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la manifattura di stoffe in seta, la rilocalizzazione fu

attuata, dopo lunghe vicende, solo nell'ultimo ven-

tennio del secolo ancora entro la città, presso i ba-

stioni meridionali a lato dell'ospedale per infermi, in

un edificio progettato da Pietro Bonvicini apposita-

mente per ospitare « ... settantadue abitazioni [cin-

quanta delle quali in uso agli artigiani] le quali pos-

sono albergare le rispettive famiglie con sei-sette

telai» (

27

).

Attraverso quest'ultimo episodio, oltre a quelli

della fabbrica di tabacchi al Regio Parco, della Con-

ceria al Valdocco ed altrove la vetreria di Chiusa

Pesio, il filatoio di Agliè — si segnala come, col

volgere del secolo, si vada facendo strada un nuovo

criterio progettuale rispetto alle «industrie»: si è

passati dal riuso di edifici, con operazioni sommarie

ed affrettate, ad una attenzione più esplicita per la

funzionalità dei contenitori stessi, talvolta accompa-

gnata da precisi intendimenti di qualificazione for-

male. È questo soprattutto il caso delle imprese go-

vernative, nelle quali « il decoro » estetico si poneva

come criterio progettuale determinante, data la loro

qualità di immagine dello Stato; si ricordino al pro-

posito l'Arsenale militare, la fabbrica di armi al

Valdocco, la Manifattura di Tabacchi e Cartiera al

Regio Parco.

Mentre a livello insediativo si attuò nella realtà

ciò che i contemporanei consigliavano in sede teori-

ca, cioè che « alla città debbono essere riservate le

manifatture di lusso o come diconsi, nobili» sebbe-

ne localizzate «nei luoghi più remoti delle medesi-

me affinché gli operai meno soggiaciano alle distra-

zioni » mentre « le altre manifatture più grossolane e

di uso più comune come panni, tele, pelli, vetro,

ferro [debbono essere collocate] fuori dell'abitato né

siti più opportuni aperti e ventilati [...] con gran

copia di acqua» (

28

).

Infatti, entro la città murata, sebbene ai margini,

furono ospitate le industrie più qualificate, sia quelle

legate agli interessi dello stato (Magazzini del gra-

no, Arsenale) o ai generi di lusso (Manifattura delle

stoffe in oro, argento e seta dell'isolato S. Pasquale)

sia le tessiture svolte nelle istituzioni chiuse quali

l'Albergo di Virtù, l'Ospedale di Carità, l'Ospedale

San Giovanni. Mentre nei sobborghi di Po, Dora, ed

ancora più esternamente al Regio Parco e Valdocco-

Martinetto, erano distribuite le concerie, vetrerie, i

setifici e la cartiera, con una concentrazione partico-

lare lungo il canale Pellerina-ramo Martinetto,

chiamato «Canale dei Molassi » (Mulini da grano

della città, filatoio follone — frisa per i marmi

sempre della città, conceria di S.M. e, più avanti in

borgo Dora, gli impianti militari per la fabbricazione

delle canne da fucili, la Regia Polveriera e fabbrica

dei nitri, il filatoio Galleani, i mulini della città detti

«Molassi »). Tanto che all'inizio dell'Ottocento la

popolazione dei sobborghi era essenzialmente costi-

tuita da operai addetti a tali attività (

29

).

Questa sorta di suddivisione funzionale creatasi

tra zone nord e sud, favorita dalla disponibilità delle

risorse, fu conservata per lungo tempo ed anzi prefi-

gurò, quasi fino alle soglie del Novecento, una zo-

nizzazione industriale

antelitteram,

attraverso la

continua rifunzionalizzazione degli edifici produt-

tivi

Infatti, durante il ventennio napoleonico, la crisi

economica e la stasi produttiva non favorirono gran-

di interventi nel ramo industriale (

30

); la prassi del

riuso edilizio dei « beni nazionali » quasi sempre

Conventi, espropriati nel 1802 fu usata frequen-

temente per gli edifici di uso pubblico ed anche per

quelle lavorazioni industriali che avevano necessità

di ingrandirsi (nel Convento dell'Annunciata si ri-

chiese di allargare la fabbrica di carrozze Dalmasso,

poi Rossi; nel Convento di San Salvario l'alloggio

dei «mastri setaioli») oltre che per avviare esperi-

menti produttivi nuovi (nel Convento delle Carmeli-

tane fu sistemato il condizionamento pubblico della

seta) o altrove per ospitare opifici distrutti durante le

alterne vicende belliche (

31

).

Tutto ciò perdurò ancora nei primi anni della

Restaurazione; nel 1819, ed ancora nel 1826, il Pa-

roletti (

32

) annota la presenza nel Convento di San

Domenico della Manifattura di nastri Comba, nel

Convento di San Michele dei Padri della Redenzione

quella di tulle Garneri-Maina, nel Monastero della

Visitazione la fabbrica di lana Laclaire.

È solo col volgere dell'Ottocento, soprattutto col

trasferimento della capitale da Torino, che si avrà

una netta spinta verso il potenziamento del settore

industriale (

33

), sempre comunque in dipendenza

alle disponibilità di forza motrice idraulica. La rela-

zione della commissione tecnica incaricata dello

studio dei mezzi atti a promuovere lo sviluppo in-

dustriale », promossa dal Sindaco e presieduta dal

Sommeiller, nel 1862 suggeriva infatti di « utilizzare

maggiormente i salti attuali che già servono all'in-

dustria stessa, traendo partito dai salti esistenti o che

si possono creare [...] e aprendo nuove derivazioni

dai fiumi e torrenti» (

34

). Tra le tante proposte,

prenderà corpo il progetto per il taglio di un nuovo

canale, il Ceronda, che estendendosi su terreni in

parte edificati o comunque già prefigurati, non lasce-

rà memoria del suo tracciato se non nei grappoli di

edifici industriali che ne segneranno l'andamento.

Il ramo sinistro del Canale Ceronda, progettato

nel 1868 ed eseguito tra il '69 e il '70 (prolungato

poi nel '71) captava l'acqua dal torrente Ceronda

presso l'ex-mulino di Altessano ed era fruibile circa

alla confluenza tra le attuali Vie Pianezza e Verolen-

go, presso il Castello di Lucento; il suo percorso —

ora cancellato dal tessuto urbano che vi si è sovrap-

posto si snodava sul tracciato di tratti delle attuali

Vie Borgaro-Mortara-Cecchi-Carmagnola-Aosta-Pisa,

per buttarsi nella Dora presso l'imbocco del canale del

Regio Parco (

35

). Già dal 1870 si concedeva l'uso

dell'acqua alla filatura di lana e cotone Galoppo, al

cotonificio Bass Abrate-Depanis e alla Fiorio; in segui-

to alla ditta di forniture militari Giovanni Gilardini

(che sostituì la Fiorio) (1876), alla fonderia Poccardi

(1872), alla conceria fratelli Bocca-Rossi (1878) e alla

segheria Raby (1880) (36).

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