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Avveniva che io sovente m i recassi sulla riva

del fiume, assieme ad un mio amico di mirabile

anima.

Si preferiva quell'angolo di riva che reca ai piedi

di una lunga rampa tli scale che poi immette subito

nella città. D i fronte, c’è un ’alta chiesa gialla che

nei pomeriggi nebbiosi, sebbene sia quasi invisibile,

è sempre individuabile per merito «Ielle campane che

ogni ora in* rammentano la presenza. In questo luogo,

ci pareva di essere separati da tu tti e assieme si

discorreva di quelle eose che avevano speciale a tti­

nenza colla nostra vita e colla materia del nostro

libero studio — ci sono tra studio e vita impensati

rapporti che, approfonditi, suggeriscono variazioni di

altissimo valore nell’ordine spirituale. Egli parlava

con una lentezza che dava al pensiero trasparenze

luminose: « davanti a ciascuno «li noi — «liceva —

c'è una invisibile lm erua che ci s«‘gna la strada; guai

se essa si spegne. In questo caso le strade diventano

improvvisamente buie e noi si camm ina come sper­

duti e, anche se non si ha la forza di confessarlo, si

sente che «jualcosa in noi è venuta meno per colpa

nostra, perchè spetta a noi di non lasciar spegnere

la lucerna... Sì, spetta a noi di non lasciar spegnere

la lucerna ».

lo invece, più violento, avrei voluto esprimere con

un solo grido (quello che mi faceva gorgo «lentro; «li

questo egli sovente si lamentava; tuttavia, essemlo

«*gli molto buono, non si ebbe mai a litigare, nemmeno

per burla. Dopo le discussioni che duravano sempre

qualche ora, ci si metteva proprio suir«»rlo estremo

della sponda «lei fiume pel piacere di osservare la

«■orsa deU'acqua; ogni tanto si guardava anche qualche

pescatore intento alla sua fatica. Ma poi si finiva per

metterci a pensare «ignuno per suo conto, silenzio­

samente.

Al di là della strada, attraverso la leggerissima

nebbia si vedevano le enormi insegne dei negozi;

ricordo con grande nitidezza la strana impressione

che provavo quando i miei occhi si fermavano su

«juestc insegne scritte sui muri già un po’ scrostati

(poiché quelle case contano già due secoli) coll’in­

chiostro nero e già stinte e destinate a morire ogni

giorno un poco. Correvano via le automobili e scom­

parivano; similmeuie gli uomini si sfioravano incro­

ciandosi o camminandosi a fianco, ma ognuno, tutto

chiuso nella sua pena o nella sua gioia, era — ed è

sempre «osi «lei resto — terribilmente estraneo al-

i’altro;ogni cosa, infine,dava la sensazione d’un fiume,

o le nostre fantasie già un po’ stanche ci inganna­

vano, lascian«loci in seguito noi attrarre per soverchio

abbandono nel giro «li questo vorticoso inganno; è

certo però che in noi si ricostruivano i m iti della

sapienza antica: tutto scorre come fiume.

Una volta,

essendo noi come di solito sul fiume

— si

era

nel mese di novembre — scorgemmo un

certo numero di barche che inseguivano qualcosa

d’informe trascinato dalla corrente; correva veloce­

mente ora affiorando ed ora scomparendo con una

incredibile regolarità; finalmente un barcaiolo pii

destro «legli altri, riuscì ad aflVrrarlo <•011 uno strano

strumento mezzo bastone «* mezzo rete. Questo fatto,

tanto la gente è curiosa, servì a far popolare la riva

«lei fiume.

Subito ci «Ussero che si trattava di un cada­

vere «l’un uomo accidentalmente caduto nell’ac«|ua;

in seguito, «lopo che erano già venuti i carabinieri,

circolarono altre ipotesi, tutte attendibili m a senza

alcuna base di certezza; l'unica cosa certa era l’avere

egli concluso nella morte il suo segreto che, per le

condizioni non comuni della conclusione, appariva

ancora più misterioso e insolubile «li quello che foro*

non fosse nella realtà. Kicordo ancora la nostra tri­

stezza di quel giorno; essa si protrasse poi per pa­

recchio tempo. Si stette m uti per un buon tratto di

strada. Hitornati in città, ripensando all’accaduto, ci

avveniva an«*ora di paragonarci al fiume che corre

senza possedere alcuna certa coscienza dell’indirizzo

«Iella sua corsa. I martelli degli operai che stavano

lavorando sul selciato della piazza centrale, pareva

che picchiassero sopra le tombe d’un camposanto,

tanto erano cavernose le risonanze. Così infinita è la

potenza della morte che noi la vedevamo dovunque.

* * *

Sul fiume, al luogo consueto, ci sono andato anche

quest’inverno, subito dopo il Natale. G li alberi erano

già «‘ompletamente nudi e c'era in ogni canto la

solita nebbia invernale abbastanza trasparente. Sulla

riva secca pel gelo, c’erano due pescatori a distanza

«li una «liecina «li metri l’uno daU'altro; a«l un certo

momento è anche passata una coppia d ’innamorati;

il fiume, coll’acque quasi verdi, continuava la sua

corsa perenne; c’era però un punto — e credo ci sia

tuttora — in cui l’acqua, per causa d ’una barriera,

s’arresta un attimo e fa gorgo e dà l’impressione

«l’un breve ritorno (ma su questo ritorno non giurerei

affatto; può anche trattarsi di una semplice illusione

ottica dovuta ad ingannevoli effetti di luce ed io,

purtroppo, non posseggo alcun sicuro intendimento

di queste cose). Sulla strada intanto ogni uomo cam­

m inava silenzioso, come portandosi avanti la sua

pena e, per effetto della nebbia, ogni

essere vivente

assomigliava ad una livid a ombra. — Proprio

davanti

a me, uno sconosciuto già abbastanza

vecchio

dal modo con cui accese la pipa mi piacque

arguire

trattarsi di un pensionato — camm inava

battendo

forte i piedi per terra, perchè non gli si

irifreddolis*

sero le gambe.

Solo il mio amico non c’era più, non c’è più.

Ma il fiume continua a correre via in maniera sempi

uguale; solo le sue acque — anche

sa

l’apparenza lo

nega — sono diverse, perchè ogni attimo muta imper­

cettibilmente ma inesorabilmente tutte le cose.

OSCAR

M