

zione a parco della sponda di Millefonti, risanata in
occasione dell'allestimento dell'Esposizione di «Ita-
lia '61 ».
Nell'arco di più di un secolo e mezzo, Torino ha
così voluto costruire il suo affaccio sul Po come
un'opera d'architettura. Tuttavia possiamo constata-
re come questo processo non dimostri in fine
d'aver conseguito quella regolare unitarietà che in
ambiti d'estensione diversi tutti i progetti si erano
proposti. Il paesaggio fluviale architettato del Po è in
effetti la sequenza di diversi paesaggi, privilegianti
nella monumentalità degli interventi la sponda sini-
stra, ma tutti più o meno incompiuti o contraddetti,
che si legano tra loro, proprio in quanto differenziati
per forme e funzioni, nella grande scala del rapporto
di margine della città, confrontante con le pen-
dici della collina, e nella storicità delle trasforma-
zioni della tecnica, del gusto, della disciplina urba-
nistica.
Se dalle vicende della formazione del paesaggio
del Po, qui sommariamente delineate e che lo quali-
ficano come « bene culturale » in sé e nei suoi manu-
fatti, si possono indicare due linee operabili di tutela
e valorizzazione, esse non possono essere che nel-
l'assunzione di rigorose procedure di conservazione
delle opere d'arte (ponti,
(mais,
murazzi, sponde,
arginature) come monumenti, di là dalle suggestioni
delle «esigenze» viabilistico-utilitaristiche; e di
requisiti di coerente espressione delle nuove opere
funzionali con esplicitazioni formali impegnative e
meditate, non equivocabili, integrate ai sistemi sto-
rici senza appiattirne, con soluzioni di adeguamento
unificante o banalmente tecnicistiche, la specificità
dell'assetto.
742