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pediatra per descrivere i sintomi del male di Olga e narrare l'operato

del medico Baldi; del consiglio di un noto teologo torinese per la

risoluzione delle questioni morali e religiose trattate o accennate

nel racconto, e dei dati fornitigli dai francescani di San Damiano per

la descrizione d'Assisi ove, a novembre, si hanno precisamente i

colori e i suoni e i profumi e l'atmosfera rievocati nelle ultime

pagine del suo lavoro.

E la cura del particolare preciso, voluta forse per temperare le

unilateralità d'un temperamento troppo soggettivo, che in lavori

precedenti poteva a volte apparire - a un critico sottilissimo - in

contrasto con la tendenza dei caratteri all'astrazione, integra vice­

versa mirabilmente in questa

Madonna Fazienzo

la oggettiva umanità

degli attori e mirabilmente si fonde con i più semplici mezzi di

espressione adottati, da cui esulano gli apparati simbolici che distin­

guevano, ad esempio, la

Cattedrale,

la continua valorizzazione del

segno del destino e la immanenza del mistero che drammatizzavano

Arcobaleno,

la

Giovanna d'Arco

e il

Tormento di Chopin,

la compia­

cenza dei ritorni musicali di frasi che altre volte formavano un sistema

di collegamenti musicali del racconto, le virtuosità stilistiche del

Breviario

e di

Consolazioni.

Prosa sostanziata di vita: l'autore, con le sue preferenze si è

tratto rispettosamente in disparte ed ha scritto sotto dettatura

della realtà quotidiana a volte dolorosa, a volte comica, a volte poe­

tica, a volte maligna (la signora Elena Grasselli è perfetta), a volte

pettegola, a volte bonaria adeguando ad ogni momento le sue parole.

Naturalmente non dimentica d'essere un poeta

e

quando l’alto­

rilievo di Madonna Pazienza é installato nella sua nicchia nella casa

di cura del dottor Baldi egli, sotto le spoglie dello scrittore Martini,

scioglie alla Pazienza un inno che è fra le sue cose più belle e più

buone, che ha la chiarezza d’un coro d'allodole a mattutino, la solen­

nità d'un canto liturgico, la semplicità d'un capitolo dei Fioretti, la

profondità d'una preghiera e insieme la dolcezza d'una speranza e

il conforto d'una promessa che soltanto dalla Bontà infinita di Dio

possono scendere sugli uomini affaticati.

È in queste pagine la ragione fondamentale del libro come atto

di fede, proposito di insegnamento, e punto di dottrina, in quanto

in esse si dimostra il valore individuale e sociale della pazienza,

virtù insieme passiva e attiva,

stemma di ogni giogo,

educazione a

fortemente attendere ed a cogliere le occasioni per «districare i

contorti fili degli avvenimenti e tessere il destino».

La pazienza - che già nel corso del racconto era stata presentata

nei modi più vari, personifirata anzi nella stessa dolcissima serena

ed eroica figura di Clara, in ccntrasto con la irrequieta e scettica

personalità del Martini - vi è dall'autore analizzata in tutti i suoi

aspetti, collegata a tutte le forme di vita, riannodata alle fondamentali

credenze del cattolicismo, inserita nei principi! della funzione sociale

del dolore, della comunione delle anime, della possibilità di dominare

il destino, della preghiera e deH’offerta continua di si come pratica

di attiva milizia, che costituiscono i capisaldi del suo sistema.

Di questo sistema la pazienza è il fiore umano più puro e la con­

clusione più confortatrice « roccaforte dei tribolati, fucina dei dispe­

rati, fiamma degli eroi, corazza dei martiri, gloria dei santi, ponte

fra la vita e la morte, sigillo del mistero che i intorno dentro e sopra

di noi, immagine dell'indulgenza che comprende, specchio dell'a­

more che assolve, simbolo della umanità che attende! ».

Tutti i libri di Salvaneschi terminano con un'aurora, con un

rinnovamento, con óna liberazione, con una vittoria, con una pro­

messa: anche in questo, Claudio Martini fatto degno - pei meriti

di Clara - riesce con l’aiuto di Lei a ritrovare se stesso, il segreto

dell'arte che aveva perduto, la rinnovata scintilla della ispirazione

e della vita.

Poiché l'ispirazione, al pari della vita, non può risalire ad un atto

unilaterale, ma balza vivida soltanto dalla unione profondi della

donna e dell'uomo: la prima meglio atta ad afferrare gli impondera­

bili motivi ancora inespressi delle misteriose sinfonie fluttuanti nei

piani altissimi dell'idea, il secondo meglio dotato per trasformarli

in un canto, in un grido, in una rivolta o in un'elevazione.

Pratica d'amore la pazienza, scintilla d’amore la ispirazione,

miracolo d'amore il rinnovarsi continuo della vita... la vicenda del

piccolo mondo d'ogni giorno è chiusi su le irrequiete incertezze

di Martini, su la bontà serena di Clara, sul sacrificio di Grasselli.

sul scetticismo di Baldi, su la rovina di Marsenghi, su la felicità di

Mara: si è risolta nella luce delle universali ed eterne entità, si è

conclusa nell’unità suprema, nell'aspirazione a Dio in cui ogni cosa,

dopo essersene dipartita, ritorna.

Poiché ogni realtà della nostra vita non è che una incompleta

parvenza della entità integrale di essa e molte cose attorno a noi

vivono e si muovono senza che noi ne abbiamo coscienza.

Soltanto l’accettazione del dolore e la pazienza, che è insieme

forza e bontà, possono insegnarci a vedere, e conformare il nostro

cammino verso le méte di Dio.

PAOLO RAMELLO

Giovanni Provetti,

Mario Leoni. Il poeta, il commediografo, il ro­

manziere.

Torino, Casanova, 1935-XIII, pag. 115. L. 6.

Quest'ultimo volumetto di Giovanni Drovetti, edito a cura del

gruppo del

Cavai 'd Brouns

e preceduto da una commossa prefazione

del Vaschetti. non costituisce uno studio completo ed esauriente

su Giacomo Albertini, ma una riassuntiva presentazione della sua

opera di poeta di commediografo e di romanziere ricca di dati e

utilissima a chi vorrà in avvenire studiarne più profondamente la

produzione.

Mario Leoni (era il tempo in cui gli autori amavano usare lo

pseudonimo: e noto esempio ne avevano dato Enotrio Romano,

Stecchetti, e altri moltissimi) non fu mai un poeta nel vero senso

della parola. Scrisse versi garbati e sinceri e il Drovetti ne riporta

alcuni saggi interessanti rilevando acutamente come la poesia faceta,

preferibilmente in ottonari e settenari, gli riuscisse assai meglio

della seria.

Migliore, per quanto non tutta accettabile, fu la sua opera di

romanziere (una trentina di lavori dal IBM al 1906) ispirata alla

imitazione di Montépin, Richebourg e Dumas, con intrecci macchi­

nosi svolti in maniera impressionante, sfruttando a volte gli elementi

emotivi delle situazioni, senza però mai cadere nell'enfatico o nel

volgare.

Eccellente invece fu Mario Leoni nella sua opera di teatro che

rimarrà documento nobilissimo della nostra letteratura dialettale.

Il Drovetti riporta il catalogo completo dei suoi lavori dandone

l'argomento, le caratteristiche più notevoli e narrandone succinta­

mente le vicende: ricerca faticosa e minuta che fa onore al compila­

tore del volume e fa desiderare che - egli pure valoroso autore del

nostro teatro dialettale - possa un giorno darci lo studio completo

su Leoni drammaturgo, che é nel suo e nel nostro augurio.

Poiché Mario Leoni é veramente, con Eraldo Baretti. Vittorio

Bersezio. Federico Garelli e Luigi Pietracqua, un grande autore di

teatro che supera il ristretto ambito della regione per occupare

un suo posto inconfondibile fra i drammaturghi di razza.

Senso di teatralità istintiva, senso di realtà, versatilità duttilis­

sima, ne distinguono per eccellenza i lavori, sia che si tratti di portar

sulla scena i caratteri tipicamente piemontesi, sia che si tratti di

affrontare le più ardue questioni sociali, sia nella commedia giocosa

sia nel dramma.

Di lui, i non più giovanissimi, ricordano con piacere la

Bela

Gigogin

del 1911, ottima commedia d’ambiente rievocatrice della

campagna del 1859, la

Trincea d’ij berssaglH

del 1912 per la spedi­

zione di Tripoli, la

Frev dii dot

del 1919scritta per fustigare la corsa

alla speculazione imperversante nell'immediato dopoguerra.

Alla passione per il teatro Giacomo Albertini - che fu per lunghi

anni più volte Amministratore del Comune - uni quella per il Re

per la Patria e per Torino: nobilissima figura di piemontese, di lavo­

ratore e di onest'uomo egli merita il nostro ricordo e la nostri

ammirazione.

Dobbiamo perciò essere grati a Giovanni Drovetti che Lo ha

rievocato con rispetto di discepolo e con amore di conterraneo.

PAOLO RAMELLO

GenerateA.A. M n Fo rr% Lo

guerra neH'ona.

Edizioni Corbaccio.

Milano. L. 12.

Far chi ha partecipato alla guerre dei '15 ed ha potuto oaaarvart

l'ardire e l'eroismo della nostra Arma azzurra, allora ai primi pM i,

prava nei leggera le interinanti pagine e la precisa documentarione