Dolce tentare l'ultime che tieni
chiuse tra i seni piccole cornici:
Roma papale! Palpita tra i seni
la Roma degli Stati Pontifici!
Non sei Carlotta, bella cosa viva
nella penombra del salone fosco...
Non sei Carlotta! Bocca, riconosco
bene il profumo della tua gengiva...
Alterno, amica, un bacio ad ogni grido
della tua golj nuda e palpitante...
Carlotta non è più... Comediante
del mio sognare fanciullesco, rido!
Rido! Perdona il riso che mi tiene
mentre mi baci con pupille fisse...
Rido... Se qui, se qui ricomparisse
lo Zio con la Zia molto dabbene...
N O T A
Vesti la gonna, pettina le chiome,
riponi i falbalà nel canterano.
Comediante del tempo lontano,
di Carlotta non resta altro che il nome!
II nome... Vedo il nome che sussurro,
scritto in oro, in corsivo, a mezzo un freg;
ovale, sui volumi di collegio
d'un tempo, rilegati in cuoio azzurro...
GUIDO GOZZA’
Abbiamo pubblicato questa lirica di Guido
Gozzano all’insaputa dell'autore e contro il suo
segreto pensiero. Ma tant'è: non abbiamo saputo
tener per noi la gioia della squisita lettura e
abbiamo pensato di condividerla con i lettori del
Viandante che ce ne saranno particolarmente grati.
Poiché per giurgere a pubblicare questa deli
catissima lirica non abbiamo dubitato di renderci
colpevoli di furto. È avvenuto così. Trovandoci
or è qualche giorno a Carrara, ospiti di Vico
Fiaschi, ci capitò tra le carte più care aM'amico
la lirica del Gozzano. La leggemmo insieme evo
cando i giorni ormai lontani - già volge il secondo
anniversario - di San Francesco d'Albaro: giorni
prodotti sul ligure mare in intime confidenze di
gentile fraternità col poeta che La Via del Rifugio,
allora recente, avea tratto a sùbita e salda rino
manza. Ci ascoltava egli un poco smarrito, incerto
di sè, schermendosi alle lodi, sorridendo agl'inci
tamenti, inconsapevole di quel che dentro sottil
mente gli fluiva, rivo inesausto di poesia: e nelle
parche parole esprimeva il confuso disagio del suo
spirito solitario dinanzi al consentimento così
vasto e vario dei nuovi amici che d'ogni parte
gl'imponevano di fare, di fare, di fare.
Da quella Via del Rifugio non pubblicò invece
- sparsi nella Rassegna Latina, nella Lettura, nella
Donna, nella Nuova Antologia, nel Viandante - se
non alcune liriche e un poemetto: La Signorina
Felicita, ovvero La Felicità, un gioiello che ebbe
fra l'altro l'aperta e chiara lode di Ada Negri e
di Salvatore di Giacomo. E tutta la critica se ne
occupò - caso non frequente in Italia - col più
vivo concorde elogio. Ora il Gozzano attende a
un nuovo volume di cui non diremo quel che
sappiamo, chè troppo gli rechiamo noia e disap
punto con questa pubblicazione... Ma non appena
potemmo prendere dalle mani di Vico Fiaschi,
con molta ipocrita abilità, il manoscritto dei-
I' Esperimento, tradimmo l'ospite vicino e l'amico
lontano senz'esitanze. E per ciò - ora che il furto
è compiuto - sollecitiamo dall'uno indulgenza,
dall'altro perdono. E non disperiamo: il peccatore
che si confessa non è già sulla buona via?...
Che l'Esperimento non era destinato alla
pubblicazione. In un'ora d'ozio, esercitandosi in
giochetti di rima, il Gozzano si compiacque
riveder Carlotta Capenna, l'amica di NonnaSi
ranza, la fanciulla romantica del milleottocr
cinquanta, che i lettori della Via del Rifugio na
dano con nostalgica simpatia:
Carlotta: nome non fine ma dolce, che
(le
Resusciti le diligenze, lo scialle, la cri
Ma Carlotta non è più, non sarà più. E anchen
col poeta, volgiamo la nostra schernitrice
moderna all'età beata e casalinga che insorge:
fascino delle cose morte a sorriderci languidamr
soave dagli anni dolci e goffi dei dagherroti
È in questo Esperimento la malinconia
sione di rivivere un'ora sentimentale: la vitat
pida e gentile dei nostri desideri saziati. Ahin
e al soffio d'un bacio tutto crolla! Così sui nos
sogni l'urto del mondo che s'innova distru
gendo...
