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tato di un trasferimento sollecitato da precise dispo-

sizioni municipali, adducendo motivazioni quali la

salvaguardia dell'igiene pubblica (per le concerie) o

il controllo sulle scorte del preziosissimo combusti-

bile ligneo (per la lavorazione del vetro), sia infine

per sovrintendere alla produzione di alcuni generi

importanti (come la lavorazione del tabacco che

per maggiore controllo sarà accentrata in un unico

luogo).

Ragioni igieniche sono infatti invocate dal Vica-

riato di Torino quando con una ordinanza del 1753

impose di trasferire nei sobborghi del Po e di Dora le

attività dei tintori da seta, dei conciatori e dei fabbri-

canti di cappelli perché « inconveniente alla pulizia e

alla salubrità dell'aria [della] metropoli» (

17

).

Infatti, a causa dell'ingrandimento urbano del

XVII secolo, tali attività «sistemate in luoghi che

altre volte potevano dirsi appartati... presentemente

per la maggior frequenza di popolo e per la cospiqui-

tà dei palazzi che colà vi sono edificati ... debbono

ammovere e destinare in altra parte » e precisamente

« nel borgo di Po i tintori potranno usufruire della

copia delle acque prossime e comode al loro eserci-

zio ... e nel Borgo di Dora i carriadori e i fabbricanti

di cappelli ... scongiureranno anche il pericolo del

fuoco».

Le caratteristiche polifunzionali dei sobborghi

cittadini, che insieme alla zona agricola di connes-

sione avevano da tempo costituito nella vicenda ur-

bana un'area di riserva per possibili localizzazioni di

servizi (ospizi, conventi...) o produttive (opifici,

orti, ...) vengono così ulteriormente rafforzati, se-

condo una direzione che privilegia ora in modo spe-

cifico l'attività industriale.

In un altro caso la scelta della localizzazione

periferica alla città fu conseguenza non dell'espul-

sione dal centro urbano di lavorazioni ritenute dan-

nose, ma della volontà di accentrare in un unico

luogo una lavorazione — quella del tabacco di-

spersa prima in piccoli impianti nel cuneese e nel

torinese (Caselle, Venaria, Gonzole, Mirafiori) per

esservi meglio controllata.

Il progetto, in conseguenza delle nuove di-

sposizioni emanate sulla gabella del tabacco nel

1720 (i

8

), prese corpo dopo la metà del secolo, con

la costruzione di un grandioso edificio contenente:

«due fabbriche [...] una per il tritolamento e Pista

delle foglie de' tabacchi [...] e l'altra per la loro

piantagione, seminario e pendaggio» (

19

), attuato in

un'area periferica alla città, secondo un disegno

funzionale alle richieste della lavorazione stessa ed

all'alloggiamento del numeroso personale dipenden-

te. Per il suo funzionamento si rese necessario il

taglio di un nuovo canale, che dalla Dora scaricasse

nel Po, percorrendo tutta l'area del « Regio Parco »

vasta ed inedificata, che bene si prestava alla circo-

stanza.

. Il progetto, curato dall'architetto Giovanni Bat-

tista Ferroggio e dal colonnello Felice Devincenti,

faceva seguito ad una prima idea di riuso nel

1720 del vecchio monastero delle monache di

Santa Croce, ubicato anch'esso in zona periferia,

presso la Cittadella, ma subito scartato per le opera-

zioni «travagliate e molto costose» ed al riuso,

come solo magazzino, della vecchia fornace Pisani

per vetri, situata al fondo della contrada di Po presso

la chiesa dell'Annunciata (

20

).

La realizzazione del progetto fu attuata tra il

1758 e il 1771, subendo ancora modificazioni inte-

grative nel primo trentennio dell'Ottocento come la

chiusura delle ampie ali per formare una successione

di «corti» regolari e simmetriche rispetto all'ingres-

so (a cura dell'arch. Barabino, 1827).

Questo nuovo nucleo « protoindustriale » proget-

tato come sempre — seguendo criteri di autosuf-

ficienza insediativa (fabbrica, alloggi, cappella)

sebbene con una cura maggiore poiché doveva in

certo modo essere emblematico dell'importanza del-

lo Stato, diverrà anch'esso polo di attrazione per

nuove industrie (nel 1833 la filatura di cotone e ba-

vella Vanzina) ed in seguito di un vero borgo. Già

nel 1802 vi si contavano 46 operai alla fabbricazione

del tabacco e 31 alla cartiera, il 13% della sola popo-

lazione «industriale» di Torino (

21

).

In altri casi, nei quali la dipendenza tra lavora-

zione e forza idraulica non era così stretta (tessitura

delle stoffe, fabbricazione del vetro e delle maioli-

che, ...) l'insediamento avvenne in città, utilizzando

spazi domestici riadattati con limitate operazioni.

Un forno con fornace per vetro erano stati sistemati

nel 1675 utilizzando il cortile della casa Pisani, nel

sobborgo di Po; il tutto era stato risistemato nel 1694

quando l'opificio viene descritto dotato di «nove

stanze al piano terra e tre ... al piano superiore » ad

uso abitazione e nel cortile « gran vaso dove vi è il

laboratorio o sia fornace dei vetri» (

22

). Una fabbri-

ca di maiolica «tanto fine che ordinaria » (

23

) era

stata aperta da Giorgio Rossetti nel primo Settecento

in una casa della contrada di Po. Ugualmente era

avvenuto per la tessitura delle stoffe, la « Manifattu-

ra Reale di stoffe in oro, argento e seta» era stata

collocata nel 1710 nei locali della Casa Ropolo pres-

so piazza Carlina, un edificio di tre piani contenente

sessanta stanze, dove magazzini, laboratori, alloggi

e servizio erano distribuiti poco funzionalmente in

un intrecciarsi di percorsi, entro uno spazio da subi-

to apparso angusto (24).

Col volgere del secolo apparve inevitabile il tra-

sferimento delle manifatture altrove, sia per scon-

giurare il pericolo degli incendi (nel caso della vetre-

ria) sia perché « l'agitato rimbombo dei telai recava

disturbo agli affittavoli e pregiudizio per la sodezza

e connessione delle muraglie » (

25

), sia per ottenere

migliori condizioni d'alloggio. Dal sobborgo di Po,

ormai per gran parte inglobato nella città murata

dopo l'ingrandimento orientale degli anni Settanta

del Seicento, la fornace dei vetri venne spostata nel

1719 nel Borgo oltre il fiume Po riusando la casa

Crosa - Panealbo, adattata sommariamente alle nuo-

ve funzioni (

26

); ugualmente avvenne per la fabbrica

di maiolica Rossetti, trasferita nel tardo Settecento

in un edificio sul viale della vigna della Regina. Per

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