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I MARMI SCRITTI DI TORINO E SUBURBIO

Arnaldo, che nel suo

Giardin del Piemonte,

naturalmente pro–

fondeva odorosi incensi a colui che era in caso:

Il fulmine arrestar e

t'l

tuo,n guerriero.

Immaginiamoci se i

fortunati

nipoti dello zio dovevano

mancare di assidersi alla mensa, non certo frugale, che si

apprestava loro senza fatica. Quindi il Bartolomeo Aghemio

succedeva allo zio nel canonicato, e

il

Giovanni Antonio suo

fratello, e perciò anche nipote dello zio, surrogava questo

nello stesso bt!nefizio. Molte volte sarebbe anche il caso di

consigliare a tutti codesti gaudenti f-avoriti, di provvedere

all'epitaffio, poichè delle opere loro nulla quasi mai rimane

dopo morte. È però vero che talora è forse più prudente,

e sarebbe anche più conveniente, che mancasse o si perdesse

la memoria loro, che ci tramandano invece i menzogneri

epitaffi, i quali messi al nudo, ed interpretati nel vero senso

dai posteri, che nulla hanno più da paventare da loro, fini–

scono per offuscarla affatto. In quanto però al canonico

Aghemio di cui si tratta, avendo lasciato senza pesi la sua

eredità alla cappella canonicale, era cosa equa che gli

venisse eretto un ricordo. '

L'iscrizione dell' Aghemio, posta nella sagrestia grande,

dice cosi:

Joannes Antonivs Aghemivs

Hvivs Metropolitanae canonicvs a thesavris

Petrini canonici a, thesavris

Et D. Mariae de Pvlcherada abbatis

De hoc Capitvlo optime meritvs

Ex fratre nepos

Patrvi exempla incitatvs

Haereditatem svam nvll0 adiecto onere

Hvic sacrario ex asse relinqvens

Grati animi onvs

,Perpetvo relinqvebat

Obiit anno MDCCXVillI

Die XVI sept. aetatis svae LXIV.