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Rispondono alle esigenze di residenza, con no-

tevole decoro, di una famiglia della media e dell'alta

borghesia cittadina: presentano in conseguenza, a

confronto con i villini predetti, un'organizzazione

più complessa, articolata generalmente attorno ad un

nucleo distributivo e compositivo, costituito dagli

spazi di atrio e di scala, risolti e disegnati con un

certo impegno.

Mentre nelle casette e nei villini collinari ricor-

rono, come si è visto, schemi organizzativi e volu-

metrici semplici e tradizionali e gli influssi del gusto

del momento risultano generalmente limitati ad

aspetti decorativi epidermici, nelle ville collinari

coeve

si

colgono spesso sviluppi organizzativi e

compositivi originali ed innovatori, ispirati ai suc-

cessivi orientamenti nazionali ed internazionali del

gusto architettonico, diffuso dalla relativamente

ampia pubblicistica di quegli anni, dai vari ecletti-

smi nazionali o esoticizzanti di fine secolo, al Liber-

ty, al Déco, con esempi anche pregevoli di architet-

ture moderne.

Una analoga differenziazione si coglie nei modi

di organizzare il giardino e il collegamento dell'edi-

ficio con la strada. Nelle casette e nei villini preval-

gono, come si

è

visto, modi organizzativi a terrazze

e ripiani, derivati dalla tradizione locale delle vigne

collinari, con « parterres », « topie » , « pinnacoli » .

Nelle ville coeve prevalgono invece i richiami al

giardino paesaggistico o meglio, ai modi interpreta-

tivi locali del giardino di tale impianto che riscuote

grande fortuna in quegli anni, sia da parte dei priva-

ti, sia da parte dell'amministrazione pubblica

(

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)

il terreno destinato a giardino circostante la

villa viene movimentato e ondulato a piccoli rilievi e

avvallamenti, realizzati mediante trasporti di terra

— il giardino, solcato da vialetti e stradine a

curve e controcurve, viene organizzato con masse di

alberi d'alto fusto, delimitanti spazi di prato o di

piazzale inghiaiato

- nella scelta delle essenze si prediligono spe-

cie esotiche e, per quegli anni, rare ed inconsuete,

come faggi colorati, conifere di foggia e tonalità

esotiche, azalee, rododendri.

(') I criteri di distinzione delle « vigne » torinesi in varie

classi, erano ben chiari e condivisi dai contemporanei. Il Grossi

nel 1791 distingue quattro classi di « vigne » della collina torine-

se, in relazione alle qualità dell'edificio o delle parti di edificio

destinate alla villeggiatura (A.

GRossI,

1791, p. 4): 1. ville; 2.

casini o palazzine; 3. fabbriche civili; 4. di poca considerazione

o annessi a semplici edifici rustici.

(2) Cfr. A.

GRIsERl.

1981.

(3) Con lettera patente del 21/10/1589, l'infanta Caterina

d'Austria duchessa di Savoia ordinò l'acquisto del terreno per

costruire una strada .. più comoda della già fatta che principian-

do dal Po circondi due volte il monte della Bastia e molte

cappelle del terreno che resta in mezzo tra le dette due strade

rappresentanti i santi misteri della vita di Nostro Signore». Cfr.

D.

REBAUDENGO,

1966.

(4) Cfr. l'allegoria sul frontespizio in E.

TESAURO,

1679.

(5) Cfr. nota (

2

).

(6) Cfr. relazione sulle aree » V», nota (

1

).

(7) Sono gli anni in cui l'amministrazione civica Sambuy

rinverdisce con giardini pubblici siffatti piazze e piazzali citta-

dini e in cui si riorganizza con tali criteri il Valentino; d'altra

parte sono gli anni in cui buona parte delle ville e delle » vigne»

storiche di maggior prestigio (cfr. relazione sulle aree » C»,

punto II1.2.2.) modificano o ampliano con un parco all'inglese,

il giardino preesistente organizzato su «artefatti piani».

Complessi ambientali collinari « V »

Sequenza dei versanti solivi (« indritti ») prevalentemente agricoli delle dorsali

collinari, sostegno e cornice a costellazioni di « vigne»

I. DEFINIZIONE

I complessi ambientali « V » sono localizzati nei

versanti solivi delle dorsali collinari scendenti a ven-

taglio verso l'arco del Po; tali versanti contengono le

zone della collina torinese maggiormente adatte alla

coltivazione della vite, sfruttate a vigneto per un

tempo immemorabile.

Dopo le diffuse distruzioni di colture e di edifici

in collina avvenute durante l'assedio del 1706, tali

zone vennero intensamente recuperate e riorganizza-

te sotto il profilo agricolo e furono sfruttate con con-

tiniiità a viticultura praticamente sino alla seconda

guerra mondiale. A seguito dell'elevazione di Tori-

no a capitale sabauda e,

in

particolare, nel corso del

Settecento, le stesse zone furono costellate di resi-

denze per villeggiature, sviluppate in stretta simbio-

si con le aziende agricole (ciascun complesso, costi-

tuito da una residenza per villeggiatura, il «

civile » ,

e da una azienda agricola collinare, il «rustico», era

detto » vigna » per antonomasia).

Dagli anni tra Otto e Novecento alla seconda

guerra mondiale, alcune zone periferiche dei com-

plessi in questione (zone pedecollinari e zone di

fondovalle) vennero lottizzate ed edificate a casette,

villini e ville con orti e giardini.

Durante e dopo l'ultima guerra, più fattori con-

comitanti provocarono ben noti fenomeni di deca-

dimento e di snaturamento delle strutture agricole e

della fisionomia secolare di queste zone

- la diminuita produttività dei vigneti torinesi,

di fronte alla concorrenza dei vigneti piemontesi in

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