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Che i modellatori abbiano inteso glorificare com­

plessivamente i materiali allora usati nella panifica­

zione, non vi può essere dubbio; il dubbio invece

preoccupa il botanico quando si trova costretto a

determinare le Graminacee che essi intesero rap­

presentare.

I mattoni di S. Francesco di Susa, ad esempio,

presentano la figura di spighe; ma se in alcuni di

essi, ponendo attenzione alla lunghezza della spiga,

alladisposizione distica delle poche spighette aristate,

si può pensare di riconoscere l'orzo, altri invece

porterebbero a ritener# che invece la segale (siligo)

sia stata la specie voluta ritrarre dal modellatore,od

«oche il frumento.Che si tratti peròdi unaGraminacea

edi unaHordeocea è cosasullaquale non vi può essere

discussione.

Certo è che la segale sovratutto. l'o r» ed anche

flfrumento (nel perìodo di tempo da noi considerato)

•ano coltivati ovunque in Piemonte per far pane,

la segale nd piano; l'o r» nelle regioni alpine.

culturale

della patata e del mais americani) conside­

rate come alimenti della massima importanza.

Lo attestano gli Statuti, i Taccuini, i libri di

agricoltura e di dietetica, nonché le opere degli

artisti che amavano riprodurle nelle inquadrature,

nei festoni legati coi laccioli a disco (14), come

fecero S

quarcione, Schiavone, Marco Zoppo, Giovanni

da Pisa, Niccolò Pizzolo, Vivarmi, Carlo Crivelli, Man-

tegna, Giovanni da Udine, i Robbia, ecc.,

intrecciandole

colle frutta e colle fronde, come fece anche

Donatello

nell’Altare del Santo, e come usarono nelle

Loggie

di Raffaello

i suoi discepoli.

Ma qui desidero ancora accennare ad un'opera

di scultura del XIII secolo, perocché, meglio di ogni

documento scritto, dimostra l’importanza dietetica

delle rape anche in Toscana.

InArezzo, sul Portale mediano della celebre Chiesa

di Santa Maria della Pieve, corre un fregio nel quale

furono rappresentati i momenti più caratteristici e

più importanti della vita agricola, condensati in 12

sculture, quanti sono i mesi.

Il

Novembre vi

è rappresentato da un contadino

che raccoglie le rape, le quali vi sono scolpite con la

radice coniforme tripartita, sormontata da tre foglie

in modo identico al rilievo dei mattoni di Pinerolo.

Forse allora non era noto il tipo napiforme delle

rape oggi coltivate.

La curiosa scultura nel suo ingenuo primitivo

sapore artistico non solo dimostra l’importanza ali­

mentare che avevano le rape in Toscana nel XIII se­

colo, ma é la prova che la coltivazione ne era così

ampia da assurgere a simbolo della produzione agri­

cola autunnale.

I MATTONI CARPOLOGICI PIEMONTESI

Notisi che il frumento in Piemonte, solo a par­

tire dal XII secolo (v. Statuti vari), andò mano mano

sostituendo la segale che costituiva dapprima l’ele­

mento principale della panificazione.

L ’orzo, fra tutti i cereali, sembra essere il più

anticamente coltivato, per lo sviluppo suo rapidis­

simo, per il rendimento doppio di quello del fru­

mento (quantunque abbia un valore alimentare molto

minore), e per l’adattamento alle regioni fredde.

Ancora nel XVI secolo, in Piemonte, il pane di fru­

mento si consumava soltanto sulle tavole dei ricchi

e la massa della popolazione viveva d’orzo e di segale,

che furono i cereali maggiormente coltivati in Pie­

monte. per la loro rusticità e la resistenza al freddo.

L'uso generale del frumento non venne che molto

più tardi.

La segale che i Romani, al dir di Plinio (N. H.

XVIII. 40). conobbero solo quando iniziarono la con­

quista delle regioni subalpine, non è nemmeno men­

zionata dai geoponki (Catone, Vairone, Columella.

Palladio). Pare anche, come si rileva dai Rotoli della

Catte!lania di Moretta (Sakizxo). esaurientemente illu­

strati da Eugenio Olivero (I29S-I362)* che in Pie­

monte si coltivasse anche il farro (forrum) o far (già

menzionato anche nella Bibbia, al quale i Romani

davano il nome di Tiitìcum

Ador

o di Seme*

Adorem).

caratterizzatodaUecariossidi vestite, cioètenacemente

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