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GLORIA DI COSTANTINO

che fino a poco tempo prima avevano disposto a loro

piacimento del trono imperiale, di approfittare di

questo malcontento per riprendere i metodi che

loro tornavano tanto comodi.

Vera un uomo a disposizione, inetto e perciò

poco pericoloso, figlio dell'antico Augusto Massi­

miano e, pertanto, legittimo aspirante (secondo la

tradizione ormai fondata dell'ereditarietà) al trono

di Roma. Fu eletto. Il padre suo accorse a convali­

darne l’elezione e ci si trovò di fronte al fatto com­

piuto. Nessuno dei competitori fu naturalmente

disposto a riconoscerlo come collega e le lotte co­

minciarono. I due Augusti, Severo prima, Galerio

poi. marciarono contro l’usurpatore: Severo ci rimise

la vita, Galerio dovette ritirarsi. Costantino dive­

niva Augusto per diritto di successione. In tal modo

erano ancora quattro Augusti a dividersi l'impero,

ma Costantino (non riconosciuto nel nuovo grado

da Galerio) aveva ormai interessi più strettamente

personali da difendere. La sua forza e la sua valentia

dovevano forzatamente essere prese in considera­

zione e fu così che Massimiano concepì il piano di

liberarsi, prima che degli altri, del proprio figlio

Massenzio, appoggiandosi a Costantino stesso. Doveva

essere un'alleanza offensiva e difensiva contro Ga­

lerio, almeno in apparenza, ma in sostanza il matri­

monio deciso fra Costantino e Fausta, figlia di Mas­

simiano, doveva sembrare già ai contemporanei un

tentativo di eliminare Massenzio. Siamo nella prima­

vera del 307. In seguito sarà lo stesso Massimiano

che, confidando di poter far sollevare contro il figlio

le truppe che già erano state un tempo ai suoi ordini,

marcerà contro Roma. Ancora una volta l’inetto

Massenzio sarà salvo, e dobbiamo credere che gli

interessi che egli rappresentava fossero ben forti se

il vecchio Massimiano fu costretto alla fuga.

Cercò allora il vecchio Augusto di indurre anche

Diocleziano al ritorno: fu stabilito un convegno a

Carnuntum e vi si incontrarono Diocleziano, Massi­

miano e, inoltre, Galerio. La situazione deH’Impero

ne fu complicata anche maggiormente. Massimiano

invero parve convincersi della necessità di ritirarsi

definitivamente, ma d'altra parte Galerio riuscì a far

eleggere Licinio Augusto per l'Occidente e dovette

adattarsi a riconoscere la sovranità di Massenzio.

Costantinoe Massimino, proclamati inun primo tempo

Figli degUAugusti, pretesero essi pure i massimi onori

e perciò, malgrado la rinunzia di Massimiano, si eb­

bero cinque Augusti invece dei precedenti quattro.

La tetrarchia era ormai, dopo la prima elezione

di Costantino, il colpo di stato di Massenzio, il con­

vegno di Carnuntum, in pieno sfacelo.

Ancora un tentativo di Massimiano, questa volta

contro Costantino, doveva in fine costargli la vita:

fu trovato impiccato. In seguito a ciò cambia pure

la politica dinastica di Costantino, che, staccatosi

dalla genealogia erculea fin allora vantata, scopre

improvvisamente una sua discendenza da Claudio II,

affermando in tal modo il 'jUO diritto al trono all'in­

fuori del sistema tetrarchico, da cui in fondo non ha

avuto che ciò che di diritto gli spettava. Il culto più

importante.attestato anche dai conii delle sue monete,

diviene quello solare.eSo/ Invictus saràappuntoquello

che gli aprirà la via verso il monoteismo cristiano.

Galerio intanto, poco dopo di aver promulgato

(30-4-311) un Editto di tolleranza verso i Cristiani

(firmato anche da Costantino, Licinio, Massimino),

veniva a morte.

Rimanevano quattro Augusti: Costantino, Licinio,

Massenzio per l’Occidente, Massimino per l'Oriente.

Due alleanze si vennero delineando in seguito a

contrasti fra Licinio e Massimino: Costantino e Li­

cinio da una parte, Massimino e Massenzio dall'altra.

Ed assumeva una leggera tinta religiosa la lotta che

si profilava: non ancora alieno dal culto solare Co­

stantino, ma propenso a largheggiare verso i mono­

teisti cristiani: istigatore Massimino di odio e mal­

contento verso i proseliti della nuova religione.

Fu Massenzio ad aprire le ostilità per vendicare,

come disse, la damnatio memoriae del padre, su cui

pure nulla aveva trovato a suo tempo da ridire. Era

proprio soltanto un pretesto, chè altrimenti avrebbe

assai prima d‘allora preso le armi contro il rivale;

ma ora, spalleggiato da Massimino, che avrebbe avuto

ogni vantaggio a liberarsi dal pericoloso Costantino,

tentò il gran colpo.

Era egli assai superiore di forze, sia come numero

di uomini che come posizioni strategiche; netta­

mente inferiore come abilità tattica. Costantino, che

aveva l'abitudine di avvalersi al massimo del fattore

sorpresa, non attese di essere attaccato. Colla mas­

sima rapidità si presentò sulle Alpi per la via del

Monginevro. Aveva con sè truppe non numerosis­

sime, ma fidenti nel loro capo ed entusiasticamente

sicure della vittoria. La lotta, d'altro canto, assumeva

ancora una volta un carattere religioso: mentre Mas­

senzio in Roma seguiva la tradizione antichissima e

chiedeva auspici alle divinità pagane, Costantino

pre­

gava il suo Dio Unico, Sol Invictus,

e

si circondava di

sacerdoti cristiani che pregavano

per

lui il loro Dio.

Era lastessapolitica religiosachedovevacondurlosulla

via della visione di PonteMilvio

e dell

'Editto di Milano.

Il primo scontro fra i due eserciti avvenne a Susa.

Uff rapido assalto di sorpresa, senza assedio (impos­

sibile per la scarsità di truppe), una veloce scalata

dell$ mura, con incendio delle porte, e una dura

lotta con lance e spade, dettero l'importante piazza»

‘fòrte a Costantino, che in tal modo aveva assicurate