Table of Contents Table of Contents
Previous Page  745 / 851 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 745 / 851 Next Page
Page Background

e di collocazione urbana (per il Ponte Isabella).

Tra il Ponte Isabella e il ponte sospeso era intan-

to in corso già dal I855 l'allestimento a verde pub-

blico di tutta la fascia di sponda sinistra per la pro-

fondità di due isolati costruiti (in sostituzione di

quelli inizialmente previsti), attorno alle preesisten-

ze del Castello del Valentino e dell'attiguo Orto

Botanico (realizzato a fine Settecento). Nella loca-

lizzazione del nuovo parco urbano (destinato a sop-

piantare il « Giardino dei Ripari », ristrutturato dopo

il 1870 con cospicue riduzioni rispetto all'area ori-

ginariamente disponibile) la presenza del fiume,

l'immanenza del paesaggio collinare e il riscontro

con altri prestigiosi parchi europei, quali il Bois de

Boulogne e le Cascine, furono determinanti.

La realizzazione del parco, condizionato dai

nuclei funzionali preesistenti — e in parte già estra-

nei alla sua destinazione, come il Castello del Valen-

tino, poi ristrutturato a sede della Scuola d'Ingegne-

ria — seguì presumibilmente in generale l'imposta-

zione proposta nella consulenza di Barillet-Des-

champ e del suo rappresentante Aumont (non più

documentata), rielaborata tuttavia dalla Direzione

generale dei giardini del Comune. In parte furono

confermati alcuni tracciati pre-urbani, come il tratto

settentrionale di Viale Virgilio e Viale Mattioli o il

doppio filare alberato di Viale Ceppi; il resto del

territorio, scompartito dal disegno sinuoso dei

percorsi pedonali o carrozzabili, fu rimodellato

e piantumato nel gusto eclettico-romantico, sus-

sistito anche in seguito nei disegni d'arredo e nelle

rocailles.

La porzione meridionale del Valentino, delimita-

ta da Corso Sclopis in estensione del limite origina-

rio a Corso Raffaello, accentuando così le caratteri-

stiche «fluviali» dell'insieme, fu tuttavia modellata

solo in seguito e in funzione degli insediamenti

effimeri delle Esposizioni. I reliquati di queste han-

no caratterizzato il parco con opere monumentali,

come il Borgo Medioevale (1884) e la Fontana dei

Mesi (1898), o con permanenze casuali (come lo

Chalet); che insieme alle sedi sporlive (canottieri

Cerea, Palazzina delle Glicini, Imbarcaderi), cultu-

rali (la Promotrice di Belle Arti, 1916) o ricreative

(la «Pagoda», garbatamente razionalista), lo rendo-

no quanto mai ricco di episodi (epperò condizionato

nella sua destinazione primaria). L'area espositiva

nella parte Sud, perduto l'equilibrio conseguito a

fine degli anni Trenta con il complesso originario del

Palazzo della Moda, è successivamente dilagata,

con sistemazioni sovente in evidente contrasto con

le preesistenze (com'è per il salone interrato di Tori-

no Esposizioni e l'area giochi allestita sulla sua co-

pertura, o lo stesso «giardino roccioso»); ed in ge-

nerale l'eccesso di superfici asfaltate ormai inutili, la

conflittualità tra caratteristiche ambientali e modi

d'uso (le ampie aree a prato impropriamente calpe-

state per il gioco del calcio), l'inadeguato livello

progettuale di numerosi interventi recenti, ostacola-

no in più luoghi la riconoscibilità della originaria

coerente intenzionalità architettonica del Valentino.

L'Esposizione del 191I, che ne copri con padi-

glioni e impianti la maggior parte, vi lasciò l'esten-

sione del disegno sia al tratto a monte, fino alla

nuova cinta daziaria di Corso Bramante, sia alla ri-

cuperata sponda prospiciente, consolidata dalla ban-

china in cemento armato tuttora esistente. Per quan-

to limitati, questi interventi di riqualificazione inci-

sero nel confermare le tendenze di destinazione fun-

zionale

e

di riplasmazione ambientale della fascia

del Po, in particolare realizzando per la prima volta,

dopo i progetti francesi per il Ponte Vittorio, un

riscontro preciso tra le sponde opposte.

Tale riscontro realizza per il parco quella che ne

pare una valenza caratterizzante: pur consistendo di

una stretta fascia contigua al costruito urbano, il

Valentino pare grande proprio in conseguenza della

fondamentale scelta di nascondere il Corso D'Aze-

glio per aprirsi verso la collina, appropriandosi del-

l'ambiente del fiume e delle sue sponde; integrando

come il belvedere dei Murazzi il proprio limi-

tato spazio con l'ampiezza del paesaggio.

Poco prima di queste estensioni del Valentino, la

sua pertinenza fluviale era stata suggellata, con gu-

sto coerente a quello espresso nelle Esposizioni, dal-

la costruzione del nuovo Ponte Umbe rto I in sostitu-

zione del ponte sospeso (1903-1907). I1 problema

era stato posto allo studio già da alcuni decenni,

dapprima attraverso progetti avanzati liberamente,

poi mediante concorsi e prescrizioni, nel 1892,

1894, 1898, 1900, volti ad assicurare « un'opera

armonica maestosa e classica, qual'è richiesta dalle

condizioni della località», nonché rispondente « ai

bisogni dei canottieri », espressione del nuovo uso

urbano del fiume. In generale, si può osservare

come nella loro successione le soluzioni proposte si

siano sviluppate sempre più verso le tecniche tradi-

zionali e verso una spiccata prevalenza delle sovra-

strutture ornamentali, esaltate dall'opportunità di

celebrare la memoria di Umberto I.

La complessa vicenda del nuovo ponte conferma

la primaria importanza che si attribuiva alla sua qua-

lità architettonica, cui si richiedevano quelle deter-

minanti connotazioni monumentali che avevano ca-

ratterizzato gli interventi ottocenteschi sul Po: fu

quindi subito escluso il ricorso ad un intervento di

burocratico efficientismo, e lo si intese come occa-

sione di confronto tra gli indirizzi della tecnica e del

gusto dell'epoca.

Lo stesso atteggiamento nei confronti della ri-

cerca di una specifica qualità formale dei manufatti

relativi al fiume, si coglie ancora nella decisione di

affidare nel 1927 al giovane Pagano Pogatschnig lo

styting

in un aggiornato gusto art-déco dei due nuovi

ponti in cemento armato che la città si apprestava a

realizzare sull'asse di Corso Bramante e Corso Bel-

gio, secondo il Piano del 1908 (mentre rimase inat-

tuato il progetto del ponte in asse a Corso Brianza,

che aveva suggerito l'unico schema urbanistico in-

tegrante nei tracciati viari le due sponde del fiume,

dopo i sistemi ottocenteschi del ponte napoleonico e

del ponte di Corso Vittorio); ed infine nella destina-

741