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Non doveva essere per esempio magnifico il corteo

dei nostri signori feudali quando fra musici e vassalli

si recavano il mattino del 24 dicembre al recinto

dove erano custoditi gli animali razziati durante l’a n ­

no nelle terre circostanti? Asini e buoi per il privi­

legio che avevano avuto d ’assistere al Prodigio nella

grotta di Betlemme venivano restituiti ai padroni le­

gittimi dopo che il preposto e il siniscalco avevano

scandito per tre volti* la formula

pax sit inter

vos

Sull’imbrunire poi gli abitanti del borgo spegnevano

ogni focolare e si portavano ad accendere delle fiac

cole alla lampada votiva che brillava nella Chiesa

dinanzi all’effige della Madonna: queste fiaccole b e ­

nedette da un sacerdote venivano agitate per i campi

e

con esse si rianimava il focolare domestico con un

rito pregno di poesia patriarcale. Il padre di famiglia

recatosi con i figlioli ed i servi là ove si custodivano

i frammenti del ceppo del Natale precedente, li ripo­

neva sul focolare mentre s’avanzava il nuovo

c e p p o

sorretto dalle braccia di due coloni. Dopo qualche

istante, la fiamma lingueggiava gagliarda nell’ampia

bocca del camino, gettando rossa luce sulla famiglia

prosternata nella preghiera.

Un’altra usanza che a dire il vero sconfinava al­

quanto nella superstizione, consisteva nel porre, p ri­

ma di recarsi alla Messa di mezzanotte, dinanzi alla

soglia di casa, una scodella colma d’acqua onde poter

poi leggere sul ghiaccio, che si sarebbe formato, i pre­

sagi della famiglia.

Del resto è ben logico che nelle campagne possa

rintracciarsi la messe più folta di consuetudine e

tradizioni natalizie, giacché non son forse i pastori

i veri protagonisti umani del Natale, che Iddio volle

soli con gli angeli ad assistere al grande Miracolo?

Ad essi si ispirò il fiore più odoroso e suggestivo

delle leggende e delle fantasie popolari. E noi pie­

montesi possiamo a buon diritto dir qualcosa sul­

l’argomento. noi che abbiamo Celindo. Chi egli fosse

e quali benemerenze vantasse, ci dice un manoscrit­

to settecentesco:

« Furino inuitati san puseppe e

maria uergine per

in

heteleme a farsi sottoscrivere

dal imperator ntauiano e non attendo potuto trottar

albergo nella città furono inconterati da un jwstorc

che si chiamaua gilindo questi fu quello li inuio ad

una pouera capano...

».

Quanto a grammatica ed ortografia, lo sappiamo

anche noi. si potrebbe desiderare ben di meglio. Ma

pazienza! Natale è la festa del perdono:

« un ha.\i

nass! E tut rè desmentià!

» diceva Viriglio. Celindo

però sebbene vetusto di un ’età ultra millenaria è

nato in Piemonte nel secolo XV cioè al primo tra ­

sformarsi della laude sacra c i corale in drammatica,

quando il nostro vernacolo avanzava i primi timidi

l^assi nel reame della letteratura. Dal «

Gelindo

sacra rappresentazione, assai diffusa nel Monferrato

e nel Canavese. germogliarono paret i hi drammi sa

cri ed egloghe pastorali che si recitavano nelle chiese

durante la messa ili mezzanotte dopo il <■

Credo

».

Ad uno di questi spettacoli notturni partecipò, a

Villa Castelnuovo. nel IMS. Costantino Nigra, allora

decenne, che vi sostenne la parte di angelo minore.

Quell’egloga, scritta probabilmente nell’ultimo 600,

aveva un sapore spiccatamente arcadico, ed assai v ir­

giliani erano i nomi dei pastori: Alceste. Titiro. Menal-

ca. Melibeo...

Talvolta ritornando dalla messa di mezzanotte si

poteva anche trovare il proprio villaggio sepolto da

una frana, come capitò agli abitanti di Erfolet. presso

Cogne, intorno al 1200.

Tuttavia nelle notti sante dei bei tempi antichi era

assai più prudente starsene nelle chiese ad assaporare

i dialoghi acerbi e spontanei delle laudi drammatiche

che non andare a zonzo. |>oichè ovunque erano in ­

cantesimi e misteri: conciliaboli di streghe ciarliere

confezionanti filtri ai piedi di qualche noce secolare,

folletti vagolanti fra ripostigli occulti di favolose ric­

chezze. E non parliamo poi di quegli sventurati con­

dannati alla perpetua cecità se il loro occhio avesse

contemplato la metamorfosi che si operava sulle balze

alpestri, ove d ’oro purissimo diventavano i tronchi e

le rocce, d ’argento la neve, mentre flutti di latte gor­

gheggiavano nei ruscelli in luogo dell'acqua. E se si

nasceva nella notte di Natale peggio ancora: non c’era

altra scelta che tramutarsi in strega o lupo mannaro.

A quei tempi proprio non si scherzava!

Nelle case, invece, si verificava un fenomeno curioso:

tra il panico rianimarsi della natura, mobili ed an i­

mali domestici riacquistavano la favella e conversa­

vano come uomini di senno, svelandosi i loro piccoli

segreti e sfogando i malumori a lungo rattenuti, spe

eie nei confronti dei padroni che in quel momento si

trovavano magari tranquillamente a messa, o dorm i­

vano sonni beati.

Pensate che spasso udire simili chiacchierate, ricche

certo di argomenti, poiché, purtroppo, breve era il

tempo concesso! Infatti tutto tornava silenzioso nel

preciso istante in cui, fra l’esultanza dei cori angelici

e le volute azzurre degli incensi, il Cristo scendeva

sulla terra!

3) - Il 3 dicembre 1947. muore, a Torino, il Sena­

tore Oreste Mattirolo. botanico di fama europea ed a r­

cheologo. nato il-7 dicembre 1856. Fu membro del-

l’Accademia dei Lincei, diresse gli istituti botanici di

Bologna. Firenze, Torino, ed operò importanti scoperte

in ogni campo della biologia vegetale.

4) - Il 4 dicembre 1532 un incendio violentissimo

scoppia nella Cappella Ducale del Castello di Cham-

berv : benché ravvolta dalle fiamme, la cassa d argen­

to racchiudente la S. Sindone rimane miracolosamente

illesa

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