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interesse e le aree per il tempo libero esistenti o

prevedibili nelle zone sommitali e subsommitali del-

la collina.

III. QUALIFICAZIONE

III.1.

Vicende e caratterizzazioni, cinque-seicente-

sche.

Nell'ultimo quarto del Cinquecento e nella pri-

ma metà del Seicento, i complessi in questione di-

vennero parte del grande disegno paesistico dei din-

torni della nuova capitale, costellati dai luoghi «di

caccia » e « di delizia » dei principi e delle loro corti.

È importante chiarire i rapporti ambientali che si

vennero a determinare, sin da quell'epoca, tra colli-

na, Po e città, anche se poi il disegno originario

d'insieme

si

offuscò e subì notevoli mutamenti.

A tale grande disegno veniva attribuita molta

importanza rappresentativa: veniva configurato in

dipinti « a volo d'uccello » , veniva ostentato e diffu-

so a mezzo di incisioni a stampa; nel tempo venne

arricchito con continuità dai principi e dalle reggenti

che si susseguirono.

Il nastro ondeggiante del Po costituiva elemento

portante in tale grande disegno.

Presso, o non lontano dalla sponda sinistra del

Po, nel tratto di pianura tra la città seicentesca, il

Sangone e la Stura, in un ambiente agreste, con

« selve » e « verneti » ricchi di selvaggina lungo i

fiumi, sorsero le «delitie» ducali di Viboccone

(Regio Parco), di Mirafiori, del Valentino, collegate

alla città con una raggiera di vialoni rettilinei.

Alla destra del Po, sulla collinetta boscosa isola-

ta (oggi detta Monte dei Cappuccini) che dominava

il ponte e

il

piccolo borgo, dove c'era una «bastia»

di grande importanza strategica, Carlo Emanuele I

volle dedicare a Maria una «basilica» santuario;

come in Sacri Monti coevi, un viale di salita a spira-

le, secondo la simbolica « linea della

vita»,

venne a

costituire (1589) itinerario di pellegrinaggi e di de-

vozioni (

3

).

La costruzione a pianta centrale, di gusto ancora

rinascimentale, si stagliava sullo sfondo verde e

poco costruito della collina: nel grande disegno pre-

detto della capitale e dei suoi «contorni» la chiesa

assumeva il valore di polo collinare contrapposto

alla mole della città-fortezza seicentesca, chiusa dal-

le mura, lontana in pianura circa un chilometro con

la strada di Po che la collegava al ponte.

Sempre alla destra del Po, sulle prime pendici

collinari, in una conca aperta

in

direzione del ponte,

il cardinale Maurizio di Savoia costruì (1615-1620)

la propria «vigna» (poi detta, e detta tuttora, Villa

della Regina); più a Sud, in una conca di fronte alla

villa del Valentino, madama reale Maria Cristina

fece costruire (1621), la propria «vigna»; ancora più

a Sud, all'estremo delle colline affacciate sul Po,

Carlo Emanuele I fece ampliare, e in parte ricostrui-

re, il Castello di Moncalieri.

II fiume, elemento figurale di legamento per tale

« corona di delitie », divenne scenario, in più occa-

sioni, per memorabili «celebrazioni», «feste di fuo-

chi di gioia», «ricevimenti» ; normalmente, poi, a

quei tempi, il Po costituiva via d'acqua per trasporti

di persone e di merci.

D'altra parte, un ruolo concettualmente fonda-

mentale veniva assegnato al Po nel mito celebrativo

barocco della «dignità antichissima » della città:

esso venne presentato come « Eridano », « re dei

fiumi », con il nome del « re egiziano » che avrebbe

fondato la città, ben « sette secoli prima di Roma »,

consacrandola al «toro egizio» (

4

).

La presenza delle « vigne » principesche, la vici-

nanza alla città, l'agevole accessibilità, il cospetto

del Po e della pianura fecero della corona delle ulti-

me propaggini collinari luogo ambito e privilegiato

di inserimento delle residenze per villeggiatura della

nobiltà cittadina vecchia e nuova.

L'acquisizione

o la realizzazione di una «vigna»

collinare da parte di una famiglia cittadina risponde-

va contemporaneamente ad esigenze diverse.

La «vigna» costituiva strumento per partecipare

alla vita sociale, possibilità di isolamento e di rifu-

gio in occasione delle tristemente frequenti pestilen-

ze che colpivano soprattutto le città e costituiva inol-

tre, come produttiva azienda agricola, buon inve-

stimento di capitale.

Il costume torinese di possedere una « vigna»

e

di

villeggiarvi sarebbe antichissimo: già negli anni

successivi alla elevazione di Torino a capitale, tra

Cinquecento e Seicento, Botero rilevava sulla colli-

na torinese « una moltitudine di ville e fabbriche da

piacere tanto grande che fa un altro Torino» (

5

).

I11.2.

Vicende e caratterizzazioni sette-otto-nove-

centesche.

Durante gli assedi del 1640 e del 1706 le azioni

di guerra e le battaglie svolte in collina provocarono

distruzioni e diffusi danni ad edifici, vigneti, colture

e boschi. Nella pianura di fronte, dall'altra parte del

Po, scomparvero le « delitie » ducali di Mirafiori

presso il Sangone e di Viboccone al Regio Parco.

Nell'arco dei due secoli successivi, tra l'inizio

del Settecento e l'inizio del Novecento, le strutture

ed il volto dei complessi collinari in questione subi-

rono sensibili modifiche

- lo sfruttamento agricolo dei terreni venne

riorganizzato e intensificato (soprattutto nel corso

del Settecento)

- nuovi edifici vennero realizzati e gran parte

degli edifici preesistenti vennero trasformati o riatta-

ti, anche più volte.

L'evoluzione in tale periodo degli edifici e del

tessuto agricolo può essere agevolmente ricostruita,

nell'insieme e nel dettaglio, attraverso il confronto

dei numerosi e successivi documenti cartografici

disponibili, la

Carta topografica detta Caccia,

[1762]; il

PLAN GEOMETRIQUE I de ta Commune

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