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IL CAVALIERE DI SAVOIA

si scompiglia e indietreggia. Non mancano gruppi

che cercano di tener testa all'irrompere del nemico:

tra di essi il Cavaliere di Savoia che, per concordi

testimonianze, si battè strenuamente e diè « prove

visibili del suo valore con l’aver ammazzati molti

turchi di sua propria mano » come, da Monaco, scri­

verà pochi giorni dopo a Torino il residente piemon­

tese abate Lanteri.

A un tratto Luigi Giulio «ebbe il cavallo morto

sotto» per un fendente di sciabola che aH’animale

«aveva portato via mezza la testa», secondo la

narrazione del barone Sbarra in una lettera del

13 luglio. Per il contraccolpo il giovane comandante

cadde violentemente col petto sul pomo della sella,

riportando profonde contusioni interne.

Fu trasportato a Vienna, donde la Corte s’appre­

stava ad andarsene di furia per riparare a Lintz. Si

temeva che nella notte i Turchi sarebbero stati alle

porte e avrebbero incendiato i borghi. Ovunque,

popolazioni atterrite. Si sosteneva che la cavalleria

fosse stata distrutta: notizia non rispondente al vero,

ma spiegabile con l’estrema confusione con cui s’era

svolto il fulmineo assalto.

L'episodio, con le sue conseguenze, è così chia­

rito nella citata lettera dello Sbarra: « La cavalleria

austriaca fu assalita in testa e alla coda dagran numero

di Tartari e Turchi, i quali con furioso calpestìo dei

loro cavalli, levando una grandissima polvere, fecero

credere d’essere di vantaggio; onde li squadroni

anco dei più accreditati reggimenti si posero in

ispavento ». Di qui « il disordine, che pure non potè

essere osservato dai nemici, a causa della medesima

polvere, che se distintamente veduto avessero il cat­

tivo stato degli imperiali li avrebbero totalmente

disfatti ».

Nel conflitto caddero diversi fra generali e uffi­

ciali; il principe di Aremberg fu ucciso sul campo;

qualcuno dei volontari italiani perdè i domestici, i

cavalli e l’intero bagaglio.

• * *

Il Cavaliere di Savoia, nella capitale austriaca, fu

ospitato dal conte di Frossasco. A nulla valsero le

sollecite cure che questi gli fece prodigare da medici

e chirurghi scelti fra i più abili della Corte.

. Dopo cinque giorni di sofferenze, nella notte fra

il 12e il 13 luglio 1683, Luigi Giulio moriva «assistito,

fino all'ultimo, da buoni religiosi, onde la sua fine

è stata cosi edificante che ha lasciato di sè fama di

Santo». Con queste parole il conte di Frossasco,

l’indomani, trasmetteva - Torìno la notizia, confer­

mando che il principei nwita oreve mischia, aveva

segnalato il proprio valore e « ripolsati intrepida­

mente li nemici ».

Fu tumulato a Vienna, in Santo Stefano, ma la

Corte Sabauda volle che a Torino fosse mandato il

cuore e lo fece deporre, piamente, nella chiesa di

San Carlo.

Solenni e commosse onoranze funebri, sia in

Austria sia nella Metropolitana torinese, furono tri­

butate a Luigi Giulio di Soissons, l'ardimentoso

cavaliere immolatosi, nel fiore degli anni, per un'al­

tissima causa.

CARLO M ULIN I