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PARLA

IL

MONTE

VI SO. . .

N

on intendiamo rivoluzionare il mondo alpini­

stico internazionale, ma ricordare brevemente

quella che pure fu storia, onde le notizie, rac­

colte da chi ha mente possibilità ed ingegno, possano

dare in seguito veri frutti rivendicando all 'Italia altre

conquiste.

Poiché ormai infatti, l’Italia di Mussolini, è terra

di primati audaci e tende ad incatenare tutte le

Vittorie.

Guide, memorie, annuari, relazioni, enciclopedie,

monografie sono tutte monotonamente concordi sulla

storia del Monte Viso: storia in verità molto breve

ma in compenso altrettanto grandiosa.

Il sig. Redus scriveva nel 1860: « Il Viso è vergine

di passi umani e resterà probabilmente inviolato

finché l'areonauta non possa dirigere il suo pallone

e sbarcare su tutte le cime inaccessibili » (I).

Pareva che questo gran monte che svettava nel

cielo avesse colpito e colpisse non solo la vista ma

la stessa immaginazione come una grandiosa ed im­

ponente maestà inviolabile. Il Monte Bianco era stato

scalato unsecolo prima (1741) dai due inglesi Windham

e Poocke; monte ben più aspro di difficoltà e di peri­

coli, d'insidie e di tradimenti, ben altrimenti elevan-

tesi in altezza tanto da esserne chiamato il Gigante...

ma quello sembrava un poderoso colosso buono,

mentre il Brik del Viso, come era battezzato a Sa-

luzzo, incuteva rispetto... forse perchè era il padre

del gran fiume di vita: il Po.

Nessuna meraviglia quindi che cosi ne scrivesse il

Reclus che pur era un eminente studioso. Forse per

tale rispettoso timore gli uomini non si erano mai

avvicinati al nume... mentre se avessero osato, avreb­

bero con stupore narrato in seguito che le difficoltà

non erano grandi e che tutt’al più si trattava di essere

bene in gambe. L'ascensione in fatti la compivano

con facilità anche le nostre zie quando l’alpinismo era

retaggio di pochi! E non è questa personale esperienza

od opinione; il Levasseur che fa testo in materia

conferma: « L’ascension par le sud ne présent que

des diffìcultés moyennes, méme en hiver » (2).

Ma in quel tempo a sentire il Levasseur la cono­

scenza delle Alpi era poca (noi aggiungiamo: almeno

in Francia!): « Jusqueau milieu dudix-huitième siècle...

on connaissait à peine le Mont Blanc qu’on désignait

alors sous le nom de glacières» (3). Eppure, come

vedremo, proprio un compatriotta del Levasseur si

vantava d'esserci stato e descriveva quanto aveva

visto. La qualità del personaggio, la materia da lui

trattata nel suo libro, l'autorità del Principe a cui

il suo nome era legato, avrebbe dovuto portare a

rumore la Francia intera, stabilire e fissare un pri­

mato, allargare almeno le scarse conoscenze alpine...

ma evidentemente il Levasseur non s’era mai data la

pena di sfogliare qualcuno dei numerosissimi autori

che s’interessarono delle Alpi: avrebbe trovato dal

mare di Nizza a quello di Trieste tutte le notizie che

desiderar potesse!

Sta di fatto che dovette giungere il 30 agosto 1861

e per di più una rappresentanza d’Albione, perchè il

monte descritto con colori cupi da Plinio, deponesse

la sua corona di sovrano.

I signori Mathews e Jacomb lo scalarono dalla

parete sud e piantarono la bandiera britannica sulla

vetta.

Così finì la gloria del Viso, così incominciò la

vita del monte.