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in cui tranciare i nuovi spazi pubblici suturando i

riallineamenti con facciate decorose e uniformi,

anche se ciò comportava demolizioni di opere anche

cospicue e recenti, come la chiesa vittoniana dei SS.

Marco e Leonardo; ed emarginando il resto della

preesistenza dal nuovo volto della città. Borgo

Dora, definito da Charles Mallet « faubourg mal batî

mal habité», è poi del tutto scartato dal nuovo piano

conseguente al decreto napoleonico del 27 dicembre

1807, di rilocalizzazione dell'attraversamento del

fiume sull'asse della

Rue d'Itatie.

Nel programma urbanistico connesso al nuovo

ponte sul Po, gli obiettivi paesistici sono quelli così

sintetizzati da Modesto Paroletti nel « Courier de

Turin» (26 ottobre 1810): « [...] joindre la belle re-

gularité des rues de Turin avec les corps à maisons

épars sur la montagne

[.1.

Par la prolongation de

ses lignes la rue du Pó étendra sa domination sur la

rivière, et par l'effet de son élevation, le degage-

ment de ses arches et la comodité de ses trottoirs, le

nouveau pont relevera, coordonnera ed embellissera

ces differens objets». Anche per Charles Mallet, che

diresse la costruzione del ponte, i beni ambientali da

salvaguardare erano esclusivamente la veduta sul

paesaggio collinare e il lungo viale alberato che co-

stituiva fino a Moncalieri il primo tratto della « gran-

de route de 2C classe n. 99 de Turin à Naples par

Alexandrie et Parme »

L'affaccio della città ai fiumi si realizza di con-

seguenza mediante opere d'architettura intese come

esemplari e rifondatrici del paesaggio, con interventi

che per impegno urbanistico e per specifico interesse

tecnico e formale risultano di grande rilevanza nel

quadro della cultura urbana del neoclassicismo ita-

liano.

Il primo dei due interventi, la ricostruzione del

ponte sul Po, oltre ad essere quello più impegnativo,

è quello più realizzato, sia pure attraverso una inten-

sa serie di varianti al programma; che nel corso di

circa vent'anni si sono stratificate fino a costituire

l'assetto attuale di tutta la parte d'ampliamento della

città di qua e di là dal fiume: Piazza Vittorio Veneto,

il ponte, il Tempio della Gran Madre e la piazza ad

esso circostante.

Il problema del rinnovo del fatiscente vecchio

ponte, ridotto ormai da una fitta sequenza di crolli ad

una successione di impalcati in legno sulle rovine

delle pile in muratura, si impose per ragioni tanto

tecniche quanto di ideologia urbanistica già dai pri-

mi anni del dominio francese.

Nel

Nouveau Ptan

del 1802, a firma di Boyer,

Lombardi e Bonsignore, relativo alla ridestinazione

ed

embettissernent

delle aree delle fortificazioni, il

prospetto di ponte trionfale a tre archi posto in mar-

gine alla tavola tra i dettagli dei numerosi monumen-

ti urbani proposti, archi, fontane, barriere, dimostra

la predominante funzione rappresentativa attribuita

all'opera (il che risulta anche in negativo, dalla sua

evidente insufficienza funzionale).

Uguale carattere astratto e monumentale ha l'ot-

tagonale bacino di porto fluviale collocato poco a

valle del ponte, tanto più considerando la modestia

della navigabilità del Po; e in tutto il piano la ridefi-

nizione dell'ambiente non si occupa del paesaggio

fluviale se non per quanto riguarda le aree già occu-

pate dalle fortificazioni, ora da allestire a giardini,

che si situano per un piccolo tratto tangenti al Po.

I successivi progetti per la ricostruzione del pon-

te (due del Bonsignore, uno di Lombardi, uno di

Cardone, uno anonimo, forse connesso al Piano

Dausse del 1805) non specificano la collocazione del

manufatto né i raccordi con le rive; mentre soltanto

con il piano della Commissione nominata nel 1807,

di cui faceva parte l'ingegnere capo di Ponts et

Chaussées, La Ramée Pertinchamp, fu stabilito l'al-

lineamento del ponte in asse alla urbana Via Po,

anziché tendente alla direttrice suburbana del Viale

della Villa della Regina. Tale scelta, nel successivo

progetto del ponte di La Ramée Pertinchamp (1808),

si arricchiva di eccezionali connotazioni, articolan-

do sull'asse oltre le piazzette rettangolari di accesso

al ponte, tagliate nel tessuto edilizio delle borgate

rivierasche, l'immensa piazza a ventaglio — con

colonnato e fontane del

Cours Impériat,

prevista

tra il fiume e la testata ad esedra di Via Po; non

soltanto esempio del « sublime » neoclassico, ma

puntuale realizzazione del tipo di piazza

«en patte

d' oye »

d'ingresso alla città, proposto da Laugier

nell'Essai sur t'Architecture.

Tale soluzione avrebbe avuto inoltre il vantaggio

pratico di concentrare sull'unico ponte sul Po più

direttrici di penetrazione urbana, disimpegnando il

settore meridionale della città in modo diretto.

Pur rimasta irrealizzata quest'ultima opera, l'i-

deazione di La Ramée Pertinchamp (riferibile all'e-

sempio della collocazione del ponte di Neuilly in

asse al viale poi degli Champs Elisées, ad opera di

Perronet) fu decisiva nell'attestare oltre il fiume la

struttura urbana con un manufatto senza precedenti

in Italia per caratteristiche tecnico-architettoniche.

Il ponte mantenne il proprio ruolo morfogenetico

nella successiva costruzione della città, prima rea-

lizzazione torinese della nuova architettura e proto-

tipo per le opere della successiva generazione di

ingegneri piemontesi.

In particolare, il ponte non si limitava al solo

corpo attraversante il Po, ma risolveva l'affaccio

delle due piazze di testata con lunghi muri d'ala,

proseguiti dai muri di sostegno delle rampe di disce-

sa alle sponde, secondo un disegno a doppia simme-

tria, rispetto all'asse del fiume e a quello del ponte:

le rampe sarebbero servite sia per la discesa all'ab-

beveratoio dei cavalli della guarnigione militare, sia

come scalo fluviale e ricovero

di

alaggio per le bar-

che da carico.

Ancora in epoca francese, il progetto originario

venne ridotto nell'estensione dei

quais

su proposta

di Mallet (l'ingegnere che aveva diretto la realizza-

zione dell'opera).

Un'interessante alternativa fu avanzata dall'I-

spettore divisionale di Ponts et Chaussées, Defougè-

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