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GLORIA DI COSTANTINO

le spalle e aperto lo sbocco nella Valle Padana. Il

primo ostacolo era dunque felicemente superato.

Le vittorie ed i successi saranno ora continui. Le

truppe di Massenzio infatti, sconfitte a Susa, atte­

sero l’urto degli inseguitori nei Campi Taurinati in

ottima posizione: a Costantino che scendeva da Susa

sempre per la via del Monginevro i Massenziani

opposero proprio allo sbocco della valle, all’altezza

circa del Musiné, la loro cavalleria catafratta, soste­

nuta alle spalle e su più ampia linea dalla fanteria che,

estendendosi fino alle colline fiancheggianti il luogo,

avrebbero con facilità potuto accerchiare il nemico.

La situazione di Costantino veniva così ad essere assai

difficile, ma egli comprese l’impossibilità di sostenere

la lotta come l'attendeva il nemico e ordinò le sue

truppe a semicerchio, in modo da impedire a quello

ogni possibilità di accerchiamento ed evitando così di

cozzare vanamente contro la cavalleria catafratta.

Questa d’altronde, se da un lato presentava il van­

taggio indiscutibile di unamaggiore solidità, erad’altra

parte resa più impacciata nei suoi movimenti e per­

deva in tal modo le sue caratteristiche più utili.

Rimase quindi isolata dal resto delle truppe e facil­

mente battuta. I superstiti tentarono la fuga ma,

trovate chiuse le porte di Torino, furono raggiunti

dagli inseguitori e fatti a pezzi.

Quali i motivi di questo gesto di Torino? Fu forse

il fascino di Costantino che spinse i Torinesi a conse­

gnare i fuggitivi nelle sue mani; ma forse era qualcosa

di più profondamente complesso e le cause erano

soprattutto di carattere politico. Massenzio, eletto

dai Romani, rinnovatore di una tradizione esclusi­

vistica in favore degli antichi ceti governanti del-

l’Urbe, non poteva essere ben visto da questi sud­

diti padani che ben poco potevano attendersi da lui.

Cosi, come Torino, anche Milano accoglierà con

calorose manifestazioni il nuovo sovrano, essa che

certo più di Torino aveva interesse ad un mutamento

di direttive politiche.

Dopo la presa di possesso di Milano Costantino

aveva nelle sue mani la parte più importante della

pianura padana, ma era necessario non lasciare al

nemico la possibilità di coglierlo alle spalle durante

la sua marcia verso Roma e ancora si trovavano nel

Veneto e nell'Emilia numerosi nuclei massenziani.

Costantino vinse in uno scontro di cavalleria presso

Brescia e si diresse contro Verona, presidiata da

Pompeiano, prefetto del pretorio di Massenzio. Ben

munita Verona non era facile preda.

Costantino, riuscito a passare l'Adige un po’amez­

zanotte rispetto alla città, costrinse Pompeiano, che

s’accorse

in

tempo del suo movimento, ad abbando­

nare la città lasciandovi tuttavia saldi presidi. Sem­

brava che Costantino fosse condannato alla sconfitta

di

fronte alle più numerose forze del prefetto, ma

con una nuova prova di abilità strategica riusd a

battere Pompeiano e. in seguito, ad impadronirsi

non solo di Verona, ma anche di Aquileia. Modena

si arrese. La via di Roma era completamente aperta.

rufive rinvio avvenne la

nxia

uccisivi

.

-

— ■»

MCCagVMi a i m voii

Da

M.

A. Levi, La campagna di Costantino nell'Italia settentrio­

nale (312); Boll. Stor. -Bibl. Subap. 1934, fase. 1-2. (per gentile

concessione dell'Autore)

Fantastica invenzione o forse visione rivelatrice

o anche, come alcuni pensano, semplice reduplica­

zione a carattere più chiaramente filocristiano di un

analogo caso avvenuto qualche tempo prima in Gallia,

alla vigilia della lotta Costantino ebbe dalla Divinità

il segno del suo favore: una Croce splendente apparve

nel Cielo e, intorno, queste parole: «Hoc slgno

vinces ». Comunque vada inteso nella sua sostanza

questo racconto, Costantino fece incidere sugli scudi

dei soldati un simbolo ambiguo che poteva 'essere

una Croce cristiana (e cosi l'intesero i Cristiani) o

un segno di Sol Invictus. Era in fiondo una prova dei

sincretismo religioso di Costantino, a sfiondo essen­

zialmente monoteistico.

Massenzio intanto si sentiva poco sicuro: il suo

tirannico dispotismo aveva finito per alienargli le

simpatie della stessaaristocrazia; il popolo non voleva

l'umiliazione di un assedio e le conseguenti diffi­

coltà d'ogni ordine; ed egli fu indotto, inetto come

sempre, ad uscire dalla Città, che sola poteva, per

le sue difese, offrirgli sicuro riparo; ed

l'assalitore. Costantino,

violentemente,

e

H

ed entrò