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IL CAVALIERE DI SAVOIA

Aveva da poco compiuto dodici anni quando

scese in Piemonte, invitato dallo zio principe Ema­

nuele Filiberto di Carignano. A Torino completò

la sua educazione. Non appena l’età glielo permise,

ebbe il comando d'una compagnia d'armati. Gli fu

in seguito affidata la carica di governatore luogote­

nente generale della provincia di Saluzzo.

Frattanto, vampe di guerra s'annunziavano nel­

l'Europa sud-orientale. Era prossima a scadere la

tregua di ventanni concordata fra l'Austria e la

Turchia dopo la giornata detta di San Gottardo, in

cui - il 1° agosto 1664 - il conte Raimondo Monte-

cuccoli, comandante le forze dei confederati europei,

in capo a sette ore di asperrima lotta sbaragliava gli

Ottomani, togliendo loro sedicimila prigionieri. I

Turchi non dimenticavano la mal sopportata disfatta

e Maometto IV si preparava adesso a riprendere le

armi contro l’imperatore d'Austria Leopoldo I. La

Cristianità era ancora in pericolo.

Contro l’addensarsi del nembo musulmano nume­

rosi volontari, da ogni parte d'Europa, corsero ad

arruolarsi al campo austriaco. Parecchi ne partirono

dal Piemonte, pressoché tutti gentiluomini; fra i

molti: il conte Francesco Provana di Frossasco, con­

signore di Leinì, discendente dal famoso ammiraglio

Andrea Provana di Leinì che aveva capitanato le

galee piemontesi nella battagliadi Lepanto; il marchese

Carlo Emilio di San Martino-Parella; il cavaliere

Amedeo Gromis; i conti di Sanfrè, della Riviera e di

San Maurizio, La Roche di Allery, il cavaliere di Roc-

cavione, il cav. Operti, il conte Baratta, il conteTarini.

L’appello della nuova crociata scosse, tra i primi,

l’animoso Cavaliere di Savoia. Lasciata la tranquilla

e confortevole sede di Saluzzo, egli non pensò più

che a recarsi aVienna. Per poter entrare nell'esercito

imperiale contava sui buoni uffici della zia Luisa Cri­

stina, il cui figlio, Margravio Luigi di Baden, già

allievo del Montecuccoli, era fra i migliori capitani

dell’imperatore, e sui rapporti di parentela con un

altro stimato comandante: Massimiliano Emanuele,

figlio della principessa Adelaide di Savoia, andata

sposa, nel 1650, a Ferdinando Maria di Baviera.

Forte di questi appoggi, ottenuto agevolmente il

consenso della Duchessa Reggente, il Cavaliere di

Savoia lascia Torino nel marzo 1682, provvisto di

denari per il viaggio dallo zio Principe di Carignano.

Sosta a Milano, poi via per la capitale austriaca, dove

giunge nella seconda metà d'aprile.

Sulla fine di quello stesso anno si pubblicavano

le patenti con cui era nominato «colonnello d'un

reggimento di nuova leva». Nel darne comunica­

zione al Duca Vittorio Amedeo II, lo

propri sentimenti di assoluta fedeltà

nastia. « Sono stato onorato », scriveva. « da

periale del carico di colonnello di Dragoni e

momenti partire per finire la leva; sarà I’

Vostra Reale persuasa che. sebbene legato'al ser­

vizio Cesareo, sarò prontissimo in ogni tempo a

trasferirmi dove i Suoi preziosissimi cenni^mi pre­

scriveranno ».

Nel febbraio dell’83 gli allestimenti militari, per

ciò che lo riguardava, erano a buon punto e Luigi

Giulio ne approfittò per andare a Bruxelles a visitare

la madre, contessa Olimpia Mancini, nipote del Car­

dinale Mazzarino. Nell'aprile rientra in Italia e torna

per poche settimane a Torino a farvi atto di omaggio

alla Corte. Doveva essere l'ultimo saluto alla terra

dei suoi avi.

Il 22 maggio riparte per Vienna. Lungo il tragitto

ha un doloroso incidente che però non lo trattiene

dal proseguire. La disavventura è da lui stesso rac­

contata in una lettera scritta da Vienna il 4 giugno

1683, indirizzata a Torino alla principessa Ludovica

di Savoia: « Sono disgraziatamente caduto di car­

rozza e nel colpo la mia gamba è rimasta ferita; ho

dovuto tenere il letto fino a oggi, ma ora, grazie

a Dio, sono in buono stato...». Altre frasi espri­

mono la sua calda impazienza di mettersi alla testa

del reggimento e di partire per l’Ungheria. Giorni

di tormentosa immobilità. La carrozza (precisa Do­

menico Carutti che nel 1886 raccolse questi parti­

colari direttamente da manoscritti dell'epoca, ordi­

nandoli e riproducendoli in un volume oggi quasi

introvabile, stampato a Firenze dalla Direzione del-

l’Archivio Storico Italiano) s'era rovesciata e una

ruota era passata sulla gamba del principe. La cosa

andò meno lesta di com'egli sperava. Solo il 13giugno

potè abbandonare il letto. L'indomani, quantunque

la ferita ancora gli dolesse, era già a cavallo. La dome­

nica i suoi squadroni furono visti sfilare dall’impera­

trice. «Sono davvero bellissimi» scriveva a Torino

il barone Federigo Renato Sbarra: « bella e brava

gente, benissimo montata». Due giorni dopo, in

formazione di battaglia, il reggimento era passato in

rivista a Luxemburg dall’imperatore e subito «con­

tinuò la marcia verso l’Oriente».

• * *

Qui gli eventi incalzavano. Dichiarata la guerra,

il sultano Maometto IV s’era recato a Belgrado. Il

Gran Visir Kara Mustafà, penetrato nell'Ungheria,

con buon nerbo di truppa s’avanzava su Vienna.

L’esperienza di vent’anni avanti non aveva troppo

insegnato aM'Austria. Allora, colta di sorpresa, al­

l'inizio della campagna non disponeva che di seimila

soldati contro i centomila dell’eiercito ottomano.

Adesso, andata a rilento nei preparativi, non alli­

neava contro i Turchi, nelle pianure di Kittensee,

più gi trentacinquemila uomini al comando del Duca

Carlo di Lorena. A quelle forze s’unì il reggimento

del Cavaliere di Savoia.

La minaccia dell'invasione aveva gettato il pànico

rjella capitale. Il duca di Lorena, non potendo resi­

stere sulla Raab, costretto a ripiegare su posizioni

arretrate, manda la fanteria lungo la sinistra del

Danubio, in direzione di Vienna e si colloca, con la

cavallerìa, sulla riva destra, davanti a Hainburg.

Il 7 luglio i Turchi attaccano gli imperiali fra

Petronel e Vinia. La cavallerìa non regge all’urto.

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