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i i giocoforza ilire ehi il miti ini in, inriunii) inme

il

ri ilnl filosofo /iiimuntesi■, hit ilntn /ihmunente

/. »in

ii

quest'ultimo, enntm il fratello il'mi inni i ili

n: ’ii liijure.

. proprio tome tirriene tra fratelli, non ri fu seni/ne

tf min tra i due, ehè anzi ri furon momenti ili aspra

i . ra tensione.

' "s), nel *1S — quando il Gioberti si ineontrò — dopo

"rara » a colloquio col Mazzini, mio storilo dtl

hi, fin ebbe a dire che il colloquio si chiuse » nei limiti

ihil'urbanità ». Paride che — direbbe Ibiute — ■ san ili

finii agrume ».

Sé finterà — chi ben consitleri — essere altrimenti.

Kmn ili fronti due mentalità, ilue temperamenti dissi­

mili. Mazzini — serire al riguarda in un nnterole

Saggio

sii

Gioberti il tinnii — «rigido nella sua conce­

zioni moralista non poterà comprendere la profonda

ilnllilita del Giubati, risoluto a trar profitto ila tutte

h energie nazionali per la risurrezione d'Italia ».

I.'antitesi ilei pensiero giobertiano colla ideologia

mazziniana raggiunse l'acme nel ' 4!»: non per il con­

tili ntn

ma per il mettalo. Entrambi combatterano la

Ininna battaglia » ma l'uno sul terreno politico i mi­

nini ai! una confederazione: l'altro a la repubblica:

l'a un— il Mazzini — areni fede cieca nel popolo, l'altro

asserirti che intesta era una illusione, non una realtà.

.1/ tre postulati ereditati dalla Riroluzione francese

di II'AH (libertà - uguaglianza - fraternità) sbandierati

ilnl Ligure il Piemontese opponera con stringente dia-

Uttica: la libertà essere ili per se stessa un concetto

in liutini, un'astrazione assai ruga, salrtt risalire alla

h>/</» che la prniluce e ileterinina: /'eguaglianza ripu­

gnare all'idea d'ordine e armonia e alla rarietà che

r>limino in natura; quanta poi alla fraternità si espri­

mila testaalmente: » Se quelli che si empiuti la bacca

ili tal parola sonora — messi in ilisparte i fiori rettorici

• le tenerezze — potessero riuscire a provarmi che gli

mini son renimente fratelli, io sarei ilispasto a mia

<•"Ita a non aprir più btx'ca in eterno ».

Etl aggiunge non senza un'intima amarezza: « Ma

•■»/ inni lo faranno: non lo potranno fare...".

E in questo — ahimè, purtroppo! — areni ragione

filosofo « ra les lu vita a tuti % come di lui ebbe

trzosamente a dire Vittorio Emanuele I I , dopo arer

■ to il libro di lui: II Rinnovamento.

Eppure ci fu tempo in cui i due « apostoli » della

ita e indipendenza italiana agirano e sentirono al­

tiisono. E anche oggi — a tanta distanza di tempi

li trenti — non si leggono senza un fremito parole

• spirano si cordiale mutua comprensione. Il Gioberti

itera ai compilatori dello statuto della Giurane Italia

'••ra sorta: « Amatemi come uno sconosciuto che —

lisa la debolezza delle sue forze — non può promet­

ee altro (ma questo re lo prometUt francamente) che

’ta costante disposizione di morire con roi — se v'ha

uopo — fier la comune patria ».

mai

in

seguito, asserisce il citato Gentile, il Gio­

iti si

oppose al

<•

democraticismo

«

mazziniano per

• gare

una parte o l'altra del suo

contenuto

positivo,

»mnefere una concezione più filosoficamente rompati

a

>più

stornamente concreta.

Entrambi credenti, ma l'uno mistico l'altro religioso:

l'uno, il Mazzini, seguace ili una fede senza riti,

l'altro discinto in un ortiine religioso: l'uno, sempre

il Mazzini, conrinto che le Rivoluzioni capaci di tiare

un " iiorus orilo » partono titilla massa, dal popolo;

l'altro, il Gioberti, più realista e meno sognatore, che

soltanto le »élites » possono tiare un indirizzo alla cosa

pubblica ed inalveavi' i mol imi itti (altrimenti scomposti

t ratti) delle masse.

Ma il Gioberti — e in questo ci par ili ridere i due

illustri patrioti stringersi con effusione la mano —

esclama a nn determinato liminentn: « Il ftopoln è fit­

timit delle leggi e della ingordigia ilei potenti etl è

spinto al delitto dalla schiaritii e dal triste stato ili

ignoranza in cui fu tenuto ».

Ebbene, il po/mlo dire essere redento dal nostro

amore! ■>.

L'autore del Primato, al quale il costituirsi del­

l'Italia in un solo Stato apparirti cosa bellissima, sì,

ma chimirica, utopistica: mentre essa poterasi colle-

gare in quattro monarchie cirili, Piemonte* Toscana -

Roma - Napoli a meno che non fosse possibile — allo

staio delle cose — « mutare i pigmei in giganti »: il

filosofo, che contro agli unitari predicarti il suo « credo »

federatiro . che — solo — avrebbe attuato la formazione

tli un popolo cosciente ili sè e atto a raggiungere la

mèta prefissatagli dal Mazzini: il Gioberti, infine, si

dorerà trorarc in una logica, conscgr • ;imitabile

» concordia discors » col fervido agitatori getmrese.

Se non che i due tenaci e strenui lottatori, se ebbero

molti fiunti di somiglianza ed altrettanti di dissomi­

glianza, dorerait poi arer comune il destino ili morire,

prima di ridere compiuta l'opera per la quale arenino

speso le maggiori e migliori energie dell'intelletto e del

cuore.

Più arri attirato del Mazzini, il Gioberti potè —

come Ministro — attuare in parte i postulati della

sua profonda dottrina ed agire su quel terreno pratico

in cui la sua filosofia si inverava e dalla cattedra, dai

libri, entrava nella vita della Xazionc, elemento crea­

tore ed integratore.

Xè il Gioberti filosofo fu men grande del Gioberti

realizzatore.

E finirono esuli entrambi. Il Gioberti morì nrl 1852

a Parigi, in un modestissimo appartamento in Rite La­

fitte: il Mazzini esule volontario in Pisa, ospite del

Xathan, nel 1872.

Amiamo credere che l'ultima ora tli quei due sarà

stata consolata dalla serena visione di un'Italia quale

quella di cui ora andiamo fieri: una • rispettata •

amata - temuta.

L i gloria dei due agitatori si può ben dire tutta

postuma; e vieppiù destinata ad aumentare in ragione

del germogliare e crescere e vigoreggiare in pianta

della buona semente — /'Idea — lasciata cadere sii

terreno ferace e fecondato in tanto sangue di eroi e

di martiri.

Avrebbero essi potuto ripetere di sè — mentre rire-

vano — le parole di Fetirriro Srkiller: «

Cittadini, noi

viviamo tra eoloro che verranno ».

GIUSEPPE SOAVI