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autostrada attraverso il Monte Bianco, non sarà inu­

tile ricordare quell'altra meraviglia del tempo, ini­

ziata e compiuta da piemontesi. Anche di quest’opera

colossale non rimane traccia in nessuna delle pubbli­

cazioni moderne citate, mentre per il turista potrebbe

essere di sprone alla visita.

Il progetto venne concretato nell'anno 1475.

Un modesto e dotto anonimo scriveva in propo­

sito in un giornale (6):

« Da documenti stati raccolti da me, e da quelli

che esistono negli archivi reali si ricava il progetto

esserne stato fatto l'anno 1475; il Re di Francia Delfino

aver deputato chi prendesse informazioni secrete del

vantaggio che quindi alle due provincie confinanti

sarebbe derivato, e sulle relazioni favorevoli avute

dagli Auditori de’ Conti del Delfinato, esservi con­

corso eziandio collo sborso di somma notabile; e

gli operari che scavarono la Grotta essere stati di­

retti da Martino de Albano, da Baldassarre de Al-

piasco impresari (7), i quali vi lavorarono ancora

nel 1478. Tutto però venne perfezionato l’anno 1480,

che il marchese Ludovico II in vigor d’un diploma

dell’imperatore Federico incominciò a trarne utile

coH’imporre pedagio e gabella su gli uomini e le

bestie che passavano per quella Grotta».

Al Marchese di Saluzzo Ludovico II, che unì nella

impresa il Re di Francia e Bonifacio Marchese di

Monferrato, dobbiamo il traforo del Monviso che ha

animato in quel tempo tutta la valle del Po ed il suo

commercio il quale non doveva essere poco se si

eran istituiti gabelle e gabellieri per riscuotere la

tariffa del passaggio.

Gabellieri, cantonieri, comandanti, tutto un per­

sonale addetto alla strada, come appare dal Memoriale

a capi stampato in Carmagnola ancora nel 1625 da

Marco Antonio Bellone e presentato a suo tempo

all’infanta Donna Catalina d’Austria Duchessa di Sa­

voia per parte dell'Amministrazione del Marchesato

di Saluzzo. In esso si rapporta, fra l'altro, che all'at­

tuale Pian del Re vi era un'albergarla chiamata la

Casa del Re dove presiedeva al traffico un commis­

sario con una squadra di venti uomini per la sicurezza

del commercio e della strada. Costoro il 27 settembre

1589 sebbene le valanghe dalla parte del Delfinato

avessero otturato la galleria, continuarono a prestare

servizio. Pare che il loro contegno sia stato ammire­

vole in quanto oltre al cenno che se ne fa del citato

memoriale, diede motivo nel 1590 ad un sopraluogo

del quale è rimasta memoria in una Relazione della

visita al Vesulo fatta per ordine di Monsignor della

Manta.

L’anonimo precisa nel citato giornale: « La gal­

leria lunga milleseicentosessantaquattro passi, e più,

come si dice nel mio ragguaglio, ed un'alta e spaziosa

strada sotterranea che traforava dalla valle di Po nel

Marchesato di Saluzzo a quella di Quieras nel Delfi-

nato, il Monviso, lunga tuttavia centocinquantacinque

passi ordinari... ». « ... il cui pertugio da un secolo

in qua (8) rimase otturato».

Molte altre sono le testimonianze.

Ludovico della Chiesa storico e giureconsulto

saluzzese, persona di assoluta serietà anche per essere

egli oltreché senatore, consigliere di Stato di Carlo

Emanuele I, scrive (9): « Pochi anni sono che Carlo Vili

fece una nuova strada per condurre l'artiglieria ap­

presso Brianzone nelle Alpi, e ogni giorno per esse

si fanno nuove strade difficili a passare e spaventose

a riguardare, tra le quali v'è quel meraviglioso tran­

sito sotto il monte Vesulo, ove quasi per un quarto

di miglia si vede incavato il monte, e dalla provincia

del Delfinato in Italia e Marchesato di Saluzzo si

discende, il quale ancorché sia artificiosamente fatto,

non però è nuovo, ma per molti tempi prima fabbri­

cato; e per la caduta di molti sassi per gran tempo

chiuso, a spese dei Re di Francia, pochi anni sono,

è stato aperto ».

Bartolomeo Romani, medico, pure di Saluzzo

parla della galleria (10): « Il grar

e ancora con

artificiosa mano formato alla radice dell'altissimo

monte Vesulo, per cui agiatamente passano uomini e

giumenti in Delfmato»; Il Vescovo di Saluzzo, Fran­

cesco Agostino della Chiesa, aggiunge (II): « Monviso

fu già nei secoli passati con mirabile arte, e con forza

di ferro e di fuoco, per il corso di quasi mezzo miglio

in tal maniera incavato, che per esso dalla valle di Po

in Delfmato a Ristoras si passa» (12); e più tardi

torna a scrivere: «A piedi del suddetto monte si

scopre una strada cavata nel duro sasso, chi dice

da Pompeo, e chi da altri a forza di martello, per la

quale i muli carigati nella valle del Po in quella di

Cherasio (13) che resta nel Delfmato, con facilità

passar possono» (14).

Ed ancora.

Monsignor Paolo Brizio Vescovo e Conte di Alba:

« Sotto la sommità del monte Vesulo vedesi quella

oscura bocca che serve di passaggio per entrare nel

Delfìnato, antica sì, ma però rinnovata dal primo

Francesco Re di Francia» (15). Ed in un'altra sua

opera: « Meravigliosa inoltre e spaventosa è quella

strada che passa sotto il Vesolo, a forma di grotta

con volta, lunga circa due stadii e che venne da

Francesco I, Re di Francia o aperta o ristorata» (16).

L'Anonimo compilatore del Theatrum Statuum

Regiae Celsitudinis Sabaudiae (17) scrive: «Dopo un

lungo tragitto per la valle del Po, fatta una salita

di tre miglia per suolo instabile (18) s'arriva alla

bocca di quella strada sotterranea famosa, stata

aperta col ferro e col fuoco. Per quella bocca si

entra in una grotta scavata nell'oscuro marmoreo

seno del monte, lunga circa ottanta passi, e s'abbrevia

considerevolmente per la via di Ristoras il cammino

dal Piemonte nel Delfmato, impiegandovisi soltanto

un'ora mentre che senza tale scavo i viandanti do­

vrebbero impiegarne molte e molte, girando per i

gioghi e le rupi circostanti. Poco tempo fa il passo

era ostruito, ma colla regia approvazione e munifi­

cenza del nostro Sovrano Carlo Emanuele, i popoli

di quella valle uniti con quelli di Cardé, ristabilirono

con prodigiosa cura la strada che per frequenti cadute

di sassi erasi ostruita» (19).