I MATTONI CARPOLOGICI PIEMONTESI
speciale nell'Emilia, a Bologna, a Ferrara, in Toscana,
in Lombardia, quali ornamenti delle cornici dei portali,
delle finestre, delle case medioevali, dove i mattoni
modellati riproducono motivi geometrici, floreali,
palmette, ovuli, festoni e financo tondi e sculture
varie, quali conchiglie, figure fantastiche di animali,
medaglioni riproducenti figure umane, chimere, ecc.
I
motivi floreali furono però nella massima parte
creazioni della fantasia, reminiscenze di sculture go
tiche primitive, ma da queste differenti per ciò che
i modelli non erano tratti dalla osservazione diretta
delle piante in natura, come operavano gli scultori
gotici. Le foglie ricordano, è vero, le forme di quelle
delle ombrellifere e degli acanti; ma si presentano,
esageratamente rigonfiate nella loro parte laminare,
per dare ai contorni dei modello maggiore risalto
di ombre e di luce. L ’artista ricercava l'effetto senza
preoccuparsi del vero.
Così si operò neH’Emilia, a Ferrara, ecc., dove
l’ornamentazione coi laterizi raggiunse mirabile per
fezione tecnica creando modelli impareggiabili per
gusto, finezza e magistero d'arte.
In Piemonte invece le cose procedettero in un
modo assai diverso dalle altre regioni d’Italia.
La mancanza di mezzi, la difficoltà dei trasporti,
la impossibilità di poter allora disporre di materiali
quali marmi, metalli, pietre da taglio, non conce
dendo ai costruttori l'impiego di mezzi varii per
colore e per armonia di luci, essi dovettero adattarsi
a costruire col materiale che le argille abbondanti
largamente concedevano, e che la dovizia di combu
stibile permetteva allora di cuocere a gran fuoco e
rendere resistentissime all'azione del tempo.
Le argille di
Pianezza, Castellamonte, Beinasco,
Moncalieri, Trofarello, Carignano, Alba, Asti,
ecc., è
lecito supporre che fossero allora intensamente usate
come lo sono oggi.
Forse non solo la ragione economica fu che in
dusse alla scelta della
terracotta
come materiale di
costruzione e di ornamentazione; ma anche la tradi
zione ebbe certamente la sua importanza; perchè i
Romani nel Piemonte avevano pure fatto largo uso
e con ottimo esito di tali materiali, come lo attestano
i relitti dei loro maestosi edifici (Porta Palatina, ad
esempio) (2).
Malgrado queste condizioni propizie al loro im
piego in Piemonte l’uso dei laterizi ornamentali e
delle ceramiche in genere ebbe tardo sviluppo e vi
si mantenne per lungo tempo nelle forme primitive.
I
mattoni ornamentali modellati e stampati com
parvero bensì, ma rozzamente lavorati, riproducenti
motivi tratti solo in parte da fantastiche creazioni
floreali, ma nella parte maggiore dalle specie volgari
di piante in uso nella alimentazione popolare rappre
sentate coi loro frutti.
Queste terrecotte piemontesi modellate ci appaiono
quindi come la materializzazione di un inno ai frutti
della terra, come una glorificazionedi quanto è stato
concesso aH’uomo per nutrirsi.
Questa interpretazione delle rappresentazioni car
pologiche dei laterizi piemontesi che non è stata mai,
prima d’ora, considerata (per quanto io mi sappia)
dagli archeologi e dagli artisti, usi a ragionare
dal
punto di vista dell’arte e dell’archeologia, desta in
vece nel botanico, abituato alla osservazione dei vege
tali in natura, un interesse speciale e lo costringe
a
ricercare il perchè di una tale celebrazione carpok*
gica, limitatasi si può dire ad una sola delle regioni
italiane; mentre in ben altro modo nelle altre regioni
artisti quali:
Sperandio Mantovano, Biagio Rossetti,
Giovanni Battaggio, Caradosso, Agostino De Fondutis,
Alfonso Lombardi, Rinaldo deStauris,
ed altri, si compia
cevano di modellare e fissare nei laterizi figure floreali,
simboli pagani,figure umane,chimere, ecc., che incor
niciavano graziosamente, lavorando di stecca nell’in
tento esclusivo di concedere diletto agli occhi
e
dignità all'arte.
Perchè i fornaciai piemontesi non seguirono il
loro esempio?
Perchè si ridussero essi, nella maggior parte dei
loro prodotti, a sviluppare invece un tema unico,
affaticandosi in un così limitato campo di azione?
La risposta a queste domande appare evidente.
Che la glorificazione dei principali elementi di
sussistenza popolare sia stata il movente di queste
ingenue manifestazioni d’arte fissate nei laterizi, ap
pare quando sulla scorta dei documenti storici si
studia quali fossero le condizioni nelle quali si svolgeva
la vita dei coltivatori piemontesi nel periodo medioe
vale e come si effettuava la loro alimentazione.
L ’arte laterizia piemontese integra i documenti
affidati alle pergamene, agli antichi statuti, reca luce
intorno alle condizioni nelle quali era costretto a
vivere il popolo nostro.
Nel periodo medioevale, e si può dire sino ancora
nel XVI secolo, quando per opera di
Emanuele Fili
berto
il Piemonte, sollevato a dignità di Stato indipen
dente, si avviò sulla via del progresso civile, il suolo
era coperto ancora da vastissime estensioni di foreste
e di boscaglie (3).
Roveti, gerbidi, vincheti, cardeti,
sterpeti, gorreti, paludi,
ecc. coprivano aree immense
dove vivevano e si moltiplicavano animali selvatici
e feroci, pericolosi aH’uomo, disastrosi per l’agricol
tura (cervi, cinghiali, lupi, volpi, tassi ed orsi nelle
regioni alpine).
Gli effetti delle invasioni saraceniche così palesi
ancora nel secolo XIII resero il Piemonte in gran parte
spopolato fino anco nel XV secolo. Le condizioni dei
lavoratori del suolo erano tristissime.
La*scarsa popolazione agricola si addensava
tutta
nei villaggi e nei luoghi cinti da mura, o almeno
da
balfrtdi t
da
fossati
spesso protetti da castelli
forti
muniti dei
ricetti;
e ciò perchè sovrastava continua
la Minaccia di ostili sorprese. Le guerre, e nel tempo
di pace i masnadieri e le incursioni rendevano
mal*
sicuro lo star fuori dei luoghi fortificati.
Le famiglie vivevano ammassate in unao due
dormendo alla rinfusa maschi e femmine, genitori «
figliuoli, padroni e bifolchi, fratelli e sorelle
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