AUTOMOBILISMO IN FASCE
rare alla sua famiglia il sostentamento, deve subito
aver pensato al modo di mantenere integre le sue
energie vitali a questo preciso ed unico scopo, lo
immagino che egli, abusando della sua intelligenza,
abbia domato un qualche animale inferiore, obbli
gandolo poi a trasportare se stesso, o le sue masse
rizie, o il bottino di caccia. Col tempo il problema si
allarga e si complica, l'industriosità dell'uomo si
volge ad altro ideale. Egli vuole risparmiare le forze
muscolari dell'animale, ed aumentare la quantità di
merce trasportata. Ed a me par di vedere il primo
veicolo, costituito da un trave rozzamente squadrato,
attaccato con corde al collo della bestia, e trasci
nato trionfalmente, tra le urla e gli incoraggiamenti
della famigliola, che, dopo aver depositato sull'im
provvisato traino tutto il suo bagaglio, bada a tenerlo
in equilibrio, perchè giunga sano e salvo agli allog
giamenti. Ma l’uomo si è fatto astuto: il suo cervello
si è sviluppato a scapito dei muscoli: è nato il sistema
dello scambio dei prodotti.
Commercio ed industria hanno compiuto i primi
passi. La necessità di trasporti rapidi e facili cresce
a dismisura. La frutta raccolta, la selvaggina uccisa,
il pesce pescato, vanno consegnati a quel tal signore,
che vive in luoghi, dove la frutta difetta, la selvag
gina è scarsa, il pesce non attecchisce. In cambio egli
possiede del carbone che darà il buon caldo ristora
tore o del ferro con cui verrà forgiata l’arma per
uccidere. La funzione crea l’organo, ed ecco che
nasce dal cervello di un grande benefattore una delle
maggiori conquiste umane: la ruota.
Una antichissima leggenda tibetana attribuisce ad
un re favoloso dal nome di Tchakravartin il possesso
di sette tesori, per noi forse un po’ discutibili, e cioè:
l'elefante, il cavallo, la donna, la perla, il padrone di
casa, il consigliere e la ruota, e fra tutti, dice la leg
genda, il più prezioso era precisamente l’ultimo, per
cui a lui ne venne il nome di re della ruota. Il tesoro
della ruota dava a chi lo possedeva una potenza
soprannaturale, assicurandogli in ogni caso la vit
toria: per esso l’uomo poteva diventare immortale.
Ed allora, sotto il rudimentale tronco squadrato, si
insinua la tonda figlia dell’ingegno umano, e l’ani
male, tratto un lungo respiro, sollevato da un peso
immane, può centuplicare il suo sforzo riducendo la
fatica. Ed ecco il carro colle sue due, colle sue quattro
ruote, e gli scambi si intensificanoe l'umanitàacquista,
per questa essenziale invenzione, una nuova men
talità! Perchè gli spostamenti avvengono più facil
mente. e sorge nell’individuo il desiderio di vedere
e di conoscere il suo mondo, ora che può farlo senza
sforzo, portando con sè il necessario per un lungo
viaggio.
Ma la mente dell’uomo è un vulcano in perpetua
ebollizione ed in costante progresso evolutivo. Rag
giunta una tappa, un'altra si presenta più brillante
e più attraente, sempre più in U, sempre più
in alto.
E mentre sdraiato nella comoda grotta che ha
raggiunto col suo veicolo a ruote, attende che la
donna abbia arrostito il capretto o messo a bollire
la verdura, pensa e si strugge:
« Ma non esiste dunque una forza ignota che non
si stanca mai e che mi può permettere il trasporto
rapido, facile, economico?».
Quanti secoli tardò a venire la risposta? Molti e
molti, per quanto nulla ci possa far persuasi che una
delle tante civiltà, che hanno fiorito e che si sono
spente senza lasciar traccia, abbia risolto il problema,
per conto proprio, portando con sè nell'al di là il
suo segreto prezioso.
Le sacre scritture, pozzo di S. Patrizio di ogni
scienza e di ogni visione, stabiliscono irrefutabil
mente nella profezia di Nathan che: « i carri infie
riranno sulla strada: essi si sfideranno, si sorpasse
ranno l’un l'altro: e brilleranno come delle torce e
correranno come dei fulmini ». Così dicono le sacre
scritture e così dice Ruggero Bacone, e questi veg
genti profeti avevano la sicura visione della grandio
sità dell'evento e della necessità vitale della sua
risoluzione per il bene dell’umanità e per dare al
povero mortale il mezzo di risparmiare la forza dei
muscoli, per valersi in cambio di un mezzo mecca
nico capace di dargli comodità ed autonomia. È
giusto dunque che in un museo della locomozione
seguiamo l’inventore in questa sua ricerca affannosa,
e cerchiamo di far vedere alle generazioni presenti
e future il suo travaglio e le mille forme ingenue che,
a prescindere dalla moderna automobile, egli ha ten
tato di mettere in atto, pur di raggiungere il suo
ideale.
Ed ecco uno dei primi tentativi del genere, pre
zioso per la storia del veicolo semovente. Ritengo
che questa macchina fantasiosa non sia mai stata
costruita altro che da me, e lo auguro al suo ideatore,
che troppo grande sarebbe stata la sua delusione.
L’invenzione risale al 1470 e la dobbiamo ad un ita
liano: Roberto Valturio, nato a Rimini non so quando,
e morto nella stessa città nel 1483. Fu biografo e
scrittore di cose militari, e nella suaopera principale
De re militari (edita a Verona nel 1483) egli descrisse
questo carro, che doveva secondo il suo concetto
servire a scopi militari: una specie di carro d’assalto.
Non ho ancora trovato altri documenti anteriori a
questo, in cui si dimostri l'applicazione di una forza
che non sia o quella muscolare o quella di una molla,
per imprimere un movimento ad un veicolo. Nella
costruzione del mio modello, mi sono attenuto per
quanto mi è stato possibile al disegno dell’autore.
Pur ammettendo l'assurdità del sistema, prego i miei
lettori di osservare quanto fosse ingegnoso il com
plesso di ruotismi, su cui avrebbe dovuto agire la
forz»del vento captata dalle due eliche laterali. Mi
;i sono fotte varie obbiezioni al riguardo, e cioè: le
eliche sono troppo piccole, la macchina serve solo
in caso di vento favorevole, il veicolo non avanza che
in linea retta, ed in una direzione. Ed a tutte queste
osservazioni io ho risposto col più sereno sorriso:
« Avete ragione, ma io non c'entro, le critiche dove
vano essere fatte all’autore nel 1470». A me basta
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