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rionale, è quindi tabù, intangibile per tutti i secoli

dei secoli. Le varie amministrazioni comunali hanno

fatto quello che hanno potuto, hanno costruito nei

suoi pressi il ponte corrispondente al corso XI Feb­

braio; ora si pensa di sfondare Corso Vercelli, fargli

attraversare la Dora su un nuovo ponte ed immet­

terlo in Piazza Borgo Dora; il risultato è dubbio; co­

munque. rimanendo nel nostro campo, porteremmo

sempre il viaggiatore attraverso i punti meno grade­

voli di Torino.

Necessariamente, la via diritta, logica, lineare è

il Corso Giulio Cesare; il quale, dopo aver cambiato

nome, e aver superato la strettoia del Ponte Mosca,

va ad incappare nell’imbocco Nord di Piazza della

Repubblica, attraversa Porta Palazzo, (località ina­

datta al transito per eccellenza) e va ad ingolfarsi in

quella stradicciola che è la Via Milano, che e tron­

cata p ii dai porticati di Piazza Palazzo di città. En­

trare in città da questa via non è nè bello nè consi­

gliabile. Perciò gli automobilisti, (compresi i grossi

pullman) deviano dove e come possono. Alcuni da

Porta Palazzo girano a destr i e per Corso Principe

Eugenio. Piazza Statuto e poi Via Ccrnaia. raggiun­

gono il centro; altri passato il Ponte, girano a sini­

stra in una specie di strada di campagna, senza mar

ciapiede. svoltano in Corso XI Febbraio e Via

XX Settembre, presentando al visitatore curioso l’in­

decoroso e ormai decennale spettacolo delle macerie

adiacenti alle Torri Palatine, lo slargo dinanzi al

Duomo con quelle miserrime case che lo delimitano;

p»i. passato il pauroso corridoio del Seminario, si

trovano davanti al senso vietato di Via XX Settem­

bre. Se c’era una via in cui il senso unico non do­

veva essere applicato, era proprio Via XX Settembre,

p>ichè non sono pochi gli automobilisti che entrando

in città da Via Sacchi (Sestriere, Claviere) infilano

via XX Settembre ed escono da Torino senza nep-

pur passare da Via Roma, cosa p*r nulla invitante,

data la difficoltà di entrarvi a Porta Nuova e peggio

ancora quella di uscirvi dopo Piazza Castello.

La realtà è questa: che la strada d’accesso (o di

uscita) per Torino, da Nord e per l’Est, è l’asse Cor­

so Giulio Cesare, Corso Ponte Mosca, via Milano

Occorre evitare le strozzature che essa presenta:

prima fra tutti il Ponte Mosca. Si è parlato di passe­

relle laterali per i pedoni, lasciando tutta la carreg­

giata del ponte disponibile per i veicoli. Può essere

una soluzione, ve ne potranno essere altre e la solu­

zione si deve trovare perchè non può essere valida la

opposizione assoluta, aprioristica di chi tutela le o p ­

re d'arte. A parte il fatto che le opre d ’arte non deb­

bono ostacolare la vita civile e il progresso, si può

ricordare che le regole in materia non sono assolute.

A Roma si sono addirittura trasportate le mura di

Servio Tullio prchè, dove le avevano trovate, ingom­

bravano il passaggio. E se il Ponte Mosca è un’opera

d’arte, la soluzione si potrà trovare, non già renden­

dolo intangibile, ma affidando ad un artista il com

pito di risolvere la questione. L ’Italia che ha mille e

mille monumenti d’arte, conta a centinaia edifici e

monumenti che sono stati ideati e iniziati da un

architetto e portati a termine o modificati da altri.

E ciò che ne è venuto fuori, se è opera d ’arte, è sem­

pre stato degno di ammirazione. Senza ricorrere al

classico esempio del Campanile di Giotto, abbiamo

anche in Torino esempi di convivenza di stili che

formano un tutto artistico e meraviglioso. Basti pen­

sare al Palazzo Madama, al Palazzo Carignano. Affi

dando l'allargamento del Pont '

'

>ad un archi­

tetto artista, certamente ne potranno scaturire solu­

zioni accettabili.

R iptiamo : la difesa dei monumenti e delle ope­

re d’arte non deve concretarsi solamente nel renderli

intoccabili. Non si valorizza un Palazzo Chiablese,

così grandioso all’interno, lasciandogli aU’esterno

quell’asptto di cascina che lo fa sembrare a un ca­

pannone di scuderia.

Il

Ponte Mosca oggi ostacola una delle più im­

portanti e vitali arterie della città. Occorre chc i suoi

pregi artistici non siano di danno allo sviluppo cit­

tadino.