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CASTELLAM ON TE (Via). Ultima via a sinistra d ii corso
Inghilterra, prima del corso Francia.
Il conte Vittorio Amedeo di Castellamonte fu celebrato
architetto civile e ingegnere militare al tempo di Carlo
Emanuele II. A lui si deve il Palazzo Reale di Torino,
l’ospedale di S. Giovanni, il Castello di Venaria Reale.
Alcuni gli attribuiscono anche il Castello del Valentino.
Morì nel
1683
.
CA ST ELLO (l*iazza).
Piazza della superficie
233
per
168
. nel centro della
Città, in cui sorge il così detto Palazzo Madama e che sino
al
22
marzo
1801
una Galleria (Pavaìon d' bosch). demolita
nel
1801
, tra Palazzo Madama e la Sala d'Armi, separava
P I»
im
C a s ta li* • P a la i» M a d am a
!a piazza in •davanti il Castello • e •dietro il Castello *.
Durante il periodo francese fu chiamata Place de la Rimnton.
piazza che non parve abbastanza vasta al generale Giacomo
Menou, quando si pensi che aveva proposto a Napoleone
di atterrare •la vecchia baracca » di Palazzo Madama.
Un tempo un padiglione in muratura collegava il Palazzo
Chiablese colla Galleria Beaumont (oggi Armeria Reale)
danneggiato da un incendio, totalmente demolito nel
1 8 1 1
.
Esso veniva adibito a corpo di guardia degli svizzeri, e da
detto padiglione veniva esposta in certe solennità la reliquia
della Santa Sindone. Al luogo di essa nel
1840
venne costrnt
l'attuale cancellata in stile su disegno dell’architetto boi
gnese Pelagio Palagi e nel
1846
vennero issati sui 4
pilastri centrali le M ie statue in bronzo dei Dioscuri modi
lati per ordine di Carlo Alberto dallo scultore Abbond
San Giorgio.
La Hazza è circondata da portici; Vittorio Amedeo
ad istanza del Marchese Carlo Ludovico San Martino
San Germano, diede facoltà di tenervi due fiere a
chiamate di S. Germano, l’una nel carnevale, l’altra
primi di maggio. Una lapide, ora rimossa, infatti dice»
« Cives exteri adeste — publicae utilitati hberum hic emf
riunì — instituit — D. Carol. Ludov. S. Martin — Ab Alai
— Marchio S. Germani — Privilegis in successores té
tuns — A l ’ict. Amed. l l Sab. Duce Cypri rege — i* P
petuum concessis — A ». Sai. M D C L X X X V ».
All'esterno del porticato del Palazzo del Governo,
è murata la lapide che la Federazione fascista dei Fasci
combattimento ha donato a Torino, perchè nel mara
oltreché nei cuori, viva perenne il ricordo della visita
Duce dell'ottobre
1932
. La lapide porta le seguenti f
tolte dai discorsi del Duce:
« Torino è una città romana, non già e non solta
perqhè fu ricostruita da Giulio Cesare, ma è romana per
sua tenacia, è romana per il valore che ha dimostr
durante i secoli, in assedi e battaglie memorabili, è rooM
perciò ha dato la fiamma e il sangue al risorgimento d
Patria.
• lo intendo che Torino, città cara al mio cuore, d
cara al cuore di tutti gli italiani che non dimentica
conservi il suo posto, il suo prestigio, il suo rango di grad
industriosa, laboriosa città.
•Torino solida e fedele si rivelò a se stessa, all'Ital
e al mondo come una delle piazzeforti della Rivoluzif
Fascista (Roma.
24
giugno
1933
-X I).
•Quale è dunque la parola d'ordine per il nuovo i
cennio, verso il quale noi andiamo incontro con l’animo i
vent’anni?
« La parola è questa: Camminare, costruire, e, s»
combattere e vincere».
Gi-èt