P R I M A T I
T O R I N E S I
G
iungerà gradito ai torinesi il ricordar loro che
il primo viaggio nuziale aereo - almeno in
Europa - è stato compiuto nel cielo della
nostra città da una giovanissima fanciulla torinese.
Il primato - per quanto relativamente recente -
non venne accennato neppure nei giornali dell’epoca
che all avvenimento non dedicarono eccessive co
lonne... quasi ai quadrati torinesi, allenati a ben altre
conquiste, un viaggio di nozze nel cielo fosse avven
tura ben naturale. Equilibrio da confrontarsi con quei
voli e cerimonie nuziali le cui notizie ci giungevano
strombazzate ed illustrate dall’America nell’imme
diato dopoguerra destando le più alte meraviglie.
Otto ottobre 1893.
I bollettini meteorologici ci dicono di un ottobre
caldo e profumato come i diciotto anni di una sposa
- Anna Demichelis - bionda, occhi azzurri, bene in
carne, la quale in quel giorno vede realizzarsi due
avvenimenti fra i più importanti della sua esistenza.
Ha unito, al mattino, nella parrocchia del Sacro
Cuore di Gesù in via Nizza, la sua vita a quella del
l’uomo che ama, il capitano Giuseppe Charbonnet,
il quale la porterà fra breve nel cielo azzurro, presso
le stelle pronube, in un non comune viaggio di
nozze. Per una fanciulla di quel tempo era certo un
raro privilegio!
II capitano Charbonnet, nativo di Guillotière,
presso Lione, è un torinese delezione. Risiede nella
città da oltre venti anni, è un ricco industriale spe
cializzato nella costruzione di caldaie a vapore e la
sua officina di via Chisone è conosciutissima. Aero
nauta intrepido, ha al suo attivo oltre sessanta voli,
qualche vittoria in gare internazionali, ed una esu
beranza invidiabile non ostante i suoi cinquantanni:
è un asso del tempo. Torino lo conosce, l’apprezza
e gli vuol bene come ad un figlio suo.
Il pallone è stato battezzato Stella ed attende
nel recinto del gasometro, allora situato in via San
Secondo angolo via Montevecchio, gli sposi.
La Gazzetta Piemontese aveva preannunziato il
lieto avvenimento per cui una folla enorme gremiva
i dintorni per tributare ovazioni ed auguri alla coppia
volante.
Sono le 16,30. Spira un moderato vento di nord-
est ed anche il sole viene a rompere il cielo rannu
volato.
Anna Demichelis ha preso posto nella navicella.
Gli ormeggi sono tagliati e la Stella balza velocissima
portando fiduciosi e risoluti gli amanti in cielo. La
si vede sopra Soperga e poi scompare, altissima.
Particolare delicato: la sposa è salita col bianco
abito della cerimonia e la corona di fiori d’arancio
che ancora porta in capo odora, lasciando una scia
nell’aura purissima.
Due ore di viaggio, due ore di emozioni dolcis
sime nella divina solitudine: 1.800 metri di distacco
daila terra, lontana, lontana...
La discesa avviene a Piobesi, e la prima tappa del
volo si chiude fra canti e suoni degli attoniti rustici
abitanti inneggianti ai viaggiatori arditi ed intrepidi.
Se nessuna radio portava per il mondo l’eco della
strabiliante notizia di Torino non per questo i vola
tori eran meno felici!
Ma il volo d’amore doveva essere veramente
simile a quello dell'ape!
Un terzo avvenimento stava in agguato fra tanta
felicità.
Il viaggio è ripreso il giorno dopo alle 9,50. Meta
Pinerolo dove risiedono gli zii della sposa. Sono
compagni Costantino Durando, operaio addetto all’of
ficina del Charbonnet, e Giuseppe Botto, cognato
di questi, ambedue torinesi.
Tempo favorevolissimo.
Si vaga su Barge, Cumiana, Saluggia.
Il pallone è salito a 4.000 metri; tutti sono felici
pel viaggio tranquillo e bellissimo; solo la sposa che
ha brutti presentimenti, vuole discendere... ma con
un balzo l’aereostato troppo alleggerito di zavorra,
risale a 6.500 metri.
Anna Demichelis narra:
« Il sole splendeva su di noi, ma l’aria era freddis
sima; sotto non appariva più che una nebbia fitta,
d’ogni intorno una solitudine desolante, terribile,
lo tenevo il barometro fra le mani per notare l’al
tezza. volevo parlare coi miei compagni, ma per la
rarefazione dell’aria non ci udivamo. Si vedeva il
moto delle labbra ma non si percepiva il suono.
Allora incominciai altresì a sanguinare dalle dita,
sotto le unghie, senza che la pelle si fosse rotta».
Improvviso un vento violento e fortissimo spinge
lontano il pallone in una atmosfera scura e minacciosa
dove turbinano goccioloni subito tramutati, per il
freddo intenso, in taglienti ghiaccioli.
La tragedia incominciava.
Il pallone ha uno strappo nell’involucro; precipita
corr uno sbalzo di 3.000 metri, poi ristà immobile,
piegandosi su un fianco, orizzontalmente. Per quattro
volte i volatori aggrappati alle corde corrono il
rischio di essere capovolti poiché il pallone gira vor
ticoso su se stesso. Non
è
possibile dirigere il volo