FRA
I LIBRI
i
lo mettono in una luce bellissima. Ma leggerle tutte non è cosa da
tutti, tanto più che sono numerose e di vasta mole e contengono
spesso ripetizioni che stancherebbero.
Ma Giuseppe Tarozzi ha avuto non solo la pazienza di leggerle
tutte, ma anche l'acume, e qui stava il difficile, di trarre da esse solo
quei passi che valessero a rivelarne gli studi, il pensiero ed il risul
tati ottenuti coi suoi sistemi.
Libro dunque utilissimo e piacevole che dovrebbe trovare il suo
posto sopratutto ed anzitutto nella biblioteca delle scuole magistrali
ed in quella dei maestri, e non solo per ornamento, ma per essere
veramente letto e meditato.
Prof.ssa ADELINA ZIGNOLI
Giuseppe Giovmnuzi:
La Scuola del Balillo. Commento ai Nuovi
Programmi per le Scuole Elementari. Casa Editrice G. B. Pa
ravia & C., Torino. L. 12.
Quando i nuovi Programmi di Studio per le Scuole Elementari
pubblicati col Decreto Ministeriale 28 settembre 1934 furono letti...
da chi ne aveva l’obbligo o comunque interesse, si ebbero due cor
renti di interpretazioni perfettamente opposte.
« Nulla di cambiato - dissero gli uni, - salvo qualche sfronda
mento ». ma gli altri trovarono un cambiamento sostanziale e i pro
verbiali fiumi di inchiostro furono versati per provare le due opposte
affermazioni.
Ora la differenza tra i programmi del 1923 e quelli di oggi, sta
non solo e non tutta in qualche sfrondamento, ma nel mutato indi
rizzo educativo, nella volontà di far convergere l’educazione alla
formazione della nuova coscienza fascista a sopprimere i vecchi e
vieti motivi regionalistici. L'Italia col suo popolo, la sua storia e la
sua civiltà informa tutto l'insegnamento per formare nel fanciullo
ia vera e nuova anima italica. Ed ogni insegnamento non considera
più il fanciullo come fanciullo in sè, quale può essere sotto ogni
cielo ed in qualsiasi parte del mondo, ma crea quei particolari pro
grammi che si adattano in modo speciale e perfetto al fanciullo d'Italia,
al fanciullo che perchè italiano e Balilla ha un'anima ed un modo di
sentire e di vivere che è proprio suo e solo suo.
Queste ed altre cose interessantissime sono dette nel presente
libro che commentando i programmi ne svela l’intima essenza e li
rende facili ad applicare e veramente utili; che appiana la strada
a chi deve studiarli e a chi deve applicarli. Libro preziosissimo
dunque per ogni insegnante che abbia già una scuola o che voglia
conquistarla, e per chiunque si occupi dei fanciulli che sono pur
sempre il centro della vita, perchè senza la necessità di pensare a
quelli che verranno un giorno a continuare ii nostro lavoro cesse
rebbe lo scopo deila vita e del lavoro stesso.
Prof.ssa ADELINA ZIGNOLI
|> Le vicende. Casa Editrice « Quaderni di Poesia »,
di E. Cavalieri, Milano-Como. L. IO.
Non si può assolutamente leggere questo libro saitando, come è
pessima abitudine di molti, la prefazione, chi si rischerebbe di
non capirne nulla, e di rimanere forse un poco delusi
Spiega difatti l'Autore, non trattarsi di «un viaggio ideale o di
un sogno, ma di un'elevazione spirituale, di uno stato di sublima
zione arcana,* sfiorata dalla grazia superiore ».
Nè manca, a completare le delucidazioni, un utilissimo schema-
paragone.
Ascende dunque il Poeta il mitico monte, per ricevere dalla Dea
l'anel di Gige, per forgiare e temprare il suo stilo, e foggiare l'idea,
elevandoti nei più ahi cieli ed immergendosi nei più profondi abissi.
Segue un’invocazione umana ed una mitica ed incominciano le vi
sioni. Vien prima il mito Latinico, fusione di classicismo e di moder
nismo con la storia di Roma, dalle origini ad oggi, la predizione
Dantesca del veltro che si personifica nel Duce rinnovatore, e la
visione di Roma, da Lui rifatta regina del mondo.
Passano poi le ombre di creature che furono vive durante la
Grande Guerra, e combatterono colla spada, coi pensiero, o con ia
preghiera, come i morti soldati dei vari fronti. Miss Cavell e Pio X .
e giungono infine le penembre dei condottieri viventi.
Poi il Poeta ritorna alla luce ed alla vita, avendo restituito l'anello,
ormai inutile, alla Dea.
Notevole nel libro è lo sforzo di rendere il trapasso dalla vecchia
civiltà feudataria d'anteguerra, al moderno progresso della civiltà,
tutta tesa verso una perfezione che è veramente perfezione perchè
etica e materiale insieme.
Prof.ssa ADELINA ZIGNOLI
Augusto Monti:
L'iniqua mercede. Edit.Ceschina, Milano, 1935. L. 12.
Il
terzo libro di cronaca domestica del Monti ha come sottotitolo
La Storia di Papà che lo riallaccia ai primi due; ma veramente il primo
I Sonsóss) — quello che ha fatto conoscere e subito ammirare questo
nostro ottimo scrittore piemontese — non fa la storia del Sor
Bortomlin, solo ce lo presenta nella sua tipica figura di papà. Nel
volume successivo Quel quarantotto! e nell'attuale L'iniqua mercede
il protagonista è ancora il Sor Bortomlin, ma non più come papà,
bensì come uomo, inquadrato nel suo tempo e nel suo ambiente;
peraltro, specie questo terzo volume or ora pubblicato, che ci
narra di lui la vera vita (nel '48 era ancora un adolescente), ce ne
chiarisce anche il carattere e viene ad illuminare ancora una volta
quel magnifico papà che ci fu presentato coi Sansàssì.
Il
libro comincia proprio al cominciar della vera vita del Sor
Bortomlin, la vita di lavoro; il Bortomlin giovinotto, commesso nel
negozio del Sor Mòris, nella Torino del '50, un commesso un po’
provinciale - veniva allora allora da Monesiglio - e quindi un po'
ingenuo, ma tutto onestà e tutto sentimento, che si innalza sul
gruppo degli altri commessi, più fini nella loquela e più grossolani
negli atti. Questo però non è il suo ambiente, non è il clima morale
per lui e Bortomlin ritorna a Monesiglio, dove si ritrova fra i « buli »
delle Langhe, giocondo di una gioia sana, fatta di musica, di canti
e di oneste risate. Poi da Monesiglio a Ponti, ancora giovane ma già
uomo, ed ecco qui subito un episodio caratteristico di questa figura,
bizzarra e nobilissima.
Nel '55 ci fu il colera, e. a Ponti, come altrove, il popolino pensò
- vecchia ubbia! - agli untori. Due forestieri han bevuto al Fonta
nile, il Fontanile i malefiziato. Dalli ai forestieri! Come persuadere
quella gente che le eran fole? Bortomlin, seguito dalla turba, andò al
Fontanile, e. alla spaventata presenza di tutti, bevve, bevve a più
sorsi l'acqua <malefiziata »; Ponti attese inorridita l'assalto del
colera a Bortomlin, ma l'assalto non venne e l'ubbia passò.
Egli era dunque dappiù della comune gente del suo tempo e tale
superiorità riconosciuta a Ponti, dove fu segretario factotum degli
affari pubblici, fu, insieme colla coscienza del bene fatto ai suoi
concittadini il grande conforto della sua vita. Purtroppo non fu nei
suoi privati affari cosi destro, come nei pubblici, e, come spesso
avviene agli onesti in lotta coi furbi, agli idealisti in lotta
coi calcolatori, conobbe le strettezze ed i dolori (peccato, non
essere entrato allora in casa Monti un biglietto fortunato della
Lotteria di Tripoli! Ma ne sarebbero usciti poi i tre bei volumi
di Augusto?); i rovesci però non alterarono mai la sua fisionomia
morale, non piegarono mai il suo orgoglio di sentirsi un valente
sfortunato, e sopratutto non gli tolsero nulla delle sue gioie pa
triottiche, mentre il suo sogno italico si avverava e si compieva a
Roma.
Peraltro se la figura del Bortomlin,
è
proprio quella a cui si deve
il libro dei Monti, in onore di Papà, l'interesse ai lettore deriva in
ugual misura dall'eroe e dal suo ambiente. Le figure che si muovono
intorno a lui, ia storia che vi si svolge, grande storia e piccola cro
naca. tutto incatena, e più spesso diverte chi legge, specialmente
noi piemontesi; la città di Torino nei 1850, il piccolo borgo di Monei
siglio^il piccolo Municipio di Ponti, le grane elettorali, le question-
ferroviarie. e tutto quei senso di vita nuova che sorge coi dilagare
del Piemonte per tutu Italia: il tocco rapido e sicuro con cui sono
tracciati i vari tipi, il Sindaco saggio, ii consigliere maligno, l'uomo
d'rfhrfgalantuomo e sentimentale e quello tutto l’opposto, e persino
un piccolo ambiente letterario in cui troneggia il poeta Regaldi,
celeberrimo ai suoi tempi: tutto è messo giù con tanta naturalezza,
tanto brio, tanta arte che il libro riesca piacevolissimo, a. quando he
da commuovere, commuova con giusta convoctezza. e tutto dova
può insegna, educa, laida traccia m
I un buon libro, ecco tutto.
CESANE LAUOI