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che sempre più si estende fra le classi proletarie,

frutti» non dimenticatale dell'urbanesimo crescente.

Ed è assai interessante notare come questi soggetti,

a

ditìerenza di quelli discesi dalle classi superiori,

ripidamente assimilano sentimenti, costumi, abitu­

dini. modi di esistenza «Ielle classi medie, contri­

buendo così alla formazione di quel tessuto connettivo

che il Regime, attraverso la politica mussoliniana

dell’accorciamento «Ielle distanze, rende sempre più

compatto nell’unitarietà e nella coesione che carat­

terizza la condotta politica del Fascismo.

* * *

Ci sembra quindi poter concludere, in una prima

approssimazione, che la storia delle classi medie è la

storia stessa delle popolazioni nascenti dalla nuova

vit;i economica, dai commerci e dalle industrie, non

meno che dalla nuova costituzione statale. È la

storia che si confonde con quella del risparmio e del

potere di difesa degli elementi che questa classe

compongono.

Abbiamo già rilevato come dalla rivoluzione indu­

striale in poi, con il perfezionarsi del capitalismo

contemporaneo — per distinguerlo ila quello più ali­

tilo e inteso in senso storico — lo sviluppo economico

contribuisce a questo ampliamento titoli strati com­

ponenti i ceti medi, e come l'incremento della popola­

zione, dei bisogni, dei tieni diretti favorisse il perfe­

zionamento dell'idea statale, intesa come ('organizza­

zione giuridica della società in continuo divenire.

D'altra parte lo Stato, col ricavo di nuove imposte,

con i nuovi vincoli contrattuali con l'individuo, con­

tribuisce a creare questa vitalissima intelaiatura, che,

distrutta altrove, tende ugualmente, a costo di ri-

poste, inattese energie, a lentamente risorgere.

L i formazione e il perfezionamento della classe

media in Italia — come del resto in ogni altro paese

— è particolarmente evidente nella recente formazione

industriale. Però da noi, più che altrove, la struttura

economica della nazione, la natura del comparto

della ricchezza, contribuiscono a mantenere viva la

tr idizione del medio ceto.

Intanto, come già abbiamo rilevato, non si può

dimenticare la struttura agricola del nostro paese e

la funzione dell'agricoltura dal punto di vista della

creazione e conservazione dei ceti medi.

E se è vero che è precisamente dal contado che

*»elidono in città alla ricerca di una istruzione supe­

riore i figli, non certo per ciò degeneri, delle classi

tradizionalmente rurali, non bisogna dimenticare come

col tempo e specialmente dopo la guerra, siano venuti

a ridursi sempre più i vantaggi monetari e sociali

della proprietà fondiaria.

Ne sono segni evidenti i cambiamenti intervenuti

nella tecnica agricola, l'aumento crescente delle im­

poste, sopratutto quelle locali che tendono sempre

più a ridurre il reddito dominicale, l’incremento di

altri svariatissim i carichi, onde non stupisce se alla

terra occorra dare oggi non solo maggiore energia,

ma maggiore attività, acume, abilità, spirito d’intra-

presa. Si aggiunga a tutto ciò la situazione nuova

eeonomieo-sociale del fondo valle, del piano, della

città, e non sorprenderà se nuove condizioni di equi­

librio vanno ricercate nell’odierno corpo sociale.

Per quanto diffìcile ed anche inopportuno sia cer­

care classificazioni valevoli per tutto il paese, in fatto

di proprietà agricola, in (pianto sia per la natura

delle regioni agrarie italiane, sia per la diversità di

conduzione, quanto per la qualità e il tipo di colti­

vazione, il concetto di «<piccolo », « medio »e « grande »

indipendente dal valore della produzione e riferito

alla totalità del territorio italiano, presenta un signi­

ficato di importanza assai dubbia e scientificamente

inesatto; tuttavia non devesi dimenticare come prima

della guerra i cinque o sei milioni di proprietari

significassero più d’un proprietario per ogni famiglia

agricola. « Situazione saldissima — rileva l’ Einaudi —

se quasi i nove decimi di quei tanti proprietari non

avessero dovuto contentarsi di non più che mezzo

ettaro ognuno, neppure

3

milioni di ettari

si

>1

territorio agricolo nazionale » (

1

). Passando a rilievi

più particolari su la ripartizione del suolo agli effetti

della proprietà fondiaria, possiamo considerare i se­

guenti dati, gli unici che possano avere un qualche

significato. Prescindiamo dalla frazionatissima e di­

sperila proprietà di montagna e dalle proprietà comu­

nali, che ai fini ilei nostro studio non ci interessano, o

almeno ci interessano in modo relativo, iu quanto i

proprietari di quei terreni, anche se rappresentano

non montanari veri e propri, ma proprietari impor­

tanti di fondo valle e del piano, difficilmente contri­

buiscono alla formazione di quella classe media dotata

di quelle caratteristiche, di quei sentimenti, di quelle

aspirazioni di cui qui si discorre. Prescindiamo pure

«lai latifondo e dalla proprietà estensiva del meridio­

n a l ove la terra è ancora sottoposta a speciali con­

dizioni di condotta giuridica che si riallacciano sto-

ricamente al collettivismo agrario e all’esistenza dei

demani fcu«lali, fenomeno che a poco a poco per l'in­

tervento del (ìoverno Fascista ten«le a scomparire, e

riserviamo le nostre brevi considerazioni alla pro­

prietà privata specialmente «Ielle regioni di collina e

di pianura. Nella pianura padana irrigua alla sinistra

«lei Po, prevale la media e la grande proprietà: la

piccola proprietà la troviamo generalmente attorno

ai liorghi rurali, ai capoluoghi di comune.

Altrove troviamo come nella zona settentrionale

prealpina e dell’oltre piano una tendenza maggiore

verso il frazionamento della proprietà. Ed è giusto

rilevare a questo proposito come il fenomeno iniziato

già durante il secolo X V III ma intensificatosi sopra