Table of Contents Table of Contents
Previous Page  46-47 / 1981 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 46-47 / 1981 Next Page
Page Background

La M m pn diacuna cupola

di

S. Caudanxio a Novara

Via Giuseppe Verdi sul corso San Maurizio. Costruita

la casa, venne aperto il « Cattò del Progresso ». noi

cui due piani sottoterra pare appunto si radunassero

i cospiratori.

Sino a

jk k 'Iiì

anni fa, era visibile ancora, tra l’altro,

una stiletta circolare, graziosa e di un certo gusto clas­

sico, che rivelava le caratteristiche del ritrovo segreto.

Damascata di rosso, con marmi e specchi, doveva essere

il locale destinato a coloro che costituivano lo stato

maggiore.

Qualche anno fa, su questa casa venne fatta murare

una lapide in cui si ricorda che in essa spesso si aduna­

rono gli uomini di avanguardia del Risorgimento. E tra

i citati vi sono Cavour, Garibaldi e Crispi.

A correre dietro alle informazioni, ci sarebbe pure da

dire che dai sotterranei di questa casa si dipartivano

delle gallerie, attraverso le quali potevano trovare scam­

po i carbonari durante le sorprese della polizia.

Sin qui, abbiamo conosciuto soltanto l’AntoneUi mi­

nore, azzardoso e testardo; ma non ancora abbiamo

conosciuto l’altro Antonelli, quello della guglia ardi­

tissima. il realizzatore dei progetti combattutissimi.

Dei due colossi antonelliani, la più anziana è la cupola

di S. Gaudenzio di Novara, iniziata nell’anno 1860 e

terminata verso il 1880.

Millecento sono i gradini che portano alla cima di

San Gaudenzio; a quella della Mole, si giunge dopo

averne contati mille e duecento.

La cupola di Novara venne ideata dall’Antonelli

mentre erano in corso i lavori per il Duomo. Presentati

i progetti, la proposta dell’architetto viene accolta con

l’incarico però di terminarla entro pochi anni. Ma di

anno in anno, si giunse firn» al 1880. E la spesa, da trenta

mila lire è salita a trecentomila.

I

novaresi erano preoccupati dell’ascendere continuo

della cupola; inoltre ingegneri e costruttori avversavano

in pieno l’opera dell’Antonrl!i. Ma questi, quasicchè le

discussioni e i sopraluoghi, ordinati

j x t

verificare la

solidità della fabbrica, non lo riguardassero, imperter­

rito continuava nel suo assalto al cielo. Finalmente,

venti anni dopo che i lavori erano stati iniziati, l’Anto-

nelli poneva termine ad essi; e sulla cima della cupola,

veniva messa la statua del Redentore, che pesa 4 quin­

tali ed è tutta rivestita d ’oro.

È un’ingiuria dire che l’Antonelli, fidandosi troppo

della sua capacità, non aveva previsto i pericoli che

hanno oggi messo in allarme i novaresi.

Lui vivente, la cupola di San Gaudenzio aveva dato

sintomi di instabilità.

Malgrado i suoi novantanni, egli si recò al primo

allarme, a Novara, sereno e tranquillo; e visto il male

ne trovò il rimedio.

Nella Mole, i lavori di irrobustimento vennero ini

ziati nel 1930, sotto la direzione dell’ing. Alberto Pozzo

Attorno ai venti pilastri di cotto, che reggono la

costruzione, ne vennero eretti degli altri colossali di

cemento.

La Mole venne pure rinforzata con potenti iniezioni di

cemento nel sottosuolo; poiché era il fondo ghiaioso

che presentava il pericolo maggiore.

La Mole venne costruita, come è noto, per incarico

della nostra comunità ebraica, la quale voleva fame

una monumentale sinagoga per ricordare l’editto con

cui Re Carlo Alberto aveva concesso agli ebrei di abi­

tare fuori del ghetto.

Cominciata nel 1863, anche per essa non si credeva

clu fosse destinata a giungere a tanta altezza. In dieci

anni di lavoro, l’Antonelli era riuscito a costruirla sino

al vertice della grande cupola arcuata. Qualche anno

dopo il Municipio di Torino, ammirato della monumen­

t a l i dell’edificio ancora in corso di costruzione, chie­

deva alla comunità ebraica che gli venisse ceduto in

cambio di un’altra degna sede.

Negli ultimi anni di vita l’Antonelli, che, malgrado

l’età e gli acciacchi, seguiva costantemente la crescita

Iella sua creatura, nell’impossibilità di salire le centinaia

di gradini, visitava i lavori della Mole facendo tirar sù,

con un sistema rudimentale di corde e di carrucole, la

poltrona su cui passava la sua giornata.

Dopo la sua morte, la Mole venne ultimata dal figlio

ing. Costanzo (deceduto nella nostra città nel 1923).

I.a cura con cui l’Antonelli seguì la costruzione di

entrambe le sue ardite creature, diventò proverbiale.

Sia per San Gaudenzio che per la Mole, è noto che egli

non passava un mattone sen/a prima averlo pesato;

sorvegliava, inoltre, l’amalgama della calce ed istruiva

gli operai carpentieri e muratori su come dovevano

manovrare per salire ai ponti più alti...

\ Torino, da quando sono stati portati a termine i

lavori di rafforzamento alla Mole, nessuno più si preoc­

cupa della sua salute.

E. se sorgono dubbi, c ’è la stella gigantesca lassù che

conforta, con i suoi raggi che paiono braccia protese

verso il cielo. Questa stella, sostituì l’angelo di rame

rimasto folgorato durante un fortunale nel 1904. Occor­

sero opere difficili e costose, per far scendere dall'inco­

moda posizione l’Icaro antonelliano che ora riposa nei

sotterranei della Mole.

Per molto tempo, la Mole rimase accessibile a tutti

i visitatori. Ma essendo poi accaduti dei luttuosi inci­

denti, che tornavano a svantaggio totale del Municipio,

il quale doveva provvedere spesso a riparazioni ed a

restauri dei cornicioni esterni, i permessi vennero prima

limitati e, quindi, definitivamente soppressi.

Poiché abbiamo accennato ai ... voli dalla Mole, ricor­

diamo un tragicomico fatto accaduto ad uno studentello

bocciato, che voleva punire se stesso. Recatosi sull'ul­

timo balconcino della Mole, egli si lanciò nel vuoto...

tenendosi però ben stretto alla fune metallica del para­

fulmine. Invece di precipitare, il giovane scivolò così

lentamente al basso, fermandosi poco sopra la grande

cti|K)la, da dove venne tolto dai nostri pompieri.

Dell’Antonelli, ancora molto ci sarebbe da dire; per

esempio, ch’egli aveva studiato alla Brera di Milano e

alTUniversità di Torino; che a Roma aveva seguito

degli speciali corsi di architettura, che era stato per vari

detenni professore alla nostra Accademia Albertina e

chi’ era pure stato deputato al Parlamento subalpino.

Da

questo si deduce che non era poi quello che di­

ce; ano

i suoi contemporanei: un maniaco pericoloso.

Doveva però nascere cent’anni dopo, per trovarsi nella

sua giusta epoca.

Casa MrAatMMiii: la facciata « 4 matti -