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T A P P E D E L M O D E H N 0 T E A T R 0 I) I A L E T T A L E

La vecchia

«Mare Gronda»

di Nino Costa

rivive in una nuova commedia di E. SCHIAVO

di BONA ALTEROCCA

E’ uscita in volume la commedia in tre atti e

due quadri ■«

Mare granda »

di Elisabetta Schiavo,

già vincitrice del primo premio al concorso « Nino

Costa >. 1951 per una commedia in piemontese. La

notizia farà molto piacere a tutti gli amunti del Tea­

tro dialettale, di quello più vero e vitale; »**rchè,

insomma, stavolta si tratta proprio di un lavoro in

cui l'innegabile afflato artistico trasfiguri fatti, figu­

re e sentimenti reali senza nulla togliere o mutare

alla loro verità e naturalezza. E’ la vita di rutti ì

giorni vista nella luce e nel significato di un più

vasto orizzonte, su un piano decisamente superiore

nel tempo e nello spazio, sì che perfino certe sfuma­

ture che isolate potrebbero apparire ingenue, appaio

no qui d una commovente ed ovvia sincerità.

Nella sua chiara ed acuta prefazione critica. Gigi

Michelotti si rifa a quanto affermava nel 1898 Vitto­

rio Bersezio nel rammentare le glorie e nel lamen­

tare la decadenza del teatro piemontese: e cioè la

rivelazione genuina non solo della vita reale, ma

anche «

dellanima, delle facoltà, dell'intima natur.i

di un popolo cui la Provvidenza aveva destinato a

principale strumento della redenzione della Patria

».

rivelazione superata tuttavia dalla fisionomia mutata

di quella stessa gente piemontese ormai inseritasi nel

quadro morale e materiale della costituita nazione

italiana; per tale motivo concludeva malinconica­

mente constatando che stava venendo a mancare una

nuova, adeguata produzione, e che «

in qu?<to la

principale ragione per cui il teatro piemontese, nato

nel '59, è condannato e si va estinguendo in una

lenta e prolungata agonia

».

«

Ragion per cui.

— dice giustamen»e Michelotti

se si volesse tentare una ripresa, e che sia tale che

il successo arrida, è proprio dal punto su cui si è arre­

stato Bersezio che bisogna tornare; che non si tratta

di riprendere, ma di fare a nuovo. Se il teatro pie­

montese ha da risorgere deve rifarsi un pubblico e

per rifarselo non ha che un mezzo : tornare ad essere

la espressione reale della sua vita più intima. E c'è

da fare. Sei vecchio repertorio ci <ono delle comme­

die. le più vecchie, quelle che risalgono al tempo in

cui gli autori non badavano a seguire delle mode,

come avvenne poi, ma a mandare alla ribalta dei ca­

ratteri, dei tipi, delle macchiette, prese dalla vita e

presentati in intrecci semplici ma di grande umanità,

che potrebbero essere riprese ed il pubblico si diver­

tirebbe. Ma ci vogliono gli attori che <appiano re­

stare nella tradizione, ma per rinnovarla, per rinfre­

scarla, per farne specchio di vita. Ma queste comme­

die non bastano; ce ne vogliono delle altre, scritte da

autori d'oggi, con dei peno:

V

parlino, non

come si parlava cinquanta o cento anni fa, ma come

si esprime il popolo oggi, adattandovi quelle varianti

che sono consigliabili perchè il linguaggio non sia

soltanto compreso da coloro che lo parlano abitual­

mente, ma anche da quelli che appena lo compren­

dono, e anche solo così, cos) ».

Ebbene, da quanto già s’è detto e da quanto il

lettore potrà vedere da sè, ci troviamo dinanzi ad

un’opera che davvero risponde a tali criteri. Per que

sta sua nuova commedia la Schiavo si e ispirata ad

una delle poesie più belle di Nino Costa, ma anziché

ricalcarla e diluirla semplicemente nel corso di tre

atti che corrono via ;:gili e ben costruiti s no alia fine,

ne ha tratto piuttosto una nuova ed originale figura,

che all’altra si apparenta nell’affettuoso quadro d’una

tradizione gentile e tuttavia vive d’una ben distinta

vita propria.

«

La favola

— dice ancora Michelotri —

non ha

niente che ci sorprenda, ma nostro è l ’ambiente in

cui l'azione si svolge, nostri i personaggi che ti han

no parte, nostra l'aria, nostra la morale

:

la protago

tusta è proprio una fipica figura piemontese c mon

ferrina; ne ha l'equilibrio, l'intelligenza, la praticità.

Una volontà che non si smentisce, un cuore che non

si rompe. Donne, come la nonna della Schiavo, sono

tutta una casa; e di queste, per grazia di Dio. ne ab­

biamo molte. Almeno per ora ».

E questo, lo hanno

sentito

anche i mollissimi

spettatori accorsi al Nuovo Teatro di via Sacchi in

Torino, allorché messa in scena con amorosa cura

dal compianto Mario Casaleggio. ed impersonata effi

caccmente da Vittorina Bonora, «

Mare (ìranda

» ha

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