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e uii bambino li guarda ad occhi «palancati come tesori

quasi irraggiungibili per cui non si parla di idrogeno nè

di gomma, ma soltanto di aerostati nel cielo.

Esistono certe giostre piccolissime che portano attorno

ridicoli carretti in forma di carro-attrezzi dei vigili del

fuoco, e pupazzi intirizziti girano gravemente in abito

da pompiere guardando i bimbi affannati nel maneg-

giare pompe che non si srotolano e volanti che non fun­

zionano: ma tutto gira e tutto è bello, sopratutto quello

che è più grottesco. Altre poi, sempre di misura ridotta

perchè i loro clienti raggiungono raramente il metro di

statura, hanno barche con vele e timoni, con rappezza­

ture e pitture come se fossero vere: ma lo sono, certa­

mente; almeno, provate a dire il contrario a quel mar­

mocchio che si attacca al timone navigando in tondo

per chissà quali mari, proprio come gli uomini, e saranno

pianti quando lo si vorrà distaccare di lì.

Ecco, i bimbi, questi piccoli veri saggi della vita, che

sanno molto bene quello che merita di esser fatto sul

serio e quello che uon vale la pena, sono forse gli unici

che sappiano trarre dalla festa un grande significato di

mondo nuovo e strano, dai colori vivaci e dalle forme

grottesche, parente stretto di quel regno delle fate da

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cui sono venuti e dal quale, per diventare adulti, stana

per distaccarsi. Gli altri ... non contano, essi vivono ca

serietà e compostezza. Se si eccettuano forse le servett

prosperose che torneranno a casa piene di lividi di pizzi

cotti, e i soldati che faranno tardi a rientrare in casernt

e saranno poi consegnati.

Poco più tardi la piazza si sfolla (qui si va a letto presto|

le luci si smorzane», molte si spengono, i rumori diminui

scono: rimangono in pochi, che cercano di far chiasi

da loro, per mostrare di essere ancora allegri, ma no

riescono a riempire la piazza che risuona a vuoto. Menti

le automobili elettriche fanno gli ultimi giri, quella ini

sica, che è rimasta sola, può anche mettersi a suonai

un m otivo che fa ritornare qualche tristezza. E una scia

mia africana, dall'alto di un trespolo «la cui non vuol

scendere, guarda con >consolato aspetto meditativo l'osci

rità rotta di luci elettriche muovendo incessanteraenl

il capo brutto e triste. Non si sa se pensi alle sue anticà

foreste e alla libertà perduta, o alle frustate che il padroni

povero come lei. le dà sovente invece del cibo e

eh

dente sotto la sua pelliccia da poco prezzo.

MANGUST

fi traila 1 impressione di novità che si prova, ritro­

vando liriche già lette sparsamente su quotidiani e

radunate in un volume unico

(Le più belle

liriche italiane dell'anno 19H7-XV),

scelte da Ni­

cola Moscardelli (Roma, Libreria Interna/.. Mo­

dernissima). Il panorama della nostra letteratura

poetica ne esce mutato: e non soltanto perchè, trat­

tandoci di un florilegio, i detriti restano sommersi

tra onde più lucide e pure. Emergono ora in piena

Iure liriche e spunti di liriche su cui prima assai

meno si era attardato lo sguardo: forse perchè alla

fretta della lettura di un periodico sottentra una

calma e pacata attenzione? o perchè quelle poche

gemme non riuscivamo a districarle dal materiale di

scarto di cui erano avvolte?

Rinunziando a rispondere a simili interrogativi, che

l'hanno spellata in più punti, povera bestia rabbriv hanno

una importanza puramente pratica, è certo

che l'iniziativa che abbiamo sottocchio è una di

uelle più propizie ad uno sguardo retrospettivo,

giudizioso e sereno, degli autentici valori poetici (e

qui la parola

poetico

viene assunta, come è chiaro,

el suo significato tradizionale) creati concretamente

ella vita letteraria nazionale. « Per ora importa solo

estimoniare — scrive il raccoglitore nell'introdu-

ione — che la poesia e l'amore della poesia sono

n vivi». Dichiariamo di esserci stupiti noi stessi,

leggendo il libro, di constatare quanto il Moscar­

di avesse ragione. (Ihè da questa visione panora­

ma risulta evidente come l'amore e il fuoco della

ia sia tenuto ben acceso non soltanto da quei

altro o cinque poeti che siamo abituati a consi-

lerare come i più

rappresentativi

; esiste veramente

i un

clima

lirico, qualunque sia l'altezza cui gli

u concesso di arrivare; e dicendo un clima, inten-

liaino affermare che concorre a crearlo tutta una

iera di poeti giovani e vecchi, e tutti, nella di*

onnità dei temperamenti e degli stili, respiranti

una atmosfera uniforme e ben consistente,

questo fatto forse raramente si pensa : che seco­

ndo assieme poeti ligi a una certa continuità di

ed altri nettamente, e sia pure pruden-

avanguardisti; e fra i poeti più vivace*

aderenti alle nuovissime forme di sensibilità,

fra loro lontanissimi come Ungaretti e

Betocchi e Capasso; potesse tuttavia risul-

una piana superficie appena accidentata dal

rilievo di ciascuno. Eppure tutti vedono

mondo con occhi simili e diversi ; gusti e sensibi-

disparatissime, tutti dischiudono una visione

e nuova.

interessantissimo (se i limiti deirartìcolo

permettessero) descrivere quest'uniformità di vi*

Che nei migliori conserva sempre, anche nella

attualità del loro lirismo, un'interiore d e­

formale; e una luce aperta e quieta, die apre

e illumina dall'interno anche le forme più chiuse

e vicine airermetismo. Aderenza alle cose, un com­

baciare quasi con i materiali fatti della vita; e leg­

gerissime trasfigurazioni che si librano e dondolano

caline sulla distesa realtà poetica come navigli as­

sorti in un mare in bonaccia: mai quella trepida­

zione nervosa, quel palpito di una vita giunta al

parossismo della sua raffinatezza sensuale, che ci

rende così cari, ma anche così pericolosi, il simbo­

lismo inglese, americano, e soprattutto quello fran­

cese. Basterebbe questa infinita lontananza di afflato

poetico e umano, per scavare un abisso fra i due

simbolismi.

Ermetismo? In questo volume, forse in grazia al­

l'oculata scelta operata dal Moscardelli, non l'ab­

biamo incontrato. A meno non si intenda per erme­

tismo il dono e la gioia stessa del nostro moderno

modo di vita; chè non siamo più adatti a guardare

le cose attorno nella loro squadrata solidità, quando

un castello non è che un edificio di mura pesanti e

turrite, e la natura un giardino di fiori o una catena

di monti, ognuno col suo nome ben definito,

logato col suo cartellino preciso e definitivo. Dante,

e perfino l'Ariosto, vedevano così, e non è detto

che i loro fantasmi, così rivestiti di elmo e di corazza

( fuori di metafora : colti nella loro compatta robusta

realtà) andassero esclusi dal regno della poesia. Per

noi invece è sempre un'oscillazione dolcissima o

dolorosa, fra le cose che ci toccano e le ferite che

ci imprimono; e non c'è più distinzione fra pae­

saggi naturali e paesaggi spirituali, quando gli uni

entrano negli altri e lo spirito poetico non riesce

più a trovare se stesso se non dietro il velo delle

delicate e lucide apparenze che lo circondano.

Questo nostro simbolismo, chiaro e luminoso, non ha

nulla in sè (nei migliori sempre si intende) di ma*

lato e di decadente; è stato introdotto, ne abbiano

o no coscienza i suoi realizzatori, da Pascoli; e non

è poi altro che un modo nuovo di sentire, una pura

forma di sensibilità fantastica; dentro vi potete av­

volgere un contenuto sentimentale qualsiasi, e anche

quello dei canti d'Omero se fosse possibile, ma

sempre tutto passerà attraverso il filtro d'una intuì*

zione fluida e

intima

alle sue

immagini

; quella

die

affratella

il

modernismo

tradizionalista di Pastonchi

e Novaro al modernismo

spiegato e avventato di

al*

cuni giovanissimi. Da questo volumetto,

per dii non

se

ne

fosse

accorto prima, risulta ben chiaro che qua­

lunque rinnovamento letterario possa capovolgere le

nostre

posizioni

attuali, noi

abbiamo conquistato un

tono e un metro che non andranno persi mai più.

La scelta del Moscardelli è condotta con un gusto

die dovrebbe accordarsi eoa la maggior parte dei

lettori intelligenti; anche se ognuno arri le «

m

ri»