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Spiriti

e

forme

deirartigianato in Torino.

SIRO BEVILACQUA

(PITTORE CERAMISTA)

Fotografie Ing. Bertoglio

N

el concludere il volume

Arti del fuoco

(editore

Ceschina, Milano) il compilatore del 1927de­

plora l'abbandono dell'arte ceramica in Pie­

monte, che, nei passati secoli aveva avute gloria e

signorilità, indimenticabili. Oggi, anno XIII, rinver­

disce la primavera artigiana nella città dei Bonzanigo,

dei Piffetti e del chimico Vittorio Amedeo Gioanetti,

dalle cui mani sbocciò il sortilegio del vasellame che

allieta le sale del nuovo Museo di Palazzo Madama.

A dir vero, molti, troppi forse, ignorano che

dalle scuole municipali di Torino stanno sorgendo

stupende figure di maestri, di artigiani. Silenziosa­

mente, da anni, scuole-officina, scuole calcografiche,

fotografiche, ceramiste, ascendono verso un primato

con la nostalgia dell'aurea Torino barocca.

I

torinesi stessi non sanno che la liuteria ha, in

Torino, fra i molti capi d'arte un Evasio Guerra e che

si potrebbero agevolmente stendere sulla carta o

incidere sulla via della gloria i nomi d'una plejade

squisitamente signorile ed originale di artigiani della

mala, del ferro, del cuoio, dell'argento, della ve­

trata, del legno.

Queste note vogliono essere la promessa di una

vivace serie di articoli alla scoperta del magnifico

tipo dell'artigiano piemontese, troppo taciturna­

mente restio e troppo signorilmente modesto.

E cominciamo da SIRO BEVILACQUA la cui bot­

tega fascista di artigiano della ceramica è diventata da

anni il centro di tutte le attività ceramiste diffuse

nelle scuole artigiane, nei compatti nuclei di scuole

signorili, in conventi, in istituti di vario grado e nei

numerosi

ateliers

improvvisati dalla iniziativa e dal

gusto di signore e signorine della cittì e delle varie

regioni d'Italia.

Bevilacqua, pittore dei fiori, è nato tra i fiori, a

Leggiuno, a mezza costa del monte, in faccia al nobile

LagoMaggiore; figlio del giardiniere-capo dei Visconti

Borromeo: razza agreste; dodici, tra fratelli e sorelle,

a tavola; appena in grado di tradurre le forme del

fiore o delle foglie a nove anni, nell'Isola Bella, egli

già sente la passione di Ruskin: «vedere, sentire,

tradurre» la htotura.

Forti figure d'un tempo, che oggi restano i guida*

tori delle nuove pattuglie artigiane. Egli, adolescente,

si butta per passione istintiva, ostacolato dal padre,

nella fabbrica di Laveno. fondata nel 1855; durissimo

calvario di fatica; dodici ore di lavoro, a quell'età;

poi. a sera, una minestra, la strada lunga, tutte bianca

di neve; in fondo alla strada la scuola serale di Laveno.

dalle venti alle ventidue, dopo aver guadagnato nelle

dodici ore della giornata ben quindici centesimiI

Bisognerà giungere a dodici anni per ottenere dieci

soldi ai giorno e una lira per istoriare con la sua prima

pittura ceramica cento pomi da ombrello!

Ma l'arte del fuoco, a Laveno. è un istinto; Marco

Reggiori, suo maestro, ne riconoscerà la passione, e

a Genova, assoldato dodicenne, nell'unico vasto em­

porio ceramico, queil'ordegno di muscoli e di vo­

lontà, riesce a coprire le tredici e le quattordici ore

di fatica lavorativa.

La nostra anima moderna fascista, si rivolta allo

strazio delle infanzie un tempo sfruttale.

Giorni

di

festa, senza festa; al

lavoro, e. giù. per tre anni,

a

decorar tondi. con

monogrammi e selvagginae frutta,

a dar lezioni in fenicie

sicnorili, riuscendoaliascuola

v'T.*

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