro cardi (nettamente

riconoscibili nei capolini) la forma della foglia dell*

quercia.

Intorno ai giovamenti e ai nocumenti dei cardi

che erano ritenuti

caldi nel secondo grado

e

secchi

fld

primo,

scrissero i dietetici ogni sorta di panzane.

Galeno però poco stimava i cardi, perchè di essi

lasciò scritto (Lib. Il

degli Alimenti):

«

Pravi succi

est

edulium

».

I cardi e i carciofi si mangiano cotti e croé.

II carciofo non è (come si è detto) una specie

distinta, come riteneva Linneo, ma una varietà del

cardo, ottenuta per cultura dal talento e dalla

pra­

tica dei giardinieri italiani del XV secolo.

La differenza fra cardo e carciofo consisterete

in ciò. che il cardo presenta,

in generale,

foglie spi­

nose, mentre il carciofo non ha foglie spinose; Hi

questa differenza non è costante, perchè il millenario