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I MATTONI CARPOLOGIC.I PIEMONTESI

i *3

piscioni cns nconssno i Legumi

q v iii

ea videlicet de causa, quoniam mali vapores et fere

pestilentes ex his in ambientem acrem distribuntur qui

continue inspiratus cerebri temperaturam subvertit, qua

subversa rationales quoque facultates hebetes fiunt»

(loc. cit., pag. 127).

Queste cose che, a prima vista, parrebbero curiosi

parti di superstizione hanno purtroppo una ragione

innegabile.

I

moderni hanno di fatti riconosciuta l’influenza

morbosa derivante dall’uso di certe varietà coltivate

specialmente in Sardegna ed in Sicilia; hanno creato

il nome

fabismo

per indicare la

sindrome fabacea

che

alcuni vogliono di origine

anafilattica,

mentre altri

la vorrebbero derivata dall'azione di glucosidi del

tipo di quelli cianogenetici.

Malgrado questa azione che può essere origi­

nata dall’uso di certe varietà di fave, è pur vero che

l’uso di questa leguminosa alimentare fu notevolissimo

nei tempi passati in Piemonte, e lo è tuttora in Italia

specialmente nelle regioni del litorale mediterraneo.

La coltivazione delle fave è antichissima; semi di

favesi sonotrovati nelle stazioni lacustri della Svizzera.

La Bibbia ne fa menzione nei libri dei Re. nelle

Profezie di*Ezechiele. Omero ne parla distinguendone

due varietà di color nero. Gli Egiziani però la riguar­

davano come alimento impuro. Pitagora ne aveva

interdetto l’uso ai suoi discepoli

Del

fabismo

hanno trattato Erodoto in Egitto e

Pitagora; e nei tempi moderni sono molti gli Autori

che si occuparono di questa speciale malattia oggi

sporadicamente limitata in Italia alle provincie di

Mantova, Pisa, Roma, nella Calabria e nella Basili­

cata, e nell’india.

In

Sicilia ed in Sardegna

in

primavera si notano

motti casi di fabismo (Ferrarmi).

Secondo gli studi di questo Autore e quelli molto

concludenti della distinta Professoressa Èva Mameli

Calvino, questa malattia che alcuni intendono classi­

ficare per

anafilassi

e altri ad un tipo speciale di infc»

zione, si riterrebbe dovuta ad una sostanza che si

forma

in via transitoria

nelle fave coltivate e che pro­

duce fenomeni abbastanza inquietanti negli adulti

(febbre, disturbi all'apparato circolatorio e di quello

digerente, alcune volte letali nei bambini), la quale

presenta reazioni dei glucosidi cianogenetici.

Si tratterebbe per la fava (e specialmente per

alcune sue varietà coltivate in Sardegna) di fenomeni

morbosi analoghi a quelli già da tempo noti e studiati

in molte specie di piante quali:

Phaseolus lunatus, Sor-

ghumvulgare, Glyceria aquatica, Lathyrus sativus.Ervum

Ervilia, Lupmus,

e tante altre piante (sommanti oggi a

più di 300 conosciute), dovuti aglucosidi cianogenetici.

Questi principi si formerebbero nei petali, negli

ovari, nei frutti. La transitorietà della presenza di

questi principi velenosi, secondo le ricerche della

Prof.ssa Èva Mameli, starebbero in rapporto colla

temperatura e coll'azione dei raggi solari.

Se poi la.fava non è cosi innocente come general­

mente si crede, ha invece una notevole importano

agricola paragonabile a quella dei trifogli e dei lupini,

per ciò che migliora il terreno nel quale si sviluppa,

abbandonandogli gli azotobacterii radicali contenuti nei

suoi tubercoli, utilizzabili come materiale concimante.

Già i Romani, colla semplice osservazione pratica,

avevano notato questa proprietà (comune alle legu­

minose) la cui azione fu dimostrata pochi decenni

or sono dalla Scienza sperimentale moderna. Plinio

illustra l’influenza della fava sul suolo in cui cresce

con queste parole: «

Solum in quo

(

faba) sata est

laetifìcat stercorisvice» (Hist. Nat.,

Lib. XVIII. Cap.XII,

1°, 10), mentre dice del lupino:

« Pinguescere hoc

satu arva vineasque...

» (ivi, Cap. XIII).

P IRU S M ALUS L. • N RU S COMM UN I* L . - H w w l j

Una vera frutticultura intesa nel senso di un’arte

dedicata alla produzione di nuove varietà di piante

fruttifere o indirizzata al miglioramento delle varietà

coltivate, non si ebbe in Piemonte che in tempi rell*

tivamente recenti, come ho dimostrato nel mte

studio

Sulla Frutticoltura in

Piemonte (v. bibliogr."

Nel Medioevo, come si rileva dall'esame

Statuti e da quello dei documenti dell’epoca, la <

tivazione dei Pomerii o Pomarii vi era estesissima. <

vi si coltivavano specie contemplate e raccc

dai

Capitolari

di Carlo Magno e specialmente in

contenuti nel

De Villis

et

Cortis Imperialibus,

che ir

raggiavano la cultura delle varietà di frutta

duh

cocaores, serotini

meglio adatte ad essere cc

crude o cotte o pregevoli per maturazione tardi

Tutta una

serie

di

disposizioni

a

tutela della .

prietà e di pene erano comminate negli Statuti '

coloro che

malo animo

danneggiassero alberi

feri. Essi venivano puniti, con ammende assai

colla frusta e magari anche colla forca, previo :

il risarcimento dei danni.