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UN'OPERA D'ARTE “ ITALIANISSIMA

La descrizione che ne è fatta dall’Arrivabene nel-

l'album-ricordo dell’esposizione del 1861, ben può

convincere:

«Si vedeva assisa presso ad un tavolino

una giovane donna, la quale teneva con la mano sinistra

un brandellino di cencio bianco, e con la destra ne

traeva le fila. Ben comprendevasi ch'ella non incomin­

ciava allora quell'opera, certamente pietosa, poiché aveva

già sul tavolino un fasciodi filaccia, e già quasi tutto sfi­

lacciato era il pezzo di tela che aveva ancora in mano.

«

Di attraente fisonomia, di volto pieno e alquanto

bruno, con grandi occhi e con le chiome di colore ca­

stagno scuro, in parte raccolte entro una reticella nera,

questa giovane donna, senza guardare quello che la

mano andava facendo, volgeva lo sguardo in alto a destra

come chi è

astratto e lascia

vagare altrove la fantasia,

o come chi

intende

l’orecchio ad un suono

indistinto, e

vorrebbe indovinar donde venga e quel che sia. La sua

veste di colore di fiamma viva era chiusa sopra l'omero

da un collaretto bianco, stretto lievemente da una fet­

tuccia verde. Così ella era sino a metà della persona;

più in là il pittore non l'aveva ritratta, ma ciò non

ostante, a chi la guardava, pareva avere innanzi una

creatura animata che avesse da un istante all'altro a

rizzarsi in piedi

».

«

Ora veniamo al concetto di questa opera del pit­

tore veneziano. Il libro indicatore definiva così il sog­

getto:

Il pensiero dominante.

Noi contemporanei dello

Zona, per qualche indizio e per la conoscenza intera che

abbiamo delle cose italiane del tempo nostro,

possiamo

indovinare, sino ad un certo punto, quel pensiero domi­

nante. Ma se di qui a unmezzo secolo si guarderà ancora

questo dipinto, sarà

senza

dubbio per la elezione delle

forme, per la sua intonazione, pel succoso colore e per gli

altri pregi dell’arte. Allora non verrà in mente ad alcuno

che quella fettuccia verde sia intrecciata al bianco del

collaretto e al rosso della vesta per unire i tre proibiti ed

invocati colori del vessillo nazionale d’Italia; nè perciò

allora sarà chi possa immaginare che quella avvenente

giovane in qualche città italiana tuttavia schiava del­

l’Austria o del Pontefice sta in segreto preparando filaccia

per feriti concittadini, e forse pel fratello o l’amante,

corsi a combattere la guerra della indipendenza. Meno

ancora si saprà allora immaginare che quel nastro e

quel misericordioso lavoro potessero essere due delitti di

Stato da nascondere gelosamente, per non averne puni­

zione severa e quasi infamante.

« Intanto senza indagare più oltre come in altro

tempo verrà interpretato tutto ciò, ora può credersi

che lo Zona, intitolando questo suo dipinto II pensiero

dominante, volle significare o il pensiero che aveva a’

nostri predominio in Italia, o quel pensiero ond’era

dominata la donna da lui rappresentata, la quale per

altro compendiava appunto nei proprii affetti e nei

proprii desideri gli affetti e i desideri della gioventù

generosa di questi anni travagliati da prove durissime,

e ornai fatti illustri da sublimi sogrifizii e da meritati

trionfi».

Noi oggi. trascorso ancora ben maggior tempo

del mezzo secolo a cui accennava l'Arrivabene, d

troviamo invece nelle più adatte condizioni di spi­

rito per poter rispondere che l'Italia, dopo quel *61,

in cui l'opera fu esposta, il '70, la più recente Grande

Guerra e la Rivoluzione Fascista, ben dimostra come

quel pensiero

non abbia mai mutato, non l'abbia mai

abbandonata, come insomma sia sempre stato

il do­

minante,

e come non solo la figura di donna, che ci

appare nella tela dello Zona, si sia, e più che risolu­

tamente,

rizzata tutta in piedi

nella purezza e magni­

ficenza delle sue linee ben decise, ma abbia percorso

ancora, e proceda tuttora, su un più che auspicato

cammino, verso quelle sempre più luminose mète

che l'attendono per assumere quella definitiva, salda

posizione alla quale era chiamata sin dalla nascita.

Questo

pensiero dominante,

che conosce l’ange­

lico pianto degli orfani, le precoci gramaglie delle

spose ancora fiorenti di giovinezza aureolata dalle

luci di tutte le speranze, l’infossarsi del cereo volto

delle madri nell'ombra d'un muto, stoico dolore,

ma anche l’eterna aurora che sorride alle culle, è

quello che assicura l’avverarsi dell’inconfondibile

nostro destino nella Storia, i'

-o, il più santo.

Procede forte di susseguentisi magnifiche Vittorie,

le cui ali. nell’azzurro dell'Infinito, rispecchiano,

sempre più saldamente uniti, i tre, allora proibiti,

colori, del nostro più intenso amore e della nostra

passione, intrecciati dallo Zona nella sua opera: quelli

del niveo candore delle nostre eccelse vette, insor­

montabile baluardo; della lussureggiante nostra terra

fertile di pascoli, boschi, abeti ed uliveti; del sangue

dei nostri eroi che rafforzandone virtù, sublimandone

martirii, cementandone l’unità, imporpora il cam­

mino dell’ininterrotta trionfale marcia d'Italia.

Il pensiero dominante

dello Zona, il Maestro degno

di devoto, imperituro ricordo per questa sua crea­

zione, non certo casuale o intenzionata per un qualche

personale interesse, ma spontanea, che deve la sua I

spirituale vitalità ad alta ispirazione alimentata da

acceso amor patrio e superiore Fede, è ancora quello

stesso che nell’ora presente - mentre l'occhio delle

aquile imperiali, vigile, incitatore, maggiormente

si illumina e dilata, dopo la lunga, impaziente attesa,

alla visione del superbo volo affidato alla loro invin­

cibile, potente ala - segue, fieramente commosso,

l'acclamato avanzarsi delle navi che trasportano la

sicura, entusiasta nostra giovinezza alla nuova, riven­

dicatrice impresa d'oltremare.

Un'opera d'arte ottocentesca, questa dello Zona,

che vive però patriotticamente di una così propria

purissima luce, che non potrà mai estinguersi nel

tempo, e perciò, a mio avviso, non poteva essere

oltre ignorata e dimenticata in questo periodo, per

volontà del Duce così solennemente celebratore di

patrie, sacre memorie, che commuove ed esalta il

nostro diletto, glorioso Piemonte